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8 Serie Tv di cui in Italia non si è parlato abbastanza

Serie tv da vedere
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Non siamo mai sazi di storie. Ne desideriamo sempre di più, alla nostra portata, per poterle vedere in ogni momento e specchiarsi in esse. Le serie tv ce ne regalano tanti di avvincenti racconti che guarderemmo in continuazione. E ne discutiamo, per ore e ore, come se fossimo chiusi in un’altra dimensione in cui il tempo si è fermato. Tuttavia, non ci siamo accorti che, pur bellissimi e intramontabili, parliamo sempre dei soliti show, come se fossimo spaventati nel tirar fuori il fantomatico coniglio dal cilindro? Eppure ne vediamo tantissimi, che hanno la stessa qualità di quelli più famosi – se non in alcuni casi più alta. Dunque, per sbloccare la situazione e rimediare a questo inconveniente, abbiamo scovato 8 esempi di quelle serie tv da vedere di cui, però, in Italia non se ne parla mai, non hanno raggiunto la viralità pur avendo una solida fanbase. E chissà, magari questo pezzo può aiutarne la diffusione; del resto la speranza è l’ultima a morire.

1) Oz

Serie tv da vedere

Iniziamo con LA serie tv da vedere assolutamente, perché senza di essa non ci sarebbe la HBO che tanto amiamo. Questo vuol dire che capolavori come I Soprano non avrebbero mai visto la luce.

Siamo nel 1997 e per la prima volta Oz apre le porte di un universo inedito: quello di una prigione di massima sicurezza e di quel braccio sperimentale chiamato ironicamente “il Paradiso”; lì veniamo condotti dalla narrazione di Augustus Hill che, rompendo la quarta parete, ci coinvolge e sottolinea gli aspetti emozionali e filosofici della puntata.

Ma di paradisiaco c’è ben poco.

Con crudezza spietata e realismo violento, senza smussare gli angoli più duri, ci viene sbattuto in faccia un mondo infernale dominato dalle lotte tra gang, dalla droga e dagli abusi. Violenze che avvengono tra carcerati e tra prigionieri e secondini: tutto è lecito a Oz per il potere e la sopravvivenza. Non ci sono eroi, bene e male si confondono e si subisce il fascino del secondo, soprattutto con personaggi alla Ryan O’Reilly. E in questo dramma corale, in un momento in cui i cast erano ridotti, c’è spazio per importanti temi sociali come discriminazione, critica al sistema penitenziario e giudiziario americano, pena di morte e molti altri ancora.

2) The Americans

The Americans ha tutto quello che si può chiedere a una serie tv da vedere, eppure non ha ricevuto dal pubblico i riconoscimenti che merita. Solo all’apparenza è un’avvincente spy story perché, seppur i protagonisti sono due agenti del KGB, la narrazione entra dentro di loro dandoci due ritratti psicologici approfonditi, sfaccettati, che coinvolgono e immedesimano come pochi. La devozione alla causa si intreccia con gli affetti, con quella contrapposizione culturale ben analizzata tra genitori russi e figli americani che crea dilemmi morali ancor più complessi. A questo contribuiscono le interpretazioni e la chimica dei due attori protagonisti, in particolare Matthew Rhys regala una formidabile performance di trasformismo e una drammatica evoluzione interiore.

Ma non è finita qui.

L’accuratezza storica è tale che The Americans risulta estremamente credibile, facendoci davvero respirare l’aria di tensione degli anni della Guerra Fredda. Il realismo è stato possibile grazie al suo creatore Joe Weisberg, ex ufficiale della CIA, e alla conferma della veridicità della situazione di un ex agente del KGB, Jack Barsky.

E ultimo ma non meno importante, dopo tantissimi deludenti finali, ne troverete uno che è senza ombra di dubbio tra i migliori di sempre del panorama seriale.

3) The Leftovers

Ancora HBO e con un nome ben noto, ovvero David Lindelof. L’autore di Lost crea un gioiellino poco considerato dal grande pubblico. Ed è un vero peccato.

