Cult. Che strana parola, cult. Quattro lettere, un attimo per pronunciarla. Un istante, brevissimo. Per un termine che definisce, al contrario, un ingresso permanente nella storia. Cult, in italiano culto. Una passione smodata che genera una schiera di appassionati, e di critici che non possono fare altro se non prendere atto delle dimensioni del fenomeno. Il cult si può riconoscere immediatamente, e a quel punto si parla di “instant cult”. Oppure, si può riconoscere a posteriori: la prospettiva storica, se avulsa dal coinvolgimento emotivo del momento, definisce i tratti di una sentenza. È così in tutti i campi, ed è così anche per le serie tv. Serie tv da vedere assolutamente almeno una volta nella vita, perché rappresentano un’esperienza a loro modo unica.
C’è, tuttavia, un altro approccio, alternativo ai primi due. Ed è quello che ci apprestiamo ad adottare oggi.
Le serie tv di cui stiamo per parlare, infatti, sono da vedere assolutamente e hanno tutto per diventare dei cult, anche se non lo sono ancora. Non oggettivamente, almeno. Ma hanno tutto per diventare tali nei prossimi anni.
Spieghiamoci meglio: in tutti i casi, queste sono serie tv apprezzate sia dalla critica che dal pubblico. Magari non da tutti, ma alziamo le mani se si pensa al fatto che manco Breaking Bad o I Soprano ottengano un’unanimità che – evidentemente – non è ottenibile da nessuno. Sono serie tv eccellenti e degne di essere viste, che stanno scrivendo pagine significative dell’epoca attuale, ma non sono ancora considerate veri e propri cult. Stanno di fronte alle porte del paradiso, in attesa del verdetto definitivo. Un verdetto che solo la storia saprà dare. E che oggi vogliamo provare, in qualche modo, a prevedere.
Procediamo, allora, con le nove serie tv che sono destinate a diventare dei grandi cult del futuro.
Serie Tv da vedere: The Bear
- Disponibile su Disney+ (due stagioni).
Due stagioni, per una serie tv composta finora da 18 episodi dalla durata media di mezzora circa. Pochini, per puntare alla leggenda. Oppure no? Beh, no: si parlerà di Fleabag, un’esperienza tanto breve quanto intensa, per i prossimi vent’anni, quindi la durata è relativa in un contesto del genere.
È una comedy, ma non troppo. Un drama, senza dimenticare di essere una comedy. Dramedy? Ormai significa tutto e niente, ma è un discreto compromesso. Ogni volta che si è candidata, ha fatto incetta di Emmy e Golden Globe, ha raccolto il plauso globale della critica e ha affascinato il pubblico con una narrazione che si svincola dalle catalogazioni rigide. Un gioiello fluido, The Bear, che si è presentato con una prima stagione sorprendente, arrivata in silenzio ed esplosa con forza. La seconda stagione ha dovuto affrontare la prova più difficile: la conferma. The Bear, tuttavia, non si è accontentata ed è andata oltre: ha deciso di superarsi, giocando ad armi pari con Succession per il posto più alto sul trono del 2023.
E ora? Ora viene il bello. Dopo l’affermazione e la conferma, è arrivato il momento della consacrazione.
La terza stagione, forse la penultima dell’intero ciclo, rappresenterà la prova definitiva per The Bear: assisteremo a un calo, come spesso accade alle serie tv dopo le prime due stagioni, o continuerà a competere con i giganti della televisione? Non abbiamo motivi per puntare sulla prima: The Bear ha deciso di andare per la sua strada a tutti i costi, e continuerà a scommettere sulla qualità della scrittura e delle interpretazioni per ridefinire ancora la nostra idea di dramedy. Un’idea ormai condizionata da intrecci fin troppo ibridi, sviluppata da serie che hanno voglia di raccontare, prima di tutto, una bella storia. La storia della metabolizzazione di un lutto. E delle rinnovate ambizioni di un gruppo di persone che lottano ogni giorno per fare della propria vita un capolavoro, dopo anni di incompiute.
- Potenziale espresso finora: 8/10.
- Possibilità di fallire: 3/10.
- Potenziale che potrebbe esprimere alla fine: 10/10.
The Last of Us
- Disponibile su Sky e Now (una stagione)
Non si può certo dire che non l’avessimo vista arrivare: The Last of Us l’avevamo vista arrivare eccome, dopo una campagna mediatica monumentale. L’obiettivo era plateale: realizzare l’adattamento di un successo videoludico all’altezza della situazione, dopo anni di fallimenti in tal senso. Rispondere finalmente alle esigenze di un fandom dal palato finissimo, pronto a massacrare il prodotto se non avesse offerto un adattamento all’altezza della situazione.
The Last of Us non era, in sostanza, un azzardo, ma una scommessa sì. E ora possiamo dirlo: la scommessa è stata vinta pienamente, dopo una sola stagione.
Un’esperienza immersiva con presupposti narrativi ed espressivi lontani dai canoni del kolossal seriale, funzionali al linguaggio televisivo grazie a una trasposizione curata in ogni minimo dettaglio. Il point of view dello spettatore è il point of view di un gamer, anche se non siamo noi a guidare le azioni dei protagonisti. Possiamo, tuttavia, immaginarci davanti allo schermo con un joystick in mano, pronti all’azione. Questo permette di vivere, allo stesso tempo, un’esperienza televisiva di qualità che non rinuncia all’autorialità, anche quando la spettacolarizzazione degli eventi ruba la scena. Un approccio intimistico ed essenziale, ma anche ricco, completo e trasversale.
Gli elementi del cult emergono quindi in una serie tv da vedere non solo dagli appassionati del genere, ma anche da chi è interessato a un’avventura in un mondo post-apocalittico dove i fuochi d’artificio non sono l’essenza della sua esistenza.
Resta, però, ancora un dubbio: buona la prima, ma la seconda? Vogliamo essere fiduciosi: le trame di The Last of Us devono ancora dare il meglio di sé.
- Potenziale espresso finora: 8/10.
- Possibilità di fallire: 5/10.
- Potenziale che potrebbe esprimere alla fine: 10/10.