Le distopie hanno il loro fascino, eccome se ce l’hanno. Rappresentare un futuro inquietante e spaventoso, un mondo nel quale alcune delle peculiarità negative dell’attualità hanno preso il sopravvento dando spazio a una realtà che ne è stata ormai sopraffatta è un qualcosa che attira e repelle contemporaneamente. E forse le due cose avvengono nello stesso momento per un unico motivo: perché si tratta di universi basati su di noi, sul nostro mondo, e quindi molto più simili alla realtà di quanto possano sembrare. Le distopie altro non sono che degenerazioni che amplificano direzioni verso le quali stiamo già andando. E se ormai da secoli sono al centro del racconto degli scrittori, la possibilità di rappresentarle attraverso le immagini ha dato loro un rinnovato interesse. Tramite film e serie tv possiamo non solo immaginare le distopie, possiamo anche guardarle e praticamente viverci dentro. Negli ultimi anni questo genere ha fatto passi da gigante nella serialità, rappresentando mondi numerosi e variegati che hanno come primo obiettivo quello di farci porre una domanda fondamentale: dove stiamo andando? E quindi, nel caso in cui ve le foste perse, ecco la classifica delle 6 migliori serie tv distopiche realizzate negli ultimi 5 anni.
5 – Omniscient
La quinta posizione di questa classifica arriva direttamente dal Brasile: si tratta di Omniscient, una serie Netflix in sei puntate rilasciata nel 2020 che mette al centro le tematiche di sicurezza e tecnologia, cosa che potrebbe rendere tranquillamente la trama un episodio di Black Mirror. Ci troviamo in una società del futuro nella quale la sorveglianza è affidata a un sistema ipertecnologico – Omniscient, appunto – che utilizzando minuscoli droni, ognuno corrispondente a un cittadino, controlla praticamente tutto ciò che succede. Il problema però sorge nel momento in cui la protagonista, Nina, torna a casa e trova suo padre morto di morte violenta, senza che però Omniscient abbia rilevato alcunché. Ciò che succede dopo sono tutti i tentativi di Nina di scoprire, da figlia sofferente ma anche da esperta nell’ambito della tecnologia, le falle di un sistema che palesemente ha qualcosa che non va. E che altrettanto palesemente rappresenta l’esasperazione non soltanto dell’uso della tecnologia nell’ambito della sicurezza privata e pubblica, ma anche della rinuncia alla privacy che facciamo costantemente in funzione di questa e altre motivazioni. Nessuna delle quali, forse, vale davvero la pena.
4 – Tribes of Europa
Quando la serie tedesca Tribes of Europa è stata diffusa nel 2021 il conflitto in Ucraina non aveva ancora riportato la guerra nel nostro continente. Col senno di poi, non si può dire che questa distopia non ci abbia visto giusto. Siamo nel 2074 e il continente europeo è diviso in migliaia di microstati perennemente in lotta tra loro, dopo che quasi cinquant’anni prima un blackout di cui si sa ben poco e numerose tensioni geopolitiche hanno dato vita a lotte e scontri tra Stati che poi si sono disgregati. La storia si sviluppa in un territorio che corrisponde pressappoco a quello dell’attuale Berlino, dove seguiamo le vicende di tre fratelli che, ognuno per conto suo ma in modo chiaramente connesso, cercano di salvare la propria tribù naturalista e, ovviamente, la loro pelle. Nella speranza, magari, di riuscire anche a costruire un nuovo mondo migliore. Tribes of Europa è un chiaro e costante riferimento a quanto possa essere pericoloso continuare a farsi la guerra per una volontà di potenza che ha poco senso, nel momento in cui ciò che si vuole dominare diventa solo vuoto e distruzione. E la strada percorsa da questa distopia è, come si può notare al giorno d’oggi, non molto distante dalla strada che noi stessi stiamo intraprendendo. Sarebbe meglio fermarsi, prima che sia troppo tardi.