Attraverso una scrittura profonda e intelligente, la premessa di The Leftovers è tanto irreale quanto terrificante: il 2% della popolazione mondiale scompare improvvisamente, senza alcuna spiegazione logica e che non sia sovrannaturale. Ma è solo un pretesto per illustrare il dramma della vita e del lutto. Perché il non poter attribuire una causa a quel fatto misterioso sconvolge il resto dei sopravvissuti. Allora ognuno di loro interpreta il nuovo mondo a suo modo, personalizzando la realtà, solo per spiegare l’inspiegabile e illudersi di avere il controllo. The Leftovers, dunque, gioca con loro e con noi, partendo da una semplice e ostica domanda: a che cosa dovremmo credere se milioni di persone sparissero inspiegabilmente?

I personaggi stessi, poi, sono il cuore di questa serie tv da vedere, trasformandola in un intenso e intimo dramma.

La trama è subordinata alla loro psicologica, al loro modo di vivere l’ordinarietà in un mondo che di ordinario ha ben poco. Sono tre stagioni che compongono un viaggio interiore che conduce a un colpo di scena finale, dove tutto viene ribaltato.

4) The Knick

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Basterebbe dire che Steven Soderbergh l’ha diretta per capirne lo stile. Con la sua consueta sensibilità, il regista premio Oscar regala un affresco freddo, distaccato, chirurgicamente preciso – soprattutto nelle sanguinose scene in sala operatoria – dell’America puritana, tradizionalista e retrograda di inizio XX° secolo. Tanto che il creatore ha detto:

“Quello che rende viscerale il modo in cui Steven ha maneggiato la videocamera è che ti fa sentire come se fossi una persona nella stanza.”

Ed è vero.

The Knick è un medical drama cruento che svela piano piano l’avanzamento scientifico di quegli anni. Ogni inquadratura mostra gli orrori del passato, senza nascondere niente, per dare quella sfumatura pulp e quel realismo tale che ci impressiona. A dirigere il reparto di chirurgia dell’ospedale è l’anticonformista per eccellenza, chiuso in un mondo che non accetta il progresso e alla continua ricerca di droghe alle quali ha venduto l’anima: John Thackery, moderno cowboy sporco e sudato, interpretato da uno strabiliante Clive Owen. Ma tutti i personaggi discendono nella pazzia negativa dell’uomo perché si sa, il male affascina.

C’è pure spazio per raccontare quei problemi che ancora non sono spariti: corruzione, chiusura mentale, razzismo, maschilismo. Con quel tono che rende questa serie tv da vedere un unicum nel suo genere.

5) The Morning Show

In Italia le serie tv da vedere incentrate sul giornalismo non attirano il grande pubblico. Successe per The Newsroom e, oggi, per The Morning Show. Ed è ingiusto, considerano le tematiche profonde ben trattate come discriminazione, mobbing e #metoo.

Attraverso una storia ispirata a fatti reali, si apre uno scorcio sulla vita caotica dietro un programma televisivo. Un mondo che, nel corso delle puntate, scopriamo essere dominato dagli uomini, con le donne messe l’una contro l’altra e costrette a nascondere le proprie emozioni, a comportarsi “da uomo”. Ed è lì che si scatena la violenza silenziosa di un giornalista, Mitch Kessler, a cui, per il suo status, è concesso tutto.

Ma quando i pesci vengono a galla, la cancellazione è inevitabile.

Tocca ad Alex, co-conduttrice del programma, accollarsi tutto il cambiamento. Del TMS e degli Stati Uniti. Deve distruggere l’immagine del suo amico, proteggendo la propria reputazione, mentre i piani alti tentano di liberarsi di lei per far spazio alla nuova arrivata, Bradley Jackson. La loro contrapposizione caratteriale e giornalistica le porta a scontrarsi in un primo momento, capendo poi di dover collaborare e, forse, di non essere tanto diverse. In fondo nessun personaggio è di facile comprensione, così profondamente analizzati che non esiste il buono o il cattivo. Sono tutti, tremendamente, umani.

