Ogni finale è, in qualche modo, aperto perché la vita dei personaggi continua. Quando viene definito così è perché non abbiamo una risposta univoca. Resta un non-detto che lascia in forse una o più questioni centrali. In cui quel non detto suscita confusione, incertezza o meraviglia. I finali aperti, il più delle volte, sono deludenti. Un series finale possibilista è quasi sempre una resa. Una capitolazione in cui, non sapendo bene come concludere una storia e per non deludere i fan, si delega lo spettatore affinché questo decida l’esito che più lo aggrada. Nella maggioranza dei casi è una scelta codarda che ci fa infuriare. Nei casi che vedremo, invece, si tratta di una scelta coerente, dovuta e meravigliosa. In altri casi, invece, non si tratta nemmeno di una mossa studiata, ma di una conseguenza dovuta a una cancellazione imprevista. È il caso di I Am Not Okay With This, Lois And Clark, Angel, Flashforward, Glow e ovviamente, tra le cancellazioni più dolorose, non possiamo non tirare in ballo My Name is Earl. In questo caso, quindi, non si può parlare di finale aperto, ma semplicemente di una (non) chiusura con cui, prima o poi, dovremo imparare a convivere. Il cliffhanger è l’escamotage narrativo più congeniale e più usato per separare una stagione dall’altra e per accendere la curiosità. Tuttavia se la serie non viene rinnovata per motivi economici o per carenza di ascolti, raramente quel finale di stagione riuscirà a chiudere tutti gli archi narrativi e a risolvere ogni dilemma. Il finale aperto, dunque, è quello progettato per essere tale. Quello che ha lo scopo di lasciare il dubbio su un possibile esito oppure di lasciare che sia lo spettatore a indovinare in base alle chiavi di lettura fornite. Non è aperto, dunque, quello di My Name is Earl perché non è intenzionale, ma è solo il frutto di una brutale cancellazione. Allo stesso tempo, però, ci sono dei casi in cui il mancato rinnovo di una serie tv può regalare un finale aperto degno di nota, come è successo con Hannibal. Una serie tv che non è stata rinnovata per una quarta stagione, ma che possiede comunque un finale aperto appagante, sublime e onirico. Perciò vediamo sei serie tv, come Hannibal, che pur risolvendo ogni trama, sollevano il dubbio, ad esempio sulle sorti dei personaggi principali. Una conclusione sospesa meravigliosa e coerente con lo spirito della storia.
Vediamo alcune serie tv da vedere, come Hannibal, che hanno un finale meravigliosamente aperto.
**ALLERTA SPOILER, trattandosi di focus sugli episodi finali, vi invitiamo a saltare il paragrafo se non avete ancora visto la serie tv da vedere citata**
Hannibal – The Wrath of the Lamb (3×13)
Il mostro – o i mostri? – è stato abbattuto? Will e il dottor Lecter sono morti nello schianto o si sono salvati? Non c’è traccia dei loro corpi benché il sottofondo sonoro – Love Crime (Amuse-Bouche Version) di Siouxsie e Brian Reitzell – canti “I will survive, live and thrive”. Qualunque sorte sia toccata ai due protagonisti meravigliosamente interpretati da Hugh Dancy e Mads Mikkelsen, sebbene qualche spiraglio di speranza, The Wrath of the Lamb rimarrà l’ultimo episodio di Hannibal. Una lenta, onirica e inaspettata discesa verso l’ultimo girone degli inferi, durata tre stagioni, si è conclusa con un finale aperto. Hannibal Lecter ci ha preso per mano, come ha fatto con Will, e con una pazienza metodica e certosina ci ha accompagnato dentro i meandri più oscuri dell’animo umano. Ci ha declamato la poesia dell’orrore e ci ha mostrato gli impulsi umani ancestrali più reconditi.
Hannibal è un’avventura seriale coraggiosa, che ha spinto in là i limiti del consentito sul piccolo schermo. Tre stagioni di squilibri, deliri e crimini agghiaccianti, conclusesi con un addio tanto poetico quanto disturbante e sanguinario. Un’esperienza seriale perennemente in bilico tra sogno e realtà – anzi, tra incubo e realtà – non poteva non concludersi altrimenti. Una tensione onirica e metafisica sempre sospesa confluisce così in un finale sospeso. Ebbene, non si tratta di un finale aperto, ma sospeso, in linea con il concept narrativo della serie NBC ideata da Bryan Fuller e basata sui romanzi di Thomas Harris. Dopo tre stagioni, Hannibal è riuscito a portare dalla sua parte Will, che finalmente riesce a “vedere” la bellezza. Il salto, la vertigine è l’ultimo regalo per noi spettatori che, insieme a loro, siamo volati giù dal divano.
Twin Peaks: The Return – What Is Your Name? (3×18)
Se Twin Peaks avesse avuto una conclusione “normale” – sempre che questo aggettivo esista nel vocabolario di David Lynch – non sarebbe stata Twin Peaks. Il ritorno della serie tv più controversa della serialità è avvenuto a 26 anni dall’esordio sul piccolo schermo. Ci ha regalato un nuovo mix di umorismo, stranezze, arcani, simbolismo e depistaggi. La terza stagione è tornata e si è conclusa nel 2017, ma Lynch e Frost hanno manifestato l’interesse di realizzarne un’altra. Chissà. Ad ogni modo, quando c’è di mezzo il maestro, è alquanto riduttivo parlare di terminologie quali finale aperto, return, reboot e finale di serie. Cos’è successo nell’ultima scena di Twin Peaks: The Return? Cos’é la Loggia, chi è Judy, Laura Palmer è davvero morta? Insomma, neanche Kyle MacLachlan ha dichiarato di averci capito poi molto di quell’ultima, iconica scena di una puntata intitolata con la domanda più elementare del mondo: “Come ti chiami?”. Beh, David, diccelo tu, perché non lo sappiamo più nemmeno noi!
Il finale si compone di due finali diversi tra loro, il primo ha ribaltato la storia ma ha fornito anche la chiave per interpretare il secondo. Gli ultimi due episodi raccontano quindi il ritorno dell’agente Dale Cooper nella città di Twin Peaks. Vorrebbe provare a salvare Laura Palmer e a sconfiggere una volta per tutte BOB. Dale incontra Carrie, la quale assomiglia tanto a Laura Palmer. La porta a Twin Peaks, ma trova occupata quella che era la casa della ragazza. Confuso, l’agente domanda a Carrie che anno sia. Lei sente chiamare il nome di Laura dall’interno della casa e urla. Le luci nella casa si spengono di colpo. Fine. In questo articolo abbiamo cercato – per quanto possibile – una spiegazione esaustiva. Come abbiamo detto, però, definirlo un semplicissimo finale aperto è troppo riduttivo. Ciò che sappiamo è che l’autore ha disseminato indizi e chiavi in ogni angolo. Così da quel giorno, goniometro e compasso alla mano, non facciamo altro che elaborare schemi e teorie per decifrare l’intricatissima simbologia della creatura di David Lynch e Mark Frost. Un finale aperto su un oceano infinito di domande.