Scrivo di serie tv, e va da sé che io passi buona parte del mio tempo libero a guardarle. Sono una fan sfegatata di grandi titoli come Game of Thrones e Stranger Things, ma anche di vecchi cult che per me sono impareggiabili, per esempio Streghe o Buffy l’Ammazzavampiri. Insomma, ne ho viste di ogni tipo. Le ore che passo su Netflix e su Sky sono parecchie eppure non mi sembrano mai abbastanza, ma bisogna ricordare e ammettere che non è sempre stato così. Prima dello streaming guardare le serie tv era un’esperienza nettamente diversa: niente binge watching e niente marea di contenuti da fruire a proprio gusto e piacimento. Insomma, si guardava ciò che c’era da guardare in tv, e non sempre si trattava di titoli come E.R. o Dr. House. Spesso, troppo spesso, erano le soap opera e le serie tv che mamma Rai o la Mediaset producevano con non troppa cognizione di causa. Eppure io le guardavo ugualmente e le attendevo con ansia almeno tanto quanto attendo la prossima puntata di House of the Dragon.
Sì, è così: ho guardato tante serie tv italiane di scarsa qualità, ma soprattutto ho guardato parecchie serie tv di Canale 5. E sinceramente non me ne pento.
1 – Carabinieri
A Città della Pieve, comune umbro di circa 7500 anime, muoiono come mosche. O almeno è questo ciò che accade nella serie Carabinieri, andata in onda per mia grande felicità dal 2002 al 2008. La caserma del paese è chiaramente il perno attorno al quale ruotano le storie dei protagonisti, giovani e meno giovani carabinieri alle prese non solo con un numero spropositato di omicidi ma anche – ovviamente – con delle complesse vicissitudini sentimentali. Tanti attori sono entrati e usciti dalla caserma: da Ettore Bassi a Paolo Villaggio, passando per Luca Argentero, Francesca Chillemi, Manuela Arcuri e un’altra infinità di nomi più o meno conosciuti nel panorama italiano. Nessuno di loro ha vissuto delle storyline di spessore, e probabilmente nessuno è stato candidato a qualche premio per il proprio ruolo nella serie, però non posso negare che guardare Carabinieri sia stata per me un’esperienza estremamente piacevole. Era una serie leggera, che non pretendeva di dare più di un’oretta di piacevole vita casalinga sul divano in compagnia della famiglia. Insomma una di quelle serie che, soprattutto all’epoca della vecchia fruizione televisiva, si lasciavano guardare e di cui proprio non riesco a pentirmi.
2 – Distretto di Polizia
Se nella caserma di Città della Pieve la commedia la faceva da padrona, l’atmosfera nel commissariato “X Tuscolano” era in parte più drammatica. Distretto di polizia è l’apice del poliziesco italiano e sono diverse le serie che, negli anni successivi, hanno tentato con più o meno successo di ricalcare le sue orme. Andata in onda per ben 11 stagioni, e con all’attivo anche uno spin-off, la serie – anche questa con un cast incredibilmente variegato – ha inizio con l’arrivo a Roma del Commissario Giovanna Scalise – aka Isabella Ferrari – e porta avanti contemporaneamente narrazioni verticali, con i singoli casi di ogni episodio, e una narrazione orizzontale dettata dalla lotta nei confronti di un nemico per lo meno stagionale. Mentre di Carabinieri ricordo volentieri la commedia, i momenti di Distretto di Polizia che sono ancora stampati nella mia mente sono di una tragicità assoluta. Uno su tutti, la morte di Angela Rivalta, la moglie dell’ispettore Roberto Ardenzi. Intendiamoci, ciò non significa che non ci fosse spazio per scene divertenti e soprattutto per gli intrecci amorosi, che chiaramente non potevano mancare. Di Distretto di Polizia non mi pento affatto non soltanto perché non era poi così male, ma anche perché mi ha aperto le porte delle serie poliziesche che sono state per me una droga nel corso degli anni. E anche di un’altra serie che troverete un po’ più avanti (no spoiler).
