3) Games of Thrones – Quarta stagione
Prima del tramonto nel finale, in cui sono piovute critiche sulla serie, il Trono di Spade era uno dei prodotti del momento e la punta di diamante della HBO. La quarta stagione è stata sicuramente la migliore prodotta. Impossibile dimenticare la morte di re Joffrey, mai amato, nemmeno negli ultimi istanti di vita. È un’immagine che rimane in testa, anche a distanza di anni. Anche il processo a Tyrion che ne segue è tra i momenti topici: lo scontro tra Vipera Rossa e la Montagna, seppur non duri molto, è intriso di suspense e culmina in una scena (eccessiva?) di violenza. La famiglia Lannister è stata al centro di colpi di scena, come quello che coinvolge Tywin nel poco glorioso momento che ha segnato la sua fine. E poi le peripezie del Mastino e Arya Stark, l’uomo e la bambina che affrontano pericoli è un must se pensiamo a The last of us o a The Road. Jon Snow aveva qualche problemino con i Bruti alla Barriera, mentre Hodor accompagna Bran a spasso per il Nord. Dalle parti della Khaleesi nasce un amore, quello tra Vermegrigio e Missandei, e si conclude malamente la friendzone di sir Mormont, allontanato. Insomma, un groviglio di personaggi e storie, un filo non sempre facile da tenere impresso, ma pur sempre emozionante.
4) Sherlock – Seconda stagione
Sicuramente neanche Arthur Conan Doyle, mentre scriveva i gialli su Sherlock Holmes, aveva prefigurato che stava per dare vita a uno dei personaggi più longevi e apprezzati della letteratura planetaria. Il cinema se ne è appropriato, lo ha snervato e lo raccontato in diversi modi, facendone un evergreen. Nella mini serie Sherlock, i protagonisti vivono nella Londra contemporanea, in cui i diari di Watson sono un blog. Insomma, non tutto è fedele ai libri, come il cappello da cacciatore, ma la caratterizzazione dei personaggi non va molto lontano. Sherlock è sociopatico e lo sguardo vitreo di Benedict Cumberbatch lo rimarca ancor di più; Watson è sarcastico e coraggioso e Martin Freeman è uno degli attori più sottovalutati della sua generazione. I due coinquilini del 221bBaker Street si scoprono sempre più amici, Sherlock è meno freddo, teme per il destino del socio. Il loro rapporto è sempre messo alla prova, casi investigativi e vita privata si intrecciano. La seconda stagione è stata la migliore della saga e seppur composta da soli tre episodi si è data più attenzione alla trama orizzontale. Moriarty tesse la sua tela, Sherlock è vittima della trappola. Non gli resta che lasciarsi andare, cadere giù. Il dolore di Watson è quello che ci resta.
5) True Detective (una serie tv antologica da vedere a ogni costo) – Prima stagione
Sembra passata un’eternità dal 2014, un anno ricordato nel mondo cinematografico anche per la prima stagione di True Detective (i due capitoli successivi non hanno avuto la stessa riuscita). Immersa in un ambiente desolante, la serie gioca con il tempo: puntata dopo puntata i flashback scandiscono l’intreccio della narrazione. Nel 2012, emerge un nuovo caso investigativo ed è simile a uno affrontato nel 1995 dai protagonisti Rust e Marty. La trama oscilla su due linee temporali e ci mostra due anime mutate, deteriorate: Rust è solo una copia sbiadita di quello che era, trasformatosi in un nichilista che si alimenta di sigarette e alcol; Marty ha sostituito la carriera alla famiglia ed è un ipocrita che mente a se stesso credendo di avere la coscienza pulita. È il genere crime che cambia, lascia meno spazio ai delitti e rende autoconclusivi i fatti della Louisiana. Una serie fatta di simboli che risucchia lo spettatore nell’abisso, eretta a pietra miliare per le sensazionali prove attoriali (soprattutto quella di Matthew McConaughey) e nella scrittura. C’è una frase di Rust che dice: “Il mondo è un cerchio piatto, tutto ciò che abbiamo fatto o faremo lo faremo ancora e ancora all’infinito”. Ecco, esattamente come guardare questa stagione: in loop.
6) Fargo – Prima stagione
Tutto è nato dal film omonimo del 1996 dei fratelli Coen, poi, nel 2014 ecco la serie tv. La prima stagione di Fargo è stata meravigliosa, le restanti non hanno retto il confronto. Le ragioni del successo: cast eccezionale, dialoghi originali e personaggi stravaganti. Noah Hawley è stato bravo, anche nella mescolanza dei generi (dal drammatico, allo humor nero e ovviamente al crime). Ha preso gli insegnamenti dei Coen, li ha fatti suoi e ha confezionato un prodotto di alta qualità; già l’ambientazione, la smorta e impalpabile provincia americana, è il frutto di una ripresa da chi lo ha ispirato. Invece, la storia vede Lester Nygaard, un impiegato che fa della codardia un tratto distintivo, e del suo incontro con Lorne Malvo, killer apatico, amante del trasformismo che usa per raggiungere i suoi scopi. Loro due sono nella lista dei cattivi della serie, fanno parte della zona oscura del racconto. Se Lester all’inizio è la vittima, poi cambia pelle e si abbandona nel commettere violenza con lucidità. Lorne è il simbolo del male e Billy Bob Thornton è un attore indescrivibilmente bravo. Il pubblico lo sapeva già e lo ha ulteriormente apprezzato e ringraziato. A questi due personaggi si oppone l’onesta Molly Solverson, l’agente di polizia in cerca di verità. Durane la visione pare che sia il caso il meccanismo che manda avanti la trama, tutto sembra in preda del caos, e alla fine è l’effetto narrativo più apprezzato.