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Le 15 Migliori ultime stagioni delle Serie Tv drama

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Nulla è più importante di una meravigliosa ultima stagione. Nulla. Il momento dei saluti corrisponde a uno dei momenti più tormentati per un amante delle Serie Tv. C’è chi lo aspetta con trepidazione, sperando che tutto possa filare liscio, e chi ne ha paura ripensando a Game of Thrones (di cui si continua a discutere). Questo colosso HBO ha infatti segnato una delle esperienze seriali più importanti di sempre, ma al momento dei saluti ha rovinato tutto, consegnandosi alla storia come una delle Serie Tv drama che più hanno sbagliato durante il momento dei saluti. Da quel momento, la nostra attenzione nei confronti dei finali è cresciuta, spaventandoci. La paura che le produzioni perfette si perdessero in un bicchier d’acqua era tanta, ma fortunatamente per noi non tutte hanno fatto la fine di Game of Thrones.

Esistono infatti Serie Tv drama che sono finite come erano cominciate: perfettamente. Non stiamo parlando del finale, stiamo parlando proprio dell’ultima stagione intesa nella sua totalità. Del terreno su cui, a un certo punto, si è chiuso il sipario e i titoli di coda hanno iniziato a scorrere. In questo senso, per fortuna, siamo riusciti a collezionare grandissime soddisfazioni. Sul nostro schermo hanno infatti preso vita alcune delle migliori ultime stagioni di sempre che, in modo straordinario, hanno consegnato alla storia delle Serie Tv drama impeccabili, capaci di concludere la propria storia in modo sensazionale. E, facendo un po’ i conti, possiamo dire che gli esempi in questo caso sono davvero tanti. Ed eccoci qui, pronti ad analizzarli.

Da Succession a Mr.Robot e Breaking Bad: ecco le 15 migliori ultime stagioni delle Serie Tv drama. Attenzione: non è una classifica e non sono valutati qui i finali in senso stretto, ma le ultime stagioni nelle loro totalità

1) I Soprano

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Tony Soprano in I Soprano

E’ la Serie Tv drama per antonomasia, il cult HBO destinato a rimanere eterno ancora e ancora. I Soprano non ha avuto bisogno di tempo per consacrarsi come un capolavoro. Lo era già con la sua prima stagione, e lo è stato ancora una volta con la sua ultima. Il suo cammino non è mai stato intralciato, presentando al pubblico una produzione in cui ciò che conta, alla fine, è ciò che ti porti dentro. La salute mentale è infatti stata qui raccontata in modo straordinario, mostrandoci la gabbia interiore di Tony Soprano. Prima di essere un gangster, era un uomo con annessi e connessi. Una mente spremuta fino all’ultimo seme. Era Tony Soprano, un uomo tormentato, vittima e carnefice di se stesso e di una famiglia disfunzionale in cui il il più debole è visto come carne da macello.

La scrittura del personaggio non si è mai fermata. In costante evoluzione, l’ultima stagione ci mostra un Tony Soprano diverso, più riflessivo e consapevole di sé e del peso della sua vita. L’ultima stagione della Serie Tv HBO ci mostra infatti cosa significhi davvero scrivere l’evoluzione di un personaggio. Tony è, fin dalla primissima puntata della sesta stagione, cambiato.

Ed è proprio nel suo volto che comprendiamo il significato di questa ultima stagione. Tony non è più l’uomo di un tempo. Ha accettato la sua natura vulnerabile. Con quel finale incerto, I Soprano giunge alla fine rammentandoci ancora una volta che niente è scontato, e che anche un boss, alla fine, non potrà mai conoscere certezze. Non importa quanto sia potente, o quanto non lo sia. Perché in quella tavola calda, che rappresenta il pericolo costante di un uomo che non può neanche andare a mangiar fuori senza perdere la vita, Tony forse muore. O forse, chissà, rinasce. D’altronde, Don’t Stop Believin‘.

Ma, prima di ogni cosa, in questa ultima stagione, Tony è maggiormente attaccato alla vita. Ne riconosce il valore, e lo mette in atto in modo anche vulnerabile, condizione da cui spesso è scappato ma che invece adesso accoglie e accetta. Perché l’ultima stagione de I Soprano, conclusa da un finale straordinario che ci lascia appesi a un filo, è questo: il risultato di ciò che Tony è diventato dopo gli ultimi anni della sua vita. Il risultato di cosa è stata, alla fine, la terapia per lui. Che neanche ci credeva.

Il saluto di un uomo, e poi di un boss con le mani sporche di sangue. Il viaggio dell’ultimo atto si distingue così per due diversi livelli. Da una parte quello onirico, e dall’altro quello terreno. Ogni cosa viene dunque qui supportata dalla magia della coerenza, dalla straordinaria scrittura di una Serie Tv che fatto dell’evoluzione la sua grandissima rivoluzione.

