Negli annali della storia televisiva, il politicamente scorretto si è insinuato come un personaggio a sé stante, scolpendo il suo cammino tra le trame delle serie tv di ieri e di oggi. Una via oscura, ma spesso illuminante, che ha generato dibattiti accesi e momenti di pura genialità narrativa. E anche se nel 2023 stiamo vivendo un’epoca in cui la società è sempre più consapevole delle sue diversità e meno incline a perdonare, molte serie continuano ad abbracciare il politicamente scorretto come strumento satirico. Un esempio emblematico è rappresentato da South Park, pietra miliare dell’irriverenza televisiva persino a Natale. Gli abitanti di South Park hanno affrontato tematiche tabù con un sarcasmo tagliente, lanciando frecciatine continue alla cultura contemporanea e spesso sconfinando nella provocazione estrema tanto da essersi attirati aspre critiche e linciaggi. Alcune serie tv comedy hanno affrontato il politicamente scorretto come una sfida sociale rischiando persino di diventare scomode. All in the Family (da noi noto come “Arcibaldo”) negli anni ’70, per esempio, ha ha affrontato di petto temi come il razzismo e l’omofobia. Ma non sempre gli show sono stati in grado di farsi capire attirandosi così aspre critiche per il modo in cui affrontavano argomenti delicati. L’uso disinvolto di stereotipi e linguaggio offensivo se da un lato ha spesso suscitato polemiche da parte del pubblico, dall’altro è stato elogiato per la schiettezza nell’affrontare tematiche reali, importanti e necessarie.
Il politicamente scorretto, sebbene possa far sobbalzare alcuni spettatori, ha dimostrato di essere uno strumento potente per esplorare la complessità del mondo che ci circonda. È una lama a doppio taglio, capace di affinare la critica sociale o ferire profondamente. In un panorama televisivo in continua evoluzione, la sfida per gli sceneggiatori rimane quella di bilanciare l’audacia creativa con la responsabilità sociale, navigando tra le acque tumultuose del politicamente scorretto.
Dopo casi eclatanti come The Office, Curb Your Enthusiasm e Arrested Development le serie tv comedy davvero scomode sono decisamente di meno ma non sono per nulla scomparse.
1) Cunk on Earth
Conosciuta ingiustamente da pochissimi e di cui noi non ci stancheremo mai di parlare, Cunk on Earth è la serie tv che dovreste iniziare prima di subito ed è disponibile su Netflix. Diane Morgan, nota per il personaggio di Kate in quell’After Life firmato da Ricky Gervais, interpreta Philomena Cunk, “giornalista” in questo mockumentary sulla storia dell’uomo. All’interno di questo falso documentario, il cui titolo ci fa già intuire la demenzialità dello stesso, Philomena ci racconta tutta ma proprio tutta la storia dell’umanità: dalle pitture rupestri ai giorni moderni. Lo fa con un un’ironia irriverente e irresistibile, per nulla voluta ma che ci fa ridere a crepapelle dal primo all’ultimo minuto. La serie tv comedy risulta ancor più geniale dal momento che ci prova davvero a seguire le orme dei veri documentari, mettendo però in luce, con il progredire delle puntate, scomode verità e imbarazzanti dietro le quinte. Pur seguendo quel modello prestabilito e quella formula narrativa ormai consolidata, il mockumentary e la sua presentatrice sono tutto fuorché seri e pacati sguazzando beatamente nell’umorismo british. Philomena pone domande surreali a esperti di ogni genere, che, sorprendentemente, le danno sempre risposte impeccabili e senza mai deviare dalla serietà e dalla verità. La stranezza delle domande di Cunk si scontra con la professionalità degli esperti, creando un gioco di non sense. Nel suo tentativo di prendersi gioco di un genere televisivo consolidato, Cunk on Earth raggiunge risultati inaspettati e, paradossalmente, ci offre anche delle preziose lezioni.
2) I Think You Should Leave
La serie è famosa per il suo umorismo surreale e assurdo. Molte scene sfidano le aspettative e giocano con la realtà, creando situazioni comiche e inaspettate. Tim Robinson ha lavorato nell’ambito della commedia per un bel po’ di tempo, prima come performer e scrittore al Saturday Night Live e in seguito alla regia di The Detroiters con la co-star Sam Richardson. Lo show disponibile su Netflix si compone di diversi sketch comici, ognuno con il proprio tema e stile unico. Questo format permette di spaziare dall’assurdo al comico imbarazzante esplorando spesso situazioni in cui i personaggi ignorano le convenzioni sociali. Numerose scene di vita quotidiane vengono assolutamente ridicolizzate ed estrapolate dal loro contesto normale concentrandosi sull’imbarazzo dei personaggi e sfruttando il loro disagio per creare risate. Tim Robinson appare come protagonista in molti sketch, diventando un volto riconoscibile (e odiato) della serie tv. Il suo stile di recitazione e la sua capacità di portare avanti situazioni grottesche sono centrali per il successo dello show che ha raccolto attorno a sé un nutrito numero di appassionati. Anche in questo caso non siamo di fronte a un umorismo pensato per tutti e che probabilmente farà storcere il naso a diversi spettatori. Spesso il comico si trova a interpretare personaggi che si comportano in modo insensato o antisociale generando le risate del pubblico, ancor di più quando le situazioni grottesche si intrecciano con vari aspetti della società moderna.
