Avete voglia di serie tv brevi su Netflix? Bene, abbiamo deciso di selezionare le più brevi in assoluto disponibili sulla piattaforma. Si tratta di comedy ma anche anime, serie animate per adulti, teen drama e dramedy davvero incredibili. Se escludiamo le tre più lunghe di questo elenco, sicuramente non indimenticabili, ci troviamo di fronte a prodotti che fanno della profondità di sguardo il loro punto di forza. Gioielli seriali eccezionali che hanno avuto una sola stagione (sono escluse le miniserie) per ragioni molti diverse e non sempre condivisibili ma che hanno una completezza e un finale assolutamente conclusivo.
La brevità le rende intense, immediate, esaltandone le capacità comunicative: sono serie piacevoli, velocissime e in gradi di colpirci con un’immediatezza unica. Se volete serie che non appesantiscono, che non richiedono mesi di visione e capace di lasciarci qualcosa dentro siete nel posto giusto. Scopriamo allora tutte le serie tv più brevi di Netflix!
10) Brew Brothers
Le ultime tre posizioni di questa rassegna non sono decisamente all’altezza delle successive che riescono a fare della qualità su breve durata il loro punto di forza. Brew Brothers nonostante sia la più lunga della lista (venti minuti meno di Everything Sucks e trenta di Samurai Gourmet decisamente più meritevoli) non riesce a sfruttare a dovere i suoi 224 minuti finendo per risultare ridondante e basica.
La storia è quella di due fratelli impegnati nella gestione di un birrificio tra scontri, rivalità e tentativi di rilanciare l’attività. I problemi sono tanti: le battute sono spinte ma non salaci. Si ride poco anche per chi apprezza i toni demenziali: le battute sanno di già detto, la narrazione è praticamente assente. Ci rimane poco di questa serie, anche a livello di intrattenimento, ma ci sarà modo di rifarsi ampiamente come mostreranno le primissime posizioni di questa lista.
9) Seis Manos
Unico anime di questa rassegna di serie tv brevi di Netflix Seis Manos è una serie che mette un po’ troppa carne al fuoco tra arti marziali, intrighi criminali e risvolti esoterici. Gli appena 217 minuti totali non bastano per sviluppare pienamente l’intreccio che mostra di lasciarsi dietro parecchi buchi e rami morti.
Protagonisti tre orfani cresciuti da un maestro di arti marziali in un ambientazione messicana che coniuga folklore e criminalità. Notevole senza dubbio la resa dei combattimenti e l’animazione generale (prodotta dallo stesso studio di Castelvania), un po’ troppo confusionario e sopra le righe tutto il resto, un calderone in cui vengono mescolati con poca coerenza temi troppo eterogenei. Seis Manos è un buon intrattenimento ma neanche lontanamente paragonabile ai gioielli che ci aspettano in questa rassegna.
8) Merry Happy Whatever
Molte comedy tra le serie tv brevi di Netflix, come inevitabile che sia. Ma vedremo come per molte di essere l’aspetto comico sarà tutt’altro che dominante lasciando spazio a una profondità incredibile. Lo stesso non si può dire per Merry Happy Whatever (in italano tradotta con Buon quel che vi pare), una comedy molto canonica, incentrata sulle vicende di una famiglia durante il periodo natalizio.
Battute convenzionali, intreccio statico e con diversi buchi, recitazione piatta senza picchi. Insomma, questa serie si salva solo per la durata molto contenuta che lo rende un prodotto di mero intrettenimento, un passatempo come tanti che non aggiunge o toglie nulla. Un po’ di relax con la partecipazione di Ashley Tisdale che farà felici i suoi fan. Ma se volete qualcosa di più passate oltre. Passate alle prossime serie di questa lista, dei veri e propri gioielli nascosti di Netflix che meritano tutta la vostra attenzione.
7) Turn Up Charlie
Idris Elba (The Wire, The Office, Luther) dovrebbe già di per sé rappresentare una valida garanzia per questa serie. La sua recitazione conferma l’alto livello dell’attore maturato in anni e anni di produzioni eccellenti. Ma a dare consistenza a Turn Up Charlie è anche la narrazione molto piacevole e il tema originale: un DJ (lo stesso Elba è famoso come DJ) allo sbando che si presta a fare da tutore per la figlia di un suo amico in attesa di rilanciarsi nel mondo della musica.
Dal rapporto tra la bambina e l’uomo nascerà un incontro inizialmente molto complicato ma via via sempre più proficuo per entrambi. I due finiranno per legare sempre più con la bambina che sarà portata a cercare nell’uomo una figura paterna, troppo assente nella sua vita. Un racconto semplice ma brillante che ha qualche giro a vuoti di troppo ma mantiene un suo valore. Non abbastanza a quanto pare per garantirgli il rinnovo. Una sola stagione, 212 minuti totale: ma in questo caso, forse, è giusto così.
