Diciamocelo: siamo inondati dalle serie tv. Se fino a qualche anno fa, prima della diffusione delle (sempre siano lodate) piattaforme streaming, seguivamo poche serie alla volta e impiegavamo mesi per finirne una, il consumo che ne facciamo adesso è sicuramente molto più veloce e continuo. La modalità di fruizione è cambiata, e se prima le serie ci arrivavano una o due puntate alla volta, con giorni della settimana dedicati a questa o quella serie, adesso buona parte delle stagioni vengono diffuse per intero. Ciò ci permette di guardarle tutto d’un fiato nel giro di quarantotto ore, e questo è un bene e un male contemporaneamente. Fatto sta che fruire delle serie in questo modo ci permette anche di seguirne di più, alternandole con la stessa velocità con cui cambiamo i calzini.
Vuoi per una questione di capacità di diffusione, vuoi per la velocità di produzione e le possibilità economiche, la stragrande maggioranza delle serie tv che guardiamo proviene dagli Stati Uniti. In realtà è sempre stato così, il mercato seriale e quello cinematografico degli USA giocano in un campionato diverso rispetto a quelli delle serie tv non americane. Ciò però non toglie che ci siano serie che davvero vale la pena guardare e che sono prodotte in Paesi che restano molto più umili degli States. Alcune di queste sono passate relativamente in silenzio a livello internazionale, altre hanno avuto la loro buona dose di successo. Fatto sta che oltre agli Stati Uniti c’è un mondo che aspetta solo di essere scoperto (e visto). Eccone un assaggio, con quelle che – almeno per me – sono le 5 migliori serie tv non americane degli ultimi 5 anni.
1. L’amica geniale (Italia)
In uno slancio di patriottismo, tra le migliori serie tv non americane non possiamo che partire dal Belpaese. Giocando in casa è molto più semplice riuscire a trovare serie tv che valga la pena vedere, anche solo per il fatto che sono statisticamente di più le serie italiane che ci passano sotto il naso rispetto a quelle provenienti da altri Paesi (USA a parte, ovviamente). Negli ultimi tempi la serialità italiana ha fatto dei bei passi avanti, e prodotti come Gomorra ne sono la prova provata. Ma la serie tratta dall’idea di Roberto Saviano non è l’unica che è riuscita a raggiungere un meritatissimo successo internazionale. È il caso di L’amica geniale, una serie realizzata dalla Rai in collaborazione con HBO (e sì, mio malgrado tornano gli Stati Uniti) andata in onda a partire dal 2018 e attualmente alla terza stagione. Tratta dall’omonima serie di romanzi di Elena Ferrante, la storia di Elena Greco e Raffaella Cerullo ha conquistato spettatori in tutto il mondo. Lenù e Lila sono due ragazze nate negli anni Quaranta in una Napoli che dà almeno tanto quanto toglie. Sono due bambine, e successivamente due giovani e due donne adulte, molto diverse, che fanno scelte spesso agli antipodi ma che sono comunque legate da un’amicizia molto profonda. Un sentimento che è di affetto ma anche di invidia, un amore/odio che fa crescere e sprona entrambe a migliorarsi. Chi è in realtà delle due la vera amica geniale? Secondo me la risposta è tutt’altro che semplice.
2. Sex Education (Regno Unito)
Ci sono serie tv non americane che sembrano americane. Lo sembrano così tanto da farci rendere conto che qualcosa non quadra solo quando uno dei personaggi esce in auto e comincia a guidare su quello che pare il lato sbagliato della strada. E invece no, siamo dalla parte giusta, perché siamo nel Regno Unito. Precisamente, nel nostro caso, in un paese nel bel mezzo del nulla, ancora più nello specifico al liceo Moordale (di nuovo, sembra davvero di stare negli USA). È qui che si svolgono le vicende di Sex education, una serie Netflix che ha visto la luce nel 2019 e ha attualmente all’attivo tre stagioni. Il protagonista è Otis Milburn, un adolescente ancora poco a suo agio con il proprio corpo che comincia a fare da consulente sessuale per tutti i suoi compagni di scuola. Non fatico a inserire Sex education in questa mia personale lista per due motivi. Il primo sono le tematiche. La critica al sistema scolastico e più in generale al modo in cui la società di oggi ancora vive la sfera sessuale, specialmente quella dei giovani, è un tema di cui non si parla mai abbastanza ed è più che giusto portarlo in auge con uno strumento come le serie tv, che possono facilmente arrivare a tanti. Il secondo sono le modalità con le quali questi temi sono trattati: Sex education fa centro perché è una serie leggera ma che riesce comunque a mettere in luce con forza i lati più marci di un sistema nel quale molte persone stanno strette. E dal quale è finalmente arrivato il momento di uscire.
