Le Serie Tv da vedere sono molte, e un personaggio può evolvere fino a diventare la versione più compiuta di sé, che sia in eroe o in villain; può restare quello di sempre, a discapito degli eventi esterni, oppure può percorrere gradualmente un percorso distruttivo. Come Walter White, che ScreenRant piazza al primo posto della sua classifica dei migliori personaggi seriali di tutti i tempi. Il processo di costruzione che si cela dietro un personaggio grandioso è un’operazione molto complessa che mira a costruire una personalità unica, riconoscibile e multidimensionale; così tanto “umana” che da un momento all’altro potrebbe scollarsi dallo schermo per raggiungerci sul divano, come fanno i Roy di Succession. Un gran bel personaggio non è buono o cattivo, compiuto o incompleto. Il suo sviluppo – contraddizioni, involuzioni e difetti inclusi – devono essere coerenti e non dovrebbero mai piegarsi alla trama. Noi spettatori seguiamo con attenzione tutti i cambiamenti che ogni personaggio subisce nel corso della storia, ma quando restiamo interdetti, di solito, è per via di una scrittura pigra, che non rende giustizia a quanto costruito fino a quel momento. A volte riusciamo a prevedere le mosse dei protagonisti, altre restiamo sorpresi, scioccati, arrabbiati o estasiati. Ma quando ci sentiamo delusi, tanto da esclamare infuriati: “hanno rovinato un gran bel personaggio!”, allora qualcuno nel reparto creativo ha preso delle decisioni affrettate, poco oculate e incoerenti, che hanno vanificato gli sforzi precedenti. Questo è quello che sembra essere successo all’amatissima Haley Dunphy di Modern Family, snaturata in nome di un lieto fine (qui ne trovate altri 8 che hanno ricevuto lo stesso trattamento) o al personaggio interpretato da Evangeline Lilly in Lost, Kate Austen, la cui scrittura denota una deriva lievemente misogina.
Ecco 9 personaggi di alcune importanti Serie Tv da vedere che a un certo punto, per motivazioni inspiegabili ed estranee alla narrazione, sono cambiati. In peggio.
Andy Bernard – The Office US (una serie tv da vedere ieri, oggi, domani. Sempre)
Le ragioni dietro un tale, ingiusto, stravolgimento ce le siamo chieste per anni. Il segreto del successo della versione americana di Greg Daniels del mockumentary creato da Ricky Gervais sta tutto nella costruzione dei personaggi, con le loro personalità definite, credibili e riconoscibili. Tutti hanno avuto un arco narrativo piuttosto coerente con la rispettiva crescita personale e umana. Tutti tranne Andy, il quale, nella nona stagione, ha smesso di essere Andy Bernard. Il personaggio interpretato da Ed Helms subentra nella terza stagione e ci ammalia, malgrado la sua spocchia e antipatia. La genialità di The Office, in fondo, è sempre stata quella di farci amare dei personaggi detestabili.
Puntata dopo puntata, in un’operazione fenomenale di character development, Andy si mette alla prova, smussa i suoi impulsi più irascibili fino a diventare uno dei personaggi più amati dello show. Fino alla nona stagione, in cui assistiamo a un vero e proprio crash test che distrugge in un attimo il lavoro di scrittura svolto fino a quel momento. Non sapremo mai cosa abbia originato quella involuzione poco credibile. Che sia stata una vedetta degli sceneggiatori per le assenze dell’attore coinvolto in Una Notte da Leoni oppure una scelta volontaria per rendere il personaggio più simile alle origini, in ogni caso nessuno ha apprezzato il risultato. Secondo Daniels: “Andy Bernard era molto più divertente quando era uno st****o”. Va bene Greg, ma non così, de botto e senza senso.
Haley Dunphy – Modern Family
Haley Dunphy (Sarah Hyland) di Modern Family rappresenta una delle involuzioni più dolorose nella storia delle serie tv da vedere di genere comedy. Nel corso della storia, la figlia maggiore di Claire e Phil compie un percorso sorprendente, in ascesa, verso l’affermazione di sé stessa. Un’evoluzione in cui, gradualmente, emerge tutto il suo potenziale. Il suo carattere viene così definito sia dagli errori che dai successi, fino a consolidarsi nella versione più autentica di sé. Poi arriva Dylan, l’evoluzione di Haley si arresta e il suo percorso viene schiacciato, compresso in uno schema già visto.
Le scelte insensate, compiute nel reparto scrittura, sviliscono quanto era stato fatto fino a quel momento. Quello che prima si trasformava in un’occasione di crescita, ora diventa un ostacolo che la spenge e la porta a compiere azioni in cui è difficile riconoscerla. Il ritorno con Dylan, dopo la strada che aveva percorso, e l’annullamento di quanto aveva costruito non rendono giustizia al suo personaggio. Non sembra una scelta narrativa ponderata, intrapresa magari per raccontare quanto la vita reale a volte segua un percorso accidentato e mai lineare. Al contrario, sarebbe stato interessante vederla regredire a seguito di un forte shock. Invece gli sceneggiatori hanno optato per il tradizionale happy ending sperando di compiacere un certo pubblico e contravvenendo alle intenzioni di una sit-com dai dichiarati intenti progressisti.
Stuart Bloom – The Big Bang Theory
Ve lo ricordate il proprietario del negozio di fumetti che i protagonisti di The Bing Bang Theory visitano quotidianamente? Quel ragazzo che nelle prime puntate usciva perfino con Penny? Stuart Bloom non è mai stato un pavone regale e maestoso, è vero. È sempre stato un esemplare poco appariscente dell’animale più anonimo dell’ecosistema. Però, nelle prime stagioni, non era nemmeno un disadattato sociale acchiappa-sciagure. È come se nel tempo gli sceneggiatori si fossero divertiti a vederlo toccare il fondo. Hanno amplificato i difetti più visibili – che lo rendevano umano – fino a trasformarlo in un disagiato totale, incapace di stare al mondo e di avere una conversazione normale. Arriva perfino a raccogliere le briciole dai Rostenkowski-Wolowitz!
L’involuzione, immotivata, di Stuart da uomo medio a calamita umana di sfortuna e di insuccessi è una deriva fantozziana ingiusta. Anche all’inizio era un soggetto alquanto pittoresco, ma pur sempre una persona introversa nella norma. Il susseguirsi di sventure e fallimenti, la perdita di ogni sicurezza e amor proprio – che inizia all’incirca quando Raj Koothrappali trova il coraggio di parlare con le donne – rendono il suo sviluppo davvero poco coerente. Il povero Stuart è diventato così l’oggetto di scerno degli sceneggiatori, che lo bullizzano usandolo come espediente (più tragico che) comico.