Quante Serie Tv da vedere si possono definire anche ‘perfette’ nella loro evoluzione? Quello che scriviamo e leggerete oggi è la summa iperbolica della televisione contemporanea, un hub spaziale della storia della narratologia televisiva. Robert Thompson, studioso americano autore di “Television’s Second Golden Age”, che maggiormente ha promosso il concetto di tv di qualità, l’ha definita come quella “costituita da serie che spiccano in opposizione a tutte le altre.” A comporre l’universo della tv di qualità ci sono le serie di cui oggi scriveremo che – per valore testuale, prestigio, critica e successo di pubblico – sono unanimemente considerate capolavori.
Sono le serie tv da vedere che non hanno mai deluso e che, anzi, sono cresciute e migliorate nel corso delle stagioni, fino alla fine. Sono le serie che, nei loro contesti culturali, hanno legittimato la televisione avvicinandola a formati artistici più consolidati come il cinema e la letteratura.
Ciascuna a suo modo, non sono rimaste in superficie ma, stagione dopo stagione, hanno prediletto l’approfondimento, gli affondi sulle psicologie e sulle trame, i processi di cambiamento e la tessitura delle vicende interpersonali.
Se i pilot sono considerati la parte fondamentale di qualsiasi narrazione seriale, vuol dire che l’importanza dell’inizio sottintende quella della fine. In mezzo vi sta lo sviluppo, l’osservazione da parte di noi spettatori del meccanismo del racconto e la conseguente costruzione di un’estetica funzionale al nostro progressivo coinvolgimento verso la costruzione dei personaggi e dei mondi. È difficile, per autori e producer, costruire prodotti in grado di reggere alle alte aspettative degli spettatori e della stessa parola “fine”intesa come parte finale del progetto ma anche come obiettivo che si vuole raggiungere. Le serie di cui parliamo oggi ci riescono appieno e sono uno straordinario esempio di storytelling.
1. Breaking Bad
Meravigliosa fino alla fine. Una serie che parla del narcotraffico in modo mai visto prima, né dopo, poiché rifiuta il respiro sociologico in favore dell’introspezione. Breaking Bad, col progredire delle stagioni, non intende fornirci una rappresentazione plausibile di Albuquerque ma vuole condurre la nostra attenzione sul protagonista attorno cui tutto ruota. È lì che si materializza il crudo realismo della storia. L’indagine dentro il pensiero supera la verosimiglianza del mondo rappresentato.
Due aerei possono anche scontrarsi se questo serve a far comprendere quanto egoistiche siano le azioni di Walter White. Nessuna serie come Breaking Bad descrive il cambiamento psicologico di un personaggio che diventa sempre più abietto trascinando chiunque, inclusi noi, nella discesa agli inferi dell’etica e della vita stessa. E al contempo offre progressive indagini introspettive degli altri characters, con un accuratissimo scandagliare nel groviglio della loro psiche e delle loro psicopatologie.
La grandiosità di Breaking Bad risiede – tra le altre cose – in questo effetto, unico nella storia della televisione, di raccontare gradualmente come identità e convinzioni di una persona, credenze e aspetti psichici, possano cambiare in un certo arco di tempo.
Si giunge quindi al progredire di stagioni una più intensa dell’altra che raggiungono il proprio apice proprio nella quinta, l’ultima, il numero e la durata perfetta, con episodi ritenuti dalla critica e dal pubblico tra i più belli di sempre, Declino e naturalmente Felina.
2. Better Call Saul
Bob Odenkirk in Breaking Bad dà vita a un comprimario, lo spietato e magnetico avvocato Saul Goodman, così forte e intenso da essersi meritato uno spin off tutto per sé. Un prequel che, secondo molti, è anche più bello della serie originale. Un altro gioiello nato dal genio di Vince Gilligan e Peter Gould che ci ha fatto vivere anni fantastici.
L’epopea decadente di Jimmi McGill ha inizio con una prima stagione introduttiva, forse la meno impattante, dove vediamo solo un lontano raggio d’azione dello spirito di Saul su quello di Jimmy. È la stagione che ci spiega il forte legame col fratello Chuck e quella in cui ancora Jimmy spera di poter far parte di una società e di un settore, quello della giustizia, che in realtà lo respinge. Da qui in poi sarà un crescendo poetico immenso che raggiungerà l’apice nella sesta, ultima stagione. Siamo di fronte all’autorialità pura intendendo il concetto nella prospettiva di Foucault ovvero non come processo creativo del singolo, ma come risultato di un discorso. Un lavoro congiunto di scrittura, stile, regia che rende Better Call Saul un continuum narrativo e un’opera culturale degna del suo antecedente, fino all’ultimo frame.
Prima di dirigerci verso la punta di diamante degli anime Attack on Titan, altre due serie drammatiche, corali, di infinito spessore: Sons of Anarchy e Succession.