3 – L’onore e il rispetto
Non si può parlare di serie tv di Canale 5 senza nominare L’onore e il rispetto, che ne costituisce un esemplare di incredibile trash e virtù. Molto prima di serie di tutto rispetto come Gomorra e Suburra, le vicende di Tonio Fortebracci e della mafia siciliana mi hanno tenuta incollata allo schermo per tre delle cinque stagioni prodotte, ma pur essendomi disintossicata non rinnego assolutamente il tempo passato a guardarla. Gabriel Garko interpretava con un improponibile accento siciliano il protagonista di una serie che nel corso delle stagioni ha rasentato sempre di più l’assurdo, ma che a mio parere (o almeno questa era la mia impressione nel lontano 2006) nella prima stagione aveva del potenziale. Negli anni Cinquanta i fratelli Santi e Tonio Fortebracci prendono due strade diametralmente opposte, diventando il primo giudice e il secondo uno dei più importanti boss della mafia. Il resto è, ovviamente, storia: Tonio seduce praticamente chiunque si trovi davanti e si sviluppano dinamiche assurde che lo portano addirittura fino a New York. E, come è ovvio che sia, è sempre vicino alla morte ma alla fine non muore mai. Insomma, L’onore è il rispetto è agli occhi di molti la rappresentazione della bassezza della serialità di Mediaset. Eppure bisogna ammetterlo: l’apprensione che ho provato per la storyline di Fortunato Di Venanzio – chi l’ha vista, sa – è qualcosa di più unico che raro.
4 – Un ciclone in famiglia
So che Massimo Boldi senza Christian De Sica a qualcuno può sembrare un’eresia, ma questo qualcuno deve essersi di certo perso un pezzo di storia delle serie tv di Canale 5 come Un ciclone in famiglia. Dal 2005 al 2008 Boldi è infatti stato Lorenzo, capofamiglia del nucleo comasco dei Fumagalli, composto anche dalla moglie Tilly e dalle tre figlie. La serie si concentra sulle vicende di vita dei Fumagalli e sul rapporto di amore-odio prima con i romani Dominici e poi con i napoletani Esposito, famiglie unite ovviamente dalle relazioni sentimentali caotiche e assurde instaurate tra i figli. Due cose in questa serie hanno dell’incredibile: la prima è il quantitativo di location sparse per il mondo che sono state utilizzate, dalla Polinesia alla Norvegia passando per India e Sudafrica; la seconda è la naturalezza con la quale si scopre che l’amorevole Lorenzo è padre anche di un’altra figlia, India. Una ragazza che casualmente entra nella vita dei Fumagalli come amica della secondogenita Ludovica e che praticamente non ne esce più. Un ciclone in famiglia si può definire una combo tra I Cesaroni e i cinepanettoni, e infatti la mano di Carlo Vanzina si sentiva tutta. E io a una commedia con una buona dose di trash proprio non mi sento di rinunciare.
5 – R.I.S. Roma
Chiudo questo articolo sulle serie tv di Canale 5 che ho guardato e di cui non mi pento con quello che secondo me è un gioiellino che non solo ho visto con estrema passione, ma di cui ammetto di aver fatto in tempi recenti anche un piccolo rewatch. R.I.S. Roma – Delitti Imperfetti, spin-off di R.I.S. – Delitti Imperfetti è riuscito nell’impresa di non essere solo la brutta copia italiana di CSI, pur non avendo raggiunto lo stesso successo della sua serie madre. Dopo aver lasciato la squadra di Parma, Daniele Ghirelli e Flavia Ayroldi si uniscono al reparto R.I.S. di Roma, comandato dal capitano Lucia Brancato. Come in Distretto di Polizia buona parte della narrazione viene occupata dalla lotta ai nemici di stagione, l’inquietante Lili Paravidino prima e la banda del lupo poi, e anche in questo caso c’è tutto lo spazio sia per le storie d’amore sia per le morti improvvise e dolorose. Io non so dire bene il motivo per il quale io abbia amato così tanto R.I.S. Roma fin dall’episodio 1 (no, il motivo non è Primo Reggiani) né perché mi sia piaciuto molto più del R.I.S. “originale”. Fatto sta che quanto ho scoperto che non avrebbero prodotto la quarta stagione non ho avuto una bella reazione e ancora oggi, nell’era di Netflix e di Amazon Prime, se dovessero metterla in produzione io sarei la prima a guardarla.