7) The Good Doctor (per fortuna)
Nel 2004, David Shore rivoluzionò i medical drama con una serie tv lontana dagli standard tradizionali, nel 2024 si chiude un cerchio con la conclusione della sua seconda creatura.
Protagonista dell’omonima serie, House era tutto ciò che non ci aspetteremmo da un medico. Cinico, dipendente dagli antidolorifici, misantropo e apertamente ostile. Il dottor House si distingueva per il suo comportamento scontroso e per un totale disinteresse verso empatia e sensibilità. Eppure, la sua genialità lo rendeva irresistibile.
Quasi un decennio dopo, nel 2013, Shore propone un’altra figura di medico, completamente opposta a House. Il dottor Shaun Murphy, protagonista di The Good Doctor (tra le serie tv migliori che potete vedere gratis su Raiplay), è un giovane chirurgo affetto da autismo e sindrome del savant. A differenza di House, la sua personalità è improntata su una disarmante sincerità e un approccio logico che sfida le convenzioni emotive e comunicative del mondo medico. Shaun è un outsider in un ambiente che richiede interazione, empatia e lavoro di squadra, e le sue difficoltà sociali lo mettono spesso in contrasto con colleghi e pazienti.
Tuttavia, ciò che rende Shaun unico è la sua straordinaria capacità diagnostica e il suo talento chirurgico, che, episodio dopo episodio, gli permettono di conquistare il rispetto di chi lo circonda. La serie esplora con sensibilità e profondità il tema dell’inclusione, mostrando come le diversità possano essere una risorsa e non un ostacolo. Attraverso il percorso di Shaun, The Good Doctor invita a riflettere sull’importanza di accogliere e valorizzare le differenze, dimostrando che essere “diversi” non significa essere meno validi o meno meritevoli di successo.
In Shaun Murphy troviamo una narrazione che sfida i pregiudizi, rivelando quanto possa essere arricchente comprendere il mondo da prospettive differenti. Se Gregory House era il medico che amavamo odiare per il suo genio irriverente, Shaun Murphy è il medico che ci insegna a vedere oltre le apparenze, ricordandoci che il cuore della medicina non risiede solo nella scienza, ma anche nell’umanità.