4) Giornalisti (2000)
Una serie tv che avrebbe potuto raccontare il mondo del giornalismo italiano, ma che non ci ha creduto abbastanza. Giornalisti è stata trasmessa su Canale 5 ed è basata su Periodistas, un format spagnolo di successo. Al contrario, la versione italiana non ha ottenuto gli ascolti sperati e solo dopo quattro puntate è stata declassata dalla prima serata al pomeriggio, per poi essere cancellata al 13° episodio. La storia è incentrata sulla redazione de Il Cronista. L’attore Fabrizio Contri è Luca Ferrari, Valeria Cavalli veste i panni di Laura della Seta e c’è addirittura Rocco Papaleo. Il progetto propone un’idea con un potenziale notevole e tocca dei temi controversi, come la corruzione, la mafia e la malasanità , ma lo fa con superficialità e offre delle modalità che annoiano con la solita fotografia un po’ così, un accompagnamento sonoro non all’altezza, una recitazione forzata e dei dialoghi non particolarmente brillanti. Peccato, un’altra occasione sprecata per le serie tv italiane.
5) La principessa e il povero (1997)
Dal primo Fantaghirò (1991) a Caraibi (1999), Lamberto Bava ha diretto e prodotto per Mediaset una miniserie di genere fantastico dopo l’altra. Se Fantaghirò rappresenta un unicum nella serialità italiana ed è ancora considerata un cult, da Desideria e l’anello del drago in poi tutto si colora di trash. La principessa e il povero con Anna Falchi e Lorenzo Crespi è forse la miniserie di Bava meno conosciuta, nonostante non sia nemmeno la peggiore. Si tratta di una serie facilmente dimenticabile proprio perché non ha nessun merito: non può essere considerata un capolavoro del trash e tutto quello che vediamo ci sembra di averlo già visto da altre parti.
6) 48 ore (2006)
Chi di voi ricorda la serie con Claudio Amendola e Claudia Gerini che raccontava le storie della Sezione Catturandi della Questura di Genova? Probabilmente nessuno, considerando che già dalla prima puntata gli ascolti furono bassissimi. Il motivo dell’insuccesso potrebbe essere ascrivibile ai suoi intenti progressisti, a cui il pubblico di riferimento forse non era ancora pronto. La serie ha infatti delle caratteristiche innovative, come la regia ritmata e frenetica, le inquadrature all’americana e la fotografia cupa; anche la recitazione e le scene d’azione non sono male, il problema è la sceneggiatura. Se da una parte la realizzazione tecnica è qualitativamente superiore rispetto a molte altre fiction, dall’altra la trama propone delle dinamiche scontate e convenzionali. Lo sviluppo della storia è superficiale e i personaggi sono fastidiosamente bidimensionali. Un progetto ambizioso che scivola proprio sulla mancanza di impegno verso una delle componenti più importanti di una serie: la narrazione.