Six Feet Under (2001 – 2005)
Alan Ball, il creatore della serie di culto con Peter Krause e Michael C. Hall, ha dichiarato in un’intervista che subito dopo la lettura della prima bozza, Carolyn Strauss della HBO, entusiasta, gli avrebbe chiesto di rendere tutto più incasinato. Una richiesta insolita, ma allettante che ha sorpreso lo stesso Ball: «Wow – ho pensato – questo mi ha dato la possibilità di andare un po’ più in profondità , di rendere tutto un po’ più oscuro, un po’ più complicato». Six Feet Under è disarmante e tragica. Non fa sconti a nessuno, nemmeno ai suoi protagonisti. Esseri umani problematici e spezzati, che cadono proprio come faremmo noi.
Ciò che ci spaventa (e ci affascina) della famiglia Fisher è dunque la sua vulnerabilità contagiosa, ma seccante. David, Nate e tutti i personaggi sono brutalmente terreni, incasinati e complicati. Più li conosciamo però più capiamo che David, alla fine, non è così odioso come sembrava e apprezziamo il suo impegno per limare i difetti. Al contrario di Nate, che prima ci conquista, poi si dimostra l’opposto di quanto sembrava all’inizio. Ad ogni modo sono schiavi delle loro convinzioni. Vittime delle loro certezze. A volte vorremmo urlargli contro, ma finiamo per volerli abbracciare perché purtroppo ci somigliano. È sfiancante starli a sentire e vederli sbagliare. Li detestiamo ma, allo stesso tempo, non possiamo fare a meno di amarli, proprio come si fa con un familiare. Una danza incalzante ed estenuante che ci accompagna per 5 stagioni verso un finale perfetto: privo di logica, come la vita, e scevro da ogni retorica.
Seinfeld (1989 – 1998)
Personaggi nevrotici, superficiali, maniacali e insopportabili. Gente sgradevole (ma divertente), destinata a restare detestabile. La sit-com della NBC di 9 stagioni racconta le disavventure del comico newyorkese Jerry Seinfeld e dei suoi amici e vicini di casa. Il suo storico co-creatore, Larry David (Curb Your Enthusiasm), nonché alter ego di George Costanza (Jason Alexander), ha istituito addirittura la politica del “no hugging, no learning”. Cioè una regola non scritta per mettere al riparo lo show dal rischio di incappare in sentimentalismi e lezioni morali. I personaggi di Seinfeld non devono imparare dai loro errori né crescere. La comedy, ormai un cult negli USA, è brillante e si differenzia dalle altre sit-com in circolazione proprio per la costruzione narrativa contraria a tutto ciò che una sit-com dovrebbe essere.
Si tratta di uno degli esempi più riusciti di comedy seriale, diventato l’emblema del genere denominato slice of life. Una modalità narrativa che punta a restituire uno spaccato di vita naturalistico. Seinfeld è una “storia sul nulla” , come spesso è stata accusata, che mette in scena di proposito una sequenza apparentemente arbitraria di eventi. E dove, in effetti, non accade nulla. Ma è questa la sua qualità più grande. Lo sviluppo della trama è assente. Non c’è conflitto e superamento degli ostacoli. Non c’è crescita personale: solo un manipolo di personaggi deprecabili che fanno cose deprecabili. Larry David e Jerry Seinfeld sono riusciti a tirare fuori qualcosa dal nulla, mettendo in scena solo personaggi detestabilissimi. Se questa non è genialità , non sappiamo cos’altro potrebbe esserlo.