3 – Inverso – The Peripheral
Arriviamo a metà classifica con Inverso – The Peripheral, serie con protagonista Chloë Grace Moretz che ha visto la luce su Prime Video a ottobre dello scorso anno. In questo caso non abbiamo in mano un unico tempo distopico ma ben due: il primo è il 2032, anno in cui è ambientata la storyline primaria della serie; il secondo invece si posiziona settant’anni dopo, in un futuro nel quale la protagonista entra passando attraverso un videogioco iper-realistico, che altro non è se non una vera e propria macchina del tempo. Un futuro che non è proprio roseo, essendo la conseguenza di un’apocalisse che ha coinvolto diversi ambiti quali pandemia, disastro ambientale e nucleare. Insomma, Inverso – The Peripheral, già rinnovata ufficialmente per una seconda stagione, non si fa mancare proprio nulla, facendo convivere la tematica relativa allo scontro tra realtà e mondo virtuale con tante altre degenerazioni delle quali il nostro presente non si priva. Il tutto, in maniera estremamente credibile e funzionale alla causa.
2 – Snowpiercer
Il terzo posto tra le migliori serie tv distopiche degli ultimi 5 anni va a Snowpiercer, basata su una serie di fumetti post-apocalittici e attualmente giunta alla sua terza stagione. Siamo nell’anno 2026 e il nostro pianeta non è altro che un enorme deserto di ghiaccio, condizione realizzata a causa di un fallimentare tentativo di affrontare il problema del surriscaldamento globale. Le persone sopravvissute a questa catastrofe vivono nello Snowpiercer, un treno ipertecnologico che orbita attorno alla Terra, in un contesto nel quale le disuguaglianze sociali che esistono nella società odierna non sono assolutamente cancellate. Anzi, mentre in testa al treno il lusso regna sovrano, nei vagoni di coda prevalgono miseria e povertà. Questa distopia fa proprie tematiche che al giorno d’oggi sono più attuali che mai: il cambiamento climatico e le disuguaglianze sono argomenti dei quali è importante non smettere di parlare, e che investono non solo la vita presente ma anche il futuro nostro e di chi verrà dopo di noi. Ed è proprio nell’ottica di tenere alta l’attenzione a riguardo che prodotti come Snowpiercer e l’omonimo film di Bong Joon-ho sono diventati ancora più importanti.
1 – The Last of Us
Non si può concludere questa classifica senza parlare di un gioiellino recentissimo, una delle serie più chiacchierate e amate del 2023: The Last of Us. La trasposizione seriale dell’omonimo videogioco che vede protagonisti Pedro Pascal e Bella Ramsey (entrambi con alle spalle un’esperienza in Game of Thrones) è ambientata in un presente che però è il frutto di una pandemia avvenuta vent’anni prima e che ha trasformato buona parte del genere umano in una specie di zombie. Le vicende si concentrano in particolare sul viaggio di Joel ed Ellie, lui un cinico contrabbandiere; lei una quattordicenne che non conosce altra vita al di fuori di quella nella zona di quarantena. In un contesto complicato nel quale gli altri esseri umani sono i veri mostri, il rapporto che si crea tra loro è un barlume di vera umanità. E non c’era momento migliore di quello attuale, ugualmente post-pandemico, per realizzare una serie che proprio nella pandemia e in ciò che ne deriva pone il suo fulcro. A testimonianza ancora una volta, questo, del fatto che le distopie sono molto meno surreali di quanto ci piaccia immaginare.
1 – Scissione
Primo posto a pari merito, concedeteci questa licenza. Scissione, il thriller distopico diretto da Ben Stiller, è la migliore tra le serie di Apple Tv+ presenti attualmente nel catalogo; la storia vede tra i protagonisti Mark (Adam Scott), dipendente della Lumon Corporation, un’oscura azienda che attua ai suoi dipendenti il processo di scissione dei ricordi della vita lavorativa da quelli della vita privata. Questa procedura chirurgica è irreversibile e scinde chiunque ne sia sottoposto in due versioni di sé stesso: quella interna (al luogo di lavoro) che non conosce nulla della propria vita privata, da quella esterna, che vive serenamente la propria quotidianità senza conoscere nulla del proprio impiego. Il processo, se da un lato priva gli esterni dello stress del lavoro, dall’altro imprigiona la propria versione interna in un loop infinito, in cui l’unica realtà di cui si è a conoscenza è quella del lavoro stesso, lasciando spazio a importanti riflessioni sull’equilibrio vita/lavoro, sull’alienazione a cui sono sottoposti alcuni lavoratori, sulla centralità del lavoro nella società capitalista ma anche sull’importanza dei ricordi nella formazione della personalità, sul disturbo dissociativo e sulla depressione. L’universo simbolico di Scissione è retto dalla trama che rilascia a ritmo ascendente sempre più informazioni, susseguendo colpi di scena e cliffhanger che lasciano lo spettatore senza fiato (qui ne trovate la recensione).