3. Lupin (Francia)
Cosa ci fa un gentiluomo per le strade di Parigi? Forse fa affari, o forse passa qualche giorno di romanticherie con la sua dame. Sbagliato: ruba. La storia del ladro gentiluomo è già conosciuta ai più, ma Netflix l’ha portata sul piccolo schermo in chiave contemporanea con Lupin. Al centro della narrazione, a discapito di quanto si possa pensare prima di cominciare la visione, ci sono le gesta di Assane Diop, che ispira le sue attività poco convenzionali a quelle nientepopodimeno che di Arsenio Lupin. La serie conta (per ora) una stagione di dieci episodi, che è stata però suddivisa per la diffusione in due parti a partire da gennaio 2021, e ha raggiunto un successo diffuso a livello globale. Omar Sy ne è il protagonista, un personaggio carismatico che fa di tutto per ottenere giustizia (e perché no, anche un po’ di vendetta) per suo padre, accusato e condannato molti anni prima per crimini che non aveva commesso. Lo fa con metodi tutti suoi, che hanno una buona dose di illegalità ma altrettante classe ed eleganza. Assane è figlio di un padre morto ingiustamente e padre di un figlio che lo ammira e contemporaneamente ne sente la mancanza. La serie tratta argomenti importanti, primi fra tutti quello del rapporto fra genitori e figli e del razzismo, filo conduttore di una storia che si ripete nel tempo. E io non vedo l’ora di scoprire come andrà a finire.
4. La Casa di Carta (Spagna)
Siamo ancora nel mondo dei furti, e restando tra le serie tv non americane passiamo dalla Francia alla penisola iberica per un colpo ben più grande: una rapina alla Zecca di Spagna. È questo l’evento attorno a cui ruota La casa di carta, la serie che ha portato nel mondo la serialità spagnola; insomma ci voleva una banda di ladri rinominati con nomi di città per far capire alla comunità internazionale che non si parla spagnolo solo nelle telenovelas. Le vicende del Professore e di Tokyo, Nairobi, Berlino, Rio e compagnia sono cominciate proprio 5 anni fa, nel 2017, su Antena 3 anche se la diffusione e la fama internazionale sono arrivate nel momento in cui Netflix ne ha acquistato i diritti. La serie, che si è appena conclusa, conta in tutto tre stagioni, che sono però state suddivise in cinque parti secondo questa alquanto fastidiosa nuova abitudine che non ci fa capire se quella appena uscita sia una nuova stagione o solo una nuova parte della stagione passata. Fatto sta che La casa di carta ha avuto un successo forse inatteso, per alcuni immeritato, ma sicuramente enorme. Così come nella prossima serie della lista (lascio a voi capire quale), i personaggi sono forti perché non hanno nulla da perdere e sono stati scelti proprio per questo. Il loro background gli consente di rischiare il tutto per tutto e loro lo fanno, anche se per quanto ci si possa imporre di non far mai entrare la sfera sentimentale nelle questioni di lavoro (legali o illegali che siano), non è mai detto che ci si riesca.
5. Squid Game (Corea del Sud)
Ci sono casi in cui serie nate in contesti lontani dagli Stati Uniti e più in generale dal mondo anglosassone non solo riescono a raggiungere la fama a livello internazionale, ma occupano posizioni molto alte nelle classifiche delle serie più viste al mondo. È il caso di Squid Game, che ha portato in auge l’industria delle serie sudcoreana e che risulta fra i prodotti più visti del 2021, oltre a essere il migliore esordio su Netflix di sempre. La trama della prima stagione, dal finale aperto e molto probabilmente pronta a essere seguita da una seconda, è abbastanza semplice: a un uomo inondato dai debiti viene proposto di partecipare a un gioco che gli permetterebbe di vincere una cifra in grado di cambiare la sua vita e quella della sua progenie. Una volta arrivato al luogo predisposto si rende conto di essere in compagnia di centinaia di persone che come lui sono relegate, chi per un motivo e chi per un altro, ai margini della società. Ma soprattutto, si accorge del fatto che dal gioco al quale giocherà o si esce vincitori, o morti. Squid Game è stata al centro di un dibattito mediatico senza precedenti, sia per la riflessione sociale sulla quale si basa – quello delle differenze di status è un topic che condivide con buona parte della cinematografia sudcoreana – ma anche per quella sulla rappresentazione della violenza e sulla paura dell’emulazione. Nel bene o nel male purché se ne parli, e proprio questo dibattito ha continuato a stimolarne la visione. Ma il motivo per cui Squid Game è in questa lista non sono i metodi infantili che gli organizzatori del gioco usano per uccidere la gente, ma proprio il fatto che decidano di organizzare un gioco per farlo. E l’idea che le persone, messe davanti alla possibilità di uscirne, scelgano di continuare un gioco che dà poche possibilità di sopravvivenza, ma sempre qualcuna in più rispetto alla realtà in cui vivono.