Vai al contenuto
Home » Serie TV » 6 Serie Tv scritte da un grande autore che hanno deluso le aspettative

6 Serie Tv scritte da un grande autore che hanno deluso le aspettative

Space Force

2. Crisis in Six Scenes – Woody Allen

Woody Allen, celebre autore, attore e regista, in Crisis in Six Scenes
immagini di Prime Video

Esordio alla serialità televisiva, Crisis in Six Scenes (2016) ha messo alla prova lo stile di un autore del calibro di Woody Allen. Inutile dire che le opere precedenti del regista hanno avuto il loro peso sulla ricezione della miniserie prodotta da Amazon Prime Video. La comicità e il dramma, insieme ai temi profondamente umani ed esistenziali tipici delle sue pellicole, diventano, in questa Serie Tv dell’autore, non riescono ad adattarsi al formato.

Composta da sei scene (non episodi) da circa 25 minuti l’una, la serie non riesce a bilanciare il ritmo di un format quasi da sitcom con lo stile narrativo di Allen. Sembra quasi che il regista abbia perso il proprio “tatto”, adagiandosi su una comicità quasi datata e meno incisiva rispetto agli ormai classici precedenti. Ambientata negli anni ‘60, la storia di una famiglia sconvolta dall’arrivo di una giovane radicale (Miley Cyrus) in fuga dall’FBI ha un potenziale interessante. Tuttavia, la distinzione episodica condanna la narrazione alla tanto temuta ripetitività, rendendo Crisi in Six Scenes molto meno coinvolgente. La sensazione generale è che Woody Allen non sia riuscito a traslare efficacemente il suo stile cinematografico.

La qualità di scrittura, regia e anche recitativa tipica di film come Manhattan (1979) oppure Io e Annie (1977) perde di quella tipica dinamicità, portando anche a personaggi troppo caricaturali e poco convincenti. Esordio, quindi, alla regia seriale debole, ma il problema non sta tanto nell’idea in sé. Passare da un formato cinematografico a uno televisivo, specialmente di venticinque minuti a episodio, implica un adattamento non tanto registico, quanto narrativo che Allen non è riuscito a fare. Crisi in Six Scenes è sì una crisi, non esistenziale, ma stilistica.

3. Disjointed – Chuck Lorre

Disjointed, serie tv dall'autore di The Big Bang Theory, Chuck Lorre

Cosa aspettarsi quando la mente dietro a sitcom come The Big Bang Theory e Mom annuncia una nuova Serie Tv? Un successone, no? Beh, no. Almeno questo è stato il destino di Disjointed (2017-2018). Se tornassimo indietro nel tempo e mi dicessero che Kathy Bates avrebbe interpretato una proprietaria di un negozio di marijuana, ci metterei subito la firma. La sitcom targata Netflix può rientrare tranquillamente nella lista di serie comedy che non fanno per niente ridere. Gag inutili.

Battute forzate. Risate registrate al limite del fastidio fisico. Il potenziale c’era tutto e, di conseguenza, anche le aspettative. Sia con The Big Bang Theory, che con Mom, Chuck Lorre era riuscito in sitcom che, oltre a far veramente ridere, potevano anche proporre, in maniera velata, osservazioni sociali (i legami personali all’interno delle comunità di ex alcolisti, ad esempio).

Questo sarebbe potuto avvenire anche con Disjointed. Se sul lento rodaggio della prima stagione potevamo metterci una pietra sopra, con la seconda gli ascolti hanno visto un’impennata sì, ma verso il basso.  Ecco che allora la piattaforma si vede costretta a cancellarla. Come ho già scritto altre volte, il timing della comicità e il formato della sitcom faticano molto ad adattarsi ai ritmi dati dal binge watching a cui le piattaforme, in particolar modo Netflix tra tutte, ci hanno abituati. Certo, alcuni esperimenti sono ben riusciti, come l’immancabile Unbreakable Kimmy Schmidt. Tuttavia, quando si è abituati a scrivere per slot televisivi, passare alle piattaforme OTT può avere effetti devastanti. Questo è stato, purtroppo, il caso di Disjointed, una serie tv d’autore dal grande potenziale irrisolto.

Pagine: 1 2 3 4