6) Living with Yourself
Rimaniamo tra le comedy ma con un prodotto di grande profondità (come sarà anche il prossimo in lista). Living with Yourself parte da presupposti grotteschi e angoscianti: un uomo frustrato e infelice decide di rivolgersi a una clinica che promette di farlo diventare la versione migliore di sé. Si troverà così a dover convivere con un proprio clone, in tutto e per tutto identico a lui, ma più integrato, spigliato, vivace e affascinante. Sarà una dura convivenza fatta di incontri scontri.
Le risate in Living with Yourself sono sempre distorte da un velo di malinconia, da una nota pungente e da una riflessione più umoristica. Il tema del doppio, tanto caro alla letteratura, torna qui espresso con grande capacità narrativa. Paul Rudd (Ant-Man) è l’attore perfetto per la parte, dall’aspetto comune e ordinario, vagamente indolente e rassegnato. Ma Rudd riesce benissimo anche nella parte del suo “doppio”, versione migliorata di sé.
All’eccellente interpretazione si accompagna la capacità della serie di avvincere lo spettatore e offrire molteplici spunti di lettura tutt’altro che banali oltre a un buon intreccio con tanti colpi di scena. Un viaggio esistenziale che ci spinge a interrogarci sul fatto che, molto spesso, la causa dei nostri mali e dell’insoddisfazione che vediamo attorno a noi, siamo proprio noi stessi. 210 minuti totali tutti da divorare.
5) The Midnight Gospel
Lisergica, esagerata, variopinta e cruenta, The Midnight Gospel è una serie animata prettamente per adulti, molto più di un Rick & Morty con cui condivide pure certi aspetti avventurosi, rocamboleschi e di virtuosismo rappresentativo (qui altre serie se sentite la mancanza di Rick & Morty). Un viaggio tra multiversi costantemente in procinto di autodistruggersi che richiama senz’altro Adventure Time (il creatore è lo stesso, Pendleton Ward) ma con tematiche molto più adulte e spinte.
Non c’è solo straordinario virtuosismo creativo in The Midnight Gospel ma anche un racconto che, avventura dopo avventura, sa arricchirsi di incredibili spunti sull’esistenza umana, sul senso della vita e sui problemi dell’umanità. Quei mondi prossimi alla loro tragica fine portano sul palco un interprete ogni volta diverso capace di ammonire il viaggiatore e offrire il loro commiato (talvolta rabbioso, altre rassegnato, altre ancora eccentrico) all’esistenza. Clancy, il protagonista, ne esce così ogni volta più arricchito e meditabondo sul suo posto nel mondo.
Nel mezzo però anche tanta violenza, azione, crudezza umoristica che non lasciano spazio a moralismi superflui. Otto episodi, 208 minuti totali, ma attenzione: a differenza delle altre serie analizzate The Midnight Gospel merita una visione più lenta e riflessiva, magari di un solo episodio al giorno, utile a metabolizzare quanto visto. Un prodotto, insomma, da somministrare a piccole dosi. E con un finale eccellente (in attesa che qualcuno in Netflix si svegli e decida di produrne un’ulteriore stagione).
4) Jinn
Prima serie araba prodotta da Netflix, Jinn non ha mancato di suscitare polemiche soprattutto in Medio Oriente. Le accuse sono di un’eccessiva stereotipizzazione dei giovani e un approccio troppo occidentale alla loro rappresentazione. Critiche solo in parte fondate perché se è innegabile che i protagonisti, adolescenti della Giordania che in una visita turistica risvegliano due jinn (demoni della tradizione araba) ci appaiono a tratti molto occidentali, dall’altro non va trascurato che effettivamente molti giovani giordani guardino e imitino i modelli del Primo mondo.
Tutto sommato, quindi, Jinn, per essere la prima produzione araba di Netflix, è una serie nient’affattato male. Piacevole a vedersi, con tratti soprannaturali non troppo marcati, adolescenziale ma anche capace di restituire una visione coerente (che non significa non contraddittoria) dei giovani arabi e dei loro comportamenti. Si perde qua e là nell’intreccio e la durata molto limitata (163 minuti totali) porta a velocizzare troppo alcuni passaggi risultando pressappochista e un po’ rebberciata. Ma vale la pena spenderci queste due ore e quaranta del vostro tempo, se non altro per premiare il coraggio di una serie che non guarda in faccia l’ortodossia religiosa più intransigente e ottusa.
3) I Am Not Okay with This
Altra serie cancellata nonostante la promessa di una seconda stagione e le recriminazioni dei (tanti) fan, I Am Not Okay with This è uno dei prodotti migliori di questo elenco di serie tv brevi di Netflix. Un vero gioiello che entra dentro con la stessa facilità con cui scorre via, nei suoi 160 minuti scarsi di visione. Pandemia e costi però sono stati implacabili e ne hanno decretato la chiusura dopo sette episodi di circa venti minuti ciascuno.
Non fatevi ingannare dal plot (una ragazzina che scopre d’improvviso di avere dei superpoteri), la serie è una dramedy tra le più toccanti e profonde di sempre. Non è solo scorrevole, ben scritta e intrigante ma anche capace di toccare le giuste corde parlando al nostro animo adolescenziale.
