Abbiamo imparato negli anni come anche le serie tv apparentemente meno “impegnative” siano in realtà in grado di affrontare tematiche filosofiche e morali. In maniera non indifferente per altro. E tra le tematiche più antiche del mondo, quello della morte è sicuramente il più tosto e il più complicato da digerire. La morte è un concetto tanto reale nelle nostre vite ma allo stesso tempo difficile da accettare e che ci lascia, il più delle volte, impreparati. All’interno di un panorama come quello seriale poi, volto principalmente all’intrattenimento, saper trattare di un tema così delicato non è un compito semplice.
Per questo motivo abbiamo deciso di celebrare oggi 7 serie tv che sono state in grado di affrontare l’argomento “morte” in maniera intelligente, sensibile e toccante: da quella morte scioccante in Scrubs a finale di Sons of Anarchy, dalla dolcezza di Futurama alla solitudine di Penny Dreadful.
Attenzione! L’articolo che segue contiene possibili SPOILER, vi consigliamo quindi di leggere con cautela e di recuperare queste serie tv filosofiche, bellissime e uniche.
1) Scrubs
Contrariamente alla categoria in cui viene da sempre inserita, Scrubs è molto più di una serie tv comedy. Nell’arco delle sue otto stagioni (nove chi?), lo show ci ha regalato moltissime emozioni, alcune delle quali ci hanno lasciato completamente a pezzi. Perché si tra ironia, scherzi e ingenuità, Scrubs era una serie tv in grado di affrontare anche tematiche non indifferenti come la morte.
Scrubs ci abitua ben presto all’argomento e, proprio come J.D., anche la nostra visione del mondo diventa via via sempre meno disincantata. La morte di Ben – il fratello solare di Jordan affetto da leucemia – rappresenta uno shock emotivo sia per noi che per un personaggio apparentemente cinico come il Dr. Cox. Paradossalmente è J.D. a reggere sulle proprie spalle tutto il peso e il dolore dell’accaduto, ormai “abituato” al ripetersi dello stesso scenario. “My Screw Up” è senza dubbio una delle puntate più intense dello show, in cui l’intera storyline di Ben ruota attorno da un lato all’idea della morte come evento inevitabile, dall’altro al senso di colpa e a quel bisogno, tipicamente umano, di razionalizzare ciò che non riusciamo a comprendere.
2) Lost
Il lasciarsi per poi ritrovarsi, lì alla fine di tutto. Questa è la morale finale di Lost, una delle serie tv filosofiche più profonde, complesse e stupende che avrete mai il piacere di vedere. Perché non è stato mai, contrariamente all’opinione comune, l’elemento sci-fi il centro focale di questa serie tv ma solo la cornice, dentro cui la vera vicenda ha luogo.
La storia di Lost non riguarda tanto il progetto DHARMA, il mostro di fumo, gli Altri o Jacob quanto il modo in cui i personaggi principali vivono l’Isola e ciò che rappresenta. Ognuno dei protagonisti, con il proprio trauma e il proprio dolore, rimane indissolubilmente legato all’altro, unito nel destino che li ha voluti tutti insieme lì sull’Isola. Siamo soli nella morte che ci raggiunge chi prima chi dopo, ma quei legami unici che abbiamo costruito.
Quel finale rappresenta allora la summa delle argomentazioni filosofiche affrontate dalla serie tv.
3) Penny Dreadful
Senza squilli di tromba o battaglie epiche si concludeva nel 2016 la terza stagione di Penny Dreadful, uno show tanto intenso quanto ingiustamente bistrattato. La serie tv con protagonista Eva Greeen portava in scena i personaggi più noti della letteratura gotica – dal mostro di Frankenstein a Dracula – con particolare gusto poetico e delicatezza narrativa.
Ed è sempre in virtù di questi due elementi che la serie tv dalle tematiche filosofiche trova la sua amara conclusione. Vanessa Ives è stata presentata fin dall’inizio come una donna dannata, destinata a non avere alcun lieto fine e, anche se ci siamo illusi a un certo punto della storia, abbiamo in realtà sempre saputo quale strada la stava attendendo. La morte, che accoglie nel suo abbraccio Vanessa, trova una donna che non ha mai smesso di lottare e che – anche nei momenti più oscuri – ha affrontato il proprio destino con stoica forza d’animo. Né l’amore né l’amicizia di compagni fedeli avrebbe potuto salvare Vanessa. La morte, nella serie tv, diventa sinonimo di solitudine esistenziale che, come un ragno invisibile ha tessuto sapientemente la sua tela attorno alla donna fino al suo ultimo respiro.