2) Succession

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Succession

Che viaggio straodinario, Succession. La Serie Tv HBO ha dimostrato, in modo pragmatico ma sublime e raffinato, che per un grande capolavoro non occorrono sentimenti. Non sempre, almeno. D’altronde, nessuno dei protagonisti ci ha intenerito con i suoi valori, con la guardia alta nei confronti del codice morale adeguato da seguire nel corso della vita. Tutto quello che abbiamo di loro sono le ambizioni, le loro uniche ricchezze. In una corsa alla successione, ogni protagonista ha fatto quel che meglio sapeva fare: scavalcare l’altro. Poggiargli un piede sulla testa, pur di raggiungere il traguardo. E neanche per un istante, durante l’ultima stagione, qualcuno ha pensato di correre in modo più pacato. Hanno corso tutti alla medesima velocità, cercando di arrivare per primi alla strada che la morte del padre aveva aperto.

Perché anche nell’ultima stagione, una cosa difficile come il lutto, diventa un’occasione per provare a prevalere sull’altro. L’apertura definitiva del cancello delle opportunità. Succession, d’altronde, non ha mai confidato nel potere dell’evoluzione dei personaggi. Al contrario, la quarta stagione dimostra che non sono loro a essere cambiati, ma siamo noi ad averli conosciuti finalmente a fondo. Loro sono sempre stati gli stessi. Ambiziosamente tossici e avidi, concentrati sempre e solo sulla poltrona del padre. Lo sono talmente tanto da dare per scontata la ricchezza, tanto da sperperarla solo dietro al superfluo.

La utilizzano per cose materiali, per poter vivere in una comodità che gli appare dovuta, scontata, naturale. E questa quarta stagione lo sa, che sono sempre gli stessi. Che non empatizzeremo con loro neanche quando, di fatto, saranno orfani di un padre. D’altronde, non sanno che cosa dire neanche quando al funerale bisogna scomodare delle parole vulnerabili, quantomeno sentite. Ma non sentono niente. Perché l’ultima stagione, come nel caso di I Soprano, scomoda ancora una volta la magia della coerenza. Sono sempre gli stessi, cinici e distaccati. Non basta la morte di un padre, per riscoprire la debolezza. Non gli basta neanche quando, dall’altra parte del telefono, c’è un padre morente. E a cui loro, ancora una volta, non sanno dir nulla. Anche perché, dal canto suo, Roy non gli ha mai insegnato ad amare.

La quarta stagione di Succession dimostra così ancora una volta che non esistono vittime, ma solo cattivi. Spietati inidividui che non sono mai stati padri, figli o fratelli. Sono sempre stati fini a se stessi. Hanno voluto bene solo al potere, la loro unica grande ricchezza. Perché per il resto, sono poveri. Gli importa poco, forse neanche lo sanno. Ma sono poveri. E nello stesso modo, questa quarta stagione ci dimostra che anche per loro, al momento della morte, non vi saranno parole o lacrime. Moriranno da soli, senza un fratello che li pianga o un vecchio amico che si commuova ripensando a loro. Perché i Roy non sono amici di nessuno. E mai nessuno potrà esserlo di loro. E questa quarta e ultima stagione ce lo ricorda ancora una volta, dimostrando che quando la ricerca del potere giunge al termine, ogni protagonista sente di aver perso tutto quello che aveva.

3) Better Call Saul

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Better Call Saul

E’ uno dei migliori spin off della storia (qui la nostra classifica), la produzione che più di tutte ci ha dimostrato che non per forza bisogna avere paura dei ritorni. Better Call Saul ha saputo essere Breaking Bad, ma ha saputo essere anche qualcosa di a se stante. Risorgendo delle vecchie ceneri, la serie ha infatti dato vita a una propria identità finendo per diventare qualcosa che andasse oltre la prima opera.

Nello stesso modo, Better Call Saul è riuscita anche a concludere il cerchio di Breaking Bad, chiudendo definitivamente una delle ere più importanti della serialità. Il cerchio disegnato nel 2008 viene infatti perfettamente chiuso nel 2022. Il protagonista di BCS si era presentato nell’opera madre mostrandoci la sua maschera, e invece eccolo qui – adesso – con tutto quello che si nasconde dietro. Lo conosciamo, ma soprattutto conosciamo qualcosa di più come Jimmy, un uomo in perenne conflitto con se stesso.

Jimmy, nell’ultima stagione, ripensa a tutto. Per tale ragione, la sesta rappresenta un punto altissimo sia di Breaking Bad che di Better Call Saul. Negli ultimi episodi, infatti, il protagonista avrà modo di riflettere, di diventare parte integrante della pesantezza dei suoi pensieri. I reati di cui si sentirà colpevole, d’altronde, andranno ben oltre quelli di stampo legale. Saul avrà infatti modo di affrontare un viaggio che lo farà sentire colpevole anche di reati morali. La sesta stagione è d’altronde di una profondità straordinaria. Saul vuole essere una persona migliore, ma non solo per se stesso. Vuole esserlo soprattutto per Kim, la persona che più di tutte ha sofferto per i suoi errori.

Non esistono ultime stagioni felici quando si tratta di Vince Gilligan. Non c’è stato per Breaking Bad, non c’è stato per Better Call Saul. Ma c’è un barlume di speranza acceso da una sigaretta. Quella che condividerà con Kim, alla fine dell’ultima tormentata stagione. Disperate, riflessive: le ultime puntate di Better Call Saul sono il momento di silenzio che Saul ha accolto, il perfetto istante che accade a tutti quando, a un certo punto, ci si ferma per pensare a quanto fatto nella propria vita. Scoprendo che cosa sia vinto e cosa, invece, si sia perso.

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