6) Ted Lasso

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I gioiellini sfornati dalla Apple dovrebbero avere più riconoscimenti. Dopo The Morning Show, Ted Lasso è un ulteriore centro perfetto. Entriamo nel contesto calcistico inglese attraverso la nomina del nuovo allenatore del Richmond. Dovrebbe evitare la retrocessione, ma coach Lasso, americano fino al midollo, non sa niente di calcio ed è proprio con i suoi occhi smarriti e confusi che osserviamo quella realtà così lontana da lui. Piano piano, però, assieme a Ted iniziamo a capire come funzionano le cose, che gli inglesi non sono poi così strani e che il calcio è fondamentalmente solo un gioco.

Lo sport, dunque, diviene il contorno per addentrarci nelle vite dei personaggi: da un lato diventiamo parte della squadra, dall’altro ci sentiamo dei veri e propri tifosi. Ognuno di loro, poi, è caratterizzato alla perfezione, con i propri pregi e difetti; umani al punto che l’immedesimazione è immediata. A cominciare da Lasso, un fresco eroe positivo – in controtendenza con la figura dominante dell’antieroe – che affronta gli ostacoli con il sorriso sulle labbra e ci ricorda che essere ottimisti non vuol dire essere dei perdenti.

E poi, come succede per ogni creatura di Bill Lawrence, non bisogna mai abbassare la guardia: quel momento ironico, infatti, può divenire tragico in un istante.

7) Black Sails

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Chi ama i pirati non può non parlare di questa serie tv da vedere assolutamente, antefatto dell’Isola del Tesoro di Stevenson. Black Sails, però, va oltre e riesce a essere perfetta per chiunque ami le storie dinamiche e burrascose, in continuo divenire e mai davvero uguali. Ogni personaggio poi segue il suo codice e impugna la spada per raggiungere il suo personale scopo. Che sia la libertà, qualche galeone in più o la protezione della corona inglese.

Non ci sono cause o ideali giusti, non abbiamo un protagonista buono per cui tifare: ci vengono date infinite scelte, che non saranno mai definitive e che rendono impossibile non schierarci.

Questo è dovuto all’eccellente costruzione dei personaggi, che si evolvono assieme alla trama e la cui storia solida e credibile si unisce con precisione chirurgica a quella degli altri. Ogni pirata è frutto di un passato tempestoso e un presente corrotto, a cominciare dal capitano Flint. Vivono per la pirateria, devono difenderla. E non parliamo solo degli uomini: Black Sails dà ampio spazio anche alle donne, che agiscono da indipendenti, mai da schiave. Perché a Nassau la cosiddetta civilizzazione non è mai arrivata, facendo scattare la riflessione su ciò che questa comporta e su quanti tabù abbia fissato.

8) Succession

Dopo la vittoria dei Golden Globe 2022 Succession si è guadagnata la sua visibilità. Beh, non abbastanza se è inserita in questo pezzo.

Considerata una Game of Thrones dei giorni nostri, questa serie tv da vedere getta uno sguardo credibile e attuale sulla politica, sulle grandi e ricche famiglie e soprattutto sugli strumenti dell’informazione. Perché la nostra realtà è fatta di social network, attenzione mediale, fake news, gossip e scoop. Anche se i Logan possiedono un’importante azienda mediale e dunque li controllano, ne sono succubi perché i media sono così tentacolari da arrivare dovunque, a dispetto di ogni cosa. Avere molti soldi aiuta, ma fino a un certo punto; infatti c’è un limite a quanta reputazione possiamo comprare. Oltre quello, si entra nel pubblico e, allora, non siamo più padroni della nostra immagine.

Tutti i membri dei Logan, infatti, sono costantemente sotto i riflettori, senza che l’abbiano davvero scelto. Come riassume il titolo, lo ereditano. E forse, a queste condizioni, essere ricchi non è poi tanto bello. Non tutti sanno gestire la fama ed essere politicamente corretti diventa un obbligo per preservare la loro reputazione. Il come, in fondo, non ha importanza e i Logan giocano sporco l’un con l’altro. Forse troppo, forse esattamente come ci aspettiamo.

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