3) The Politician
Creata da Ryan Murphy, Brad Falchuk e Ian Brennan, la serie segue le ambizioni politiche di Payton Hobart, interpretato da Ben Platt, mentre naviga attraverso le complesse dinamiche della scena politica liceale. Uno degli aspetti distintivi della serie è il suo uso audace del politicamente scorretto come strumento narrativo. La trama si sviluppa attraverso tematiche come la sessualità, la razza, la classe sociale e la disabilità, affrontando questi argomenti con una franchezza che spesso sfida le convenzioni sociali. Inoltre, la serie gioca con stereotipi e preconcetti, utilizzandoli come strumenti per mettere in discussione le norme sociali. Questo approccio può risultare molto provocatorio e ha suscitato parecchie controversie, ma al contempo contribuisce a stimolare la riflessione sulla complessità delle questioni sociali affrontate. L’uso del politicamente scorretto in The Politician, però, non è mai fine a se stesso, ma serve a evidenziare le contraddizioni e le ipocrisie del mondo della politica e della società in generale. La serie offre una visione cinica e spesso satirica del potere e delle ambizioni, mettendo in discussione le convenzioni morali e politiche. Tra i diversi prodotti di Ryan Murphy, la miniserie disponibile su Netflix è sicuramente una delle più ambizioni e meglio riuscite.
4) Big Mouth, tra le serie tv comedy più scomode di sempre
Fin dal primo episodio, Big Mouth ha destato l’attenzione di pubblico e critica per il suo approccio audace e spesso politicamente scorretto. La trama segue un gruppo di adolescenti mentre affrontano le sfide della pubertà, e la serie affronta apertamente tematiche intime e imbarazzanti legate alla crescita. Uno degli aspetti più distintivi della serie tv è la sua mancanza di paura nel toccare argomenti ritenuti tabù. Lo show affronta questioni come la sessualità, il corpo, le dinamiche di genere e le relazioni in maniera schietta e senza mezzi termini. Un approccio che, alla pari di South Park, è stato spesso e volentieri contestato e persino ostracizzato. Molti altri spettatori apprezzano, invece, la franchezza della serie nel trattare questioni sensibili e lo ritengono un modo intelligente per rappresentare in maniera cruda e più autentica le sfide dell’adolescenza. Una delle serie tv comedy più scomode e irriverenti in circolazione, la cui missione è quella di scioccare lo spettatore e scuoterlo dalla sua zona di comfort. La serie non manca di offrire commenti satirici sulla società, rendendo il suo stile provocatorio una scelta deliberata piuttosto che un mero espediente di marketing.
5) Praise Petey
L’eclettica Annie Murphy, celebre per il suo ruolo nella serie Schitt’s Creek, torna sullo schermo prestando la voce a Petra “Petey” St. Barts, una giovane e vivace newyorkese che si ritrova a perdere tutto: dal fidanzato perfetto al lavoro come Senior Assistant in una rivista di moda. La sua salvezza arriva inaspettatamente quando la sua ricca e distante madre le comunica, attraverso una cassetta VHS, di aver ereditato recentemente una piccola cittadina nel sud, chiamata Nuova Utopia. Il nome suona quasi come quello di una setta, perché, in effetti, è esattamente quello che è diventata. Accolta calorosamente dalla gente del luogo, Petey non sa ancora di rappresentare il nuovo sovrano supremo del quale il loro precedente detentore aveva predetto la venuta. Decisamente intenzionata a non seguire le orme del suo predecessore, Petey cerca di far capire in ogni modo alla gente del posto che ognuno deve essere in grado di pensare con la propria testa. Ma per farlo deve prima diventare il leader della setta. Arguta, frizzante e geniale, questa serie tv comedy si distingue per il suo approccio femminista senza urlare al femminismo. A costo di risultare anti-femminista. Non so se siamo stati chiari. In un periodo storico in cui l’ondata “me too” non conosce più mezze misure, Praise Petey riesce ad affrontare le tematiche di genere con lucidità e umorismo.