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Ragazzi, sembra proprio che non riusciamo a reggere più di un’ora a episodio

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Il mondo delle serie tv ha le sue regole. Per esempio, la durata degli episodi. Le comedy durano in media dai 20 ai 30 minuti, mentre i drama si aggirano tra i 40 e i 60. Come ogni mondo governato da regole però esistono le eccezioni. Basti pensare a Una mamma per amica che nelle sue prime 7 storiche stagioni superava i 40 minuti e nell’ottava addirittura i 90. O a Sherlock che viaggiava stabilmente sui 90 minuti.

Numericamente parlando, tuttavia, le serie tv oltre i 60 minuti sono davvero poche se messe a confronto con quelle che rientrano nel canone sopra menzionato. Quindi la domanda è sorta spontanea: siamo noi pubblico a non reggere oltre un’ora di episodio o c’è dell’altro?

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La prima considerazione nasce dalla contestualizzazione di quando si sviluppò il format della serialità televisiva. Pensiamo infatti a come era fruita la televisione e a come lo erano i suoi spettacoli in quegli anni. Siamo nell’immediato dopo guerra e questo nuovo strumento di intrattenimento muove i primi passi. Il tempo è scandito da fasce orarie che restano invariate fino agli anni ’80. Il grande sviluppo della televisione generalista e commerciale porta alcuni cambiamenti, ma sostanzialmente anche per il decennio successivo le indicazioni che regolano la durata delle puntate resta cristallizzata.

Le comedy dominano il pomeriggio mentre i drama si dividono, a seconda dei temi trattati, tra prima e seconda serata. C’è da considerare le inserzioni pubblicitarie che venivano al tempo inserite durante la trasmissione e la durata delle serie tv, con questi elementi aggiunti, copriva gli intervalli scanditi dai palinsesti. Le comedy della durata di 30 minuti rientravano perfettamente negli stessi spazi delle altre forme di intrattenimento pomeridiane: principalmente, i cartoni animanti. Mentre i drama presentati a due episodi alla volta permettevano di traghettare lo spettatore da un telegiornale all’altro durante la serata.

Non c’era spazio per formule diverse. Tutto doveva essere ricondotto a tali schemi e se questo non avveniva si ricorreva a tagli, a volte anche drammatici, di ciò che veniva messo in onda.

Questa considerazione ci porta al secondo aspetto rilevante: il cinema. Il mondo della celluloide infatti è stato determinante per stabilire la lunghezza delle prime serie tv. Se quelle più leggere, pomeridiane, avevano la necessità della brevità, quelle più “impegnate” si muovevano, seppure in modo ancora embrionale, nelle stesse acque dominate da un ben più grande predatore, il cinema appunto.

La durata di questo tipo di serie tv, infatti, copriva circa la lunghezza di metà film, permettendo quindi di non entrare in conflitto e confronto con un genere che dominava la scena e che non temeva, al tempo, alcun tipo di confronto. Con i film da cinema che duravano mediamente tra 90 e 120 minuti si considerò elemento limite la metà di questo tempo. Così facendo era possibile affrontare il pubblico con prodotti più fruibili e “veloci” rispetto a quanto si vedeva nelle sale e, solo successivamente, in televisione.

Dagli anni ’90 però cambia tutto. L’avvento di canali tematici e tv private, che omettevano gli spazi pubblicitari, permise di allungare i tempi di visione dei prodotti televisivi. Contestualmente il cinema è introdotto nella serialità televisiva. Precursore di tutto è Twin Peaks. A seguire Oz e I Soprano e via via tutti gli altri. Il mondo stava cambiando e con esso il pubblico. Piano piano la possibilità di proporre episodi seriali di durata maggiore viene considerata una strada sempre più percorribile perché la qualità delle serie tv aumenta. Questo incremento qualitativo diminuisce la forbice di distanza dal cinema permettendo allo spettatore di restare incollato più a lungo al televisore.

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Il pubblico si affeziona sempre più a questo prodotto. Di fatto noi addicted nasciamo in quel momento. Indipendentemente dalla nostra età.

Però come abbiamo detto all’inizio, salvo rare eccezioni, la durata principale delle serie tv segue ancora i dettami delle origini. Può essere che il processo sia lento e ancora in corso. E quindi solo fra qualche anno potremmo dire se effettivamente ci saremo abituati a un prodotto più “lungo” rispetto a quello attuale.

Spingendomi però in una riflessione personale, credo che, e questo sì, sta già avvenendo, sarà più il cinema a piegarsi a modalità seriali di produzione. I film Marvel, Star Wars sono solo alcuni degli esempi di come questo processo sia già in corso. La durata quindi delle serie tv non sarà più legata a una modalità fissa, come avvenuto in passato, ma sarà piegata solo alle esigenze di produzione e artistiche. Come da sempre per altro avviene nel mondo della celluloide.

Se certi prodotti daranno un ritorno maggiore all’interno di un certo range di minutaggio, questo verrà proposto. Laddove invece ci sarà più sperimentazione e contaminazione di prodotti artistici ci sarà la possibilità di assistere a serie tv di durata sempre maggiore. Come i 90 minuti di Sherlock. Alla fine quello che noi pubblico vogliamo è vedere soddisfatti i nostri appetiti seriali. Talvolta con un veloce e gustoso antipasto, tal’altra con una più lunga e impegnativa portata. Quello che conta, in ultima istanza, è poter allontanare la sedia dal tavolo soddisfatti e satolli.

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