House – Everybody Dies (8×22)
Ci ha lasciato così House. A bordo di una moto insieme al suo migliore amico alla volta di un’avventura, l’ultima, che potremo solo immaginare. Anche in questo caso, si tratta di un finale volutamente aperto che chiude tutte le linee narrative e ci lascia in sospeso con un’ultima questione: cosa ne sarà di House, che si è finto morto, e di Wilson, che invece sta per morire? C’è chi ha sofferto tanto per questo finale sospeso, in cui li vediamo allontanarsi in moto verso un futuro ignoto. Ma non è forse questa la fine migliore che un viaggio durato 8 stagioni poteva avere? Un finale che chiude un cerchio con uno splendido omaggio a Sherlock Holmes, ma che ne apre un altro. Un altro cerchio, un nuovo corso in cui noi non siamo stati invitati. Il senso del finale della serie con Hugh Laurie è tutto in questa inaspettata “apertura” di House verso l’ignoto. Un atteggiamento nuovo, che ha maturato puntata dopo puntata e che sfida la sua metodicità ossessivo-compulsiva e il bisogno di sapere. House ha smesso di essere House. È morto, e ora si prepara a un viaggio di cui non conosce l’itinerario. Ma sta volta va bene così. Anche se è dura, l’unica cosa che possiamo fare è lasciarlo andare e abbandonarci all’idea che la vita è così: segue un corso imprevedibile e alla fine, anche se non vorremmo, si muore. Perché tutti muoiono. «Ma quando il cancro peggiorerà?» dice Wilson prima di mettersi il casco. House gli risponde: «Il cancro è noioso».
In questi sei casi, come la conclusione sospesa di Hannibal, il finale aperto è un regalo per lo spettatore. Lascia alla sua immaginazione il privilegio di correre con la fantasia senza esprimersi su una sorte precisa e definitiva. Lascia un certo spazio di manovra alle interpretazioni e dà respiro alla storia. Se il più delle volte il finale aperto delude, in questi (e in altri casi che non abbiamo menzionato) si rivela la scelta narrativa migliore perché mantiene le promesse, è coerente e in linea con lo spirito della storia narrata.