Sydney è una ragazza come tante che deve affrontare le difficoltà di un’età che troppo presto le ha chiesto il conto. In lei convivono, come in tutti i noi, rabbia, confusione e incertezze. Incapacità di controllare quella forza che è dentro di lei, capace perfino di alterare la realtà esterna. Il suo potere è l’espressione di una trasformazione (non solo ormonale ma esistenziale) che investe tutta se stessa e il mondo che la circonda. Imparare a convivere con questa consapevolezza, dominare e dare ordine alla realtà sarà la priorità e il compito più difficile che è chiamare ad adempiere.
La morte, l’identità sessuale, l’ostilità di un mondo estraneo e disinteressato, l’amore, l’amicizia. Sono temi che in I Am Not Ok with This trovano spazio con quella delicatezza che solo le opere più grandi sono in grado di resistuire. Molto più di The End of the F***ing World (tratta anch’essa da un altra graphic novel di Forsman) questa serie è un vero colpo al cuore che abbandona l’eccentricità fine a se stessa per andare dritto all’emotività. Il risultato è di un’immediatezza eccezionale che colpisce intimamente lo spettatore.
I Am Not Ok with This è una canzone che ti entra dentro prima ancora che tu ne possa apprezzare le parole. Il suo “sound” ci smuove nel profondo, fa rivivere in noi sensazioni sopite e stati d’animo mai vissuti. Il tutto in appena 160 minuti. Chissà che Netflix non decida di ripensarci e regalarci un’altra stagione di struggimento. Noi ci speriamo.
2) The Duchess
Secondo posto per lunghezza tra le serie tv brevi di Netflix, The Duchess ha la durata media di un film, 143 minuti appena per una sola stagione di sei episodi. La storia è quella di una mamma single chiamata ad affrontare tutte le piccole, grandi difficoltà della vita di tutti i giorni, tra dubbi, incertezze e decisioni da prendere.
Protagonista (nonché produttrice e creatrice) una Katherine Ryan sfrontata, spigliata e irresistibile. Una comedy che anche in questo caso non si limita a strappare sorrisi ma affronta con leggerezza, classe e anche un’incredibile capacità di approfondimento temi di stretta attualità, legati al femminismo e all’indipendenza femminile. Sì, perché Katherine nei suoi outfit sfarzosi a far da catalizzatori in una Londra più british che mai (notevolissima la fotografia della serie) non è affatto la donna insicura che taluni si aspetterebbero da una protagonista femminile.
Al contrario si tratta di una donna indipendente, a tratti esagerata fino a risultare sboccata e offensiva che mette le sue relazioni in secondo piano rispetto all’amore per sé e per quella figlia a cui è così legata. Il vestiario, aggressivo, elegante, vivido nei colori diventa espressione del carattere di Katherine, della sua irrefrenabile natura di donna affermata.
Questo non significa naturalmente che non vive le piccole difficoltà quotidiane o che debba fare i conti con scelte a volte tutt’altro che semplici. Su tutte quella di avere un secondo bambino, tanto voluto anche dalla figlia. Come fare? Affidarsi al nuovo compagno con cui rischia di accelerare terribilmente i tempi e incappare nell’ennesima delusione amorosa o all’ex tanto immaturo quanto capace di regalarle una figlia così perfetta? O scegliere un donatore anonimo?
Tra queste difficoltà e le piccole noie quotidiane Katherine dovrà barcamenarsi. Lo farà con gusto spigliato, ironia sagace e momenti intensi e delicati. Il tutto condito da una buona colonna sonora e da una regia attenta e di classe. Una sola stagione e un finale che vale la pena di vedere nonostante la cancellazione della serie per i bassi ascolti.
1) It’s Bruno!
Tra le serie tv brevi di Netflix It’s Bruno! si guadagna il primo posto per distacco. Sono appena 125 i minuti totali per otto episodi che scorrono velocissimi non solo per la durata contenuta (12-20 minuti) ma anche e soprattutto per la piacevolezza. It’s Bruno! è la storia di un padrone vecchie maniere e del suo cane che si barcamenano nella brulicolante quotidianità di Brooklyn tra vicini eccentrici, ridicoli, fastidiosi e ostili.
Il grande merito di questo gioiellino targato Netflix è proprio quello di restituire un’affresco del quartiere di New York con rapide e misurate pennellate non mancando, però, di mettere in risalto anche le trasformazioni (l’evidente gentrificazione, per esempio) che stanno colpendo stili di vita e modi di essere degli abitanti. Questo aspetto risulta ancora più evidente perché si scontra col conservatorismo del padrone di Bruno, il rapper, comico, attore e regista Solvan Naim (Malcolm Bartello nella serie).
Sono piccole pillole di vita normale esasperate qua e là da una voluta stereotipizzazione dei personaggi che incarnano le varie anime del quartiere. Il risultato è realistico, divertente e scorrevole. Il peccato è che Netflix non abbia pensato ancora a una seconda stagione. La meriterebbe davvero. Magari dopo questa pandemia, chissà… Intanto, però, godetevi questi 125 minuti di puro svago e scoprite l’anima di Brooklyn attraverso gli occhi di un salace padrone e del suo cane.