4) Six Feet Under
Impossibile non citare all’interno di un articolo sulla morte, la serie tv che forse più di ogni altra ha fatto della morte il proprio focus principale. Six Feet Under segue le vicende della famiglia Fisher, che gestisce un’attività decennale di pompe funebri. Il business dei Fisher si intreccia alle vicende personali dei membri stessi della famiglia: il rapporto tra i fratelli, l’infedeltà, la religione e la crescita personale.
Ogni episodio ruota attorno a un decesso, di cui i Fisher devono occuparsi seguendo gli affari di famiglia. Ognuno dei lutti però diventa motivo di riflessione da parte dei protagonisti che “usano” in tal senso la morte come mezzo per raggiungere determinate epifanie. Un tema ricorrente è la conversazione immaginaria che alcuni personaggi intrattengono con i defunti, come se questi fossero diventati detentori di verità oscure e impossibili da conoscere per i vivi.
Le tematiche prettamente filosofiche vengono affrontate dalla serie tv con innato surrealismo e dark humour.
5) Futurama
Forse uno degli episodi più tristi della storia della televisione, quello durante il quale piangiamo anche a venti anni di distanza. Fry ritrova i resti fossilizzati del suo cagnolino Seymour, un randagio che il ragazzo aveva idealmente adottato quando faceva il fattorino per Panucci’s Pizza. Attraverso una serie di flashback veniamo a sapere del rapporto tra i due e di tanti piccoli momenti di non trascurabile felicità.
In puro stile Hachiko, mentre Fry nel futuro si convince che Seymour deve averlo sicuramente dimenticato, vediamo come il cane non ha mai smesso di aspettare il padrone scomparso. La puntata si chiude infatti con una lunghissima scena in cui osserviamo Seymour in attesa del ritorno di Fry, sempre fermo nello stesso punto davanti la pizzeria per dodici anni prima di morire di vecchiaia. Quell’amore canino che non conosce limiti e che non si ferma neppure di fronte alla morte, trascendendo così il tempo e lo spazio.
6) This is Us
Non apparterrà magari alla categoria delle serie tv filosofiche ma quando si tratta di riflessioni sulla morte This is Us sa bene quali tasti toccare.
La saga familiare dei Pearson è una storia di vita vera costellata di tragedie, gioie, dolori, successi e amori. Tra passato, presente e futuro abbiamo la possibilità, per sei stagioni, di entrare anche noi a far parte di questa famiglia allargata, di questo variopinto dipinto di umana esistenza.
E se c’è una cosa che This is Us ci insegna quasi subito nel modo più brutale ma veritiero possibile è quanto la morte faccia profondamente parte delle nostre vite. Una verità che facciamo tutti fatica ad accettare, ancor di più quando ci colpisce senza preavviso e senza una ragione. D’altronde non c’è una ragione per la morte, arriva e basta proprio come accade in This is Us. Con la morte di Jack Pearson, una delle verità più vecchie del mondo fa il suo drammatico ingresso nella serie sottolineando la caducità delle nostre esistenze e come ogni singolo momento possa avere importanza e valore.
7) Sons of Anarchy
Tra filosofia e dramma shakeasperiano, Sons of Anarchy riflette sul tema della morte come espiazione dei peccati. Jax Teller – Amleto del ventunesimo secolo – decide di sacrificarsi per i propri “figli” esattamente come fece suo padre John: suicidandosi contro un camion in sella alla sua moto. La scelta di Jax sembra essere l’unica possibile, a conclusione di un percorso in cui la violenza, il sangue e la vendetta l’hanno fatta da padroni indiscussi. Cosa resta da fare al nostro protagonista dopo aver ucciso la propria madre, dopo aver perso la donna che ama?
Jax si fa martire incarnandosi in novello Gesù che compie il sacrificio estremo per i suoi apostoli e per le persone che ama. L’ultima episodio è ricco di parallelismi biblici, tutti indirizzati verso quell’ultima sequenza tanto tragica da risultare forse un po’ banale ma non per questo meno d’effetto.