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Perché le Serie Tv sono sempre più buie?

Le serie tv sono sempre più buie
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La vostra miopia implora pietà, mentre guardate certe serie tv? Ci vedete benissimo, ma a un certo punto non vedete niente lo stesso? Vi capiamo: il problema non siete voi.

Duccio Patanè lo sa. Lo storico direttore della fotografia di una delle serie tv che hanno segnato un’intera generazione, Occhi del Cuore, aveva le idee chiarissime. E lo evidenziò con le dure parole rivolte a Lorenzo: Hai capito che cosa ha detto René? Che la tua fotografia fa schifo. Io ti volevo dare una possibilità ma tu non l’hai saputa cogliere perché hai voluto fare una fotografia politica, ignaro del fatto che i muri sono caduti. Adesso è tornato il tempo di aprire tutto“. Il buon Duccio ne era consapevole: aprire tutto può essere una soluzione, talvolta. Certo, non parliamo di una fotografia granché raffinata e non è adatta a tutti i gusti, ma in compenso garantisce la salvaguardia delle diottrie.

Duccio, tuttavia, sembra non essere il riferimento più popolare tra gli attuali direttori della fotografia di una porzione significativa di serie tv e film.

Sapete perché? Perché non si vede più niente, in troppi casi. In sempre più casi, a dirla tutta. Da qualche anno a questa parte, infatti, sono in netto aumento serie tv e film che presentano scene o interi scenari caratterizzati da una fotografia sempre più cupa, tendente al buio. Un buio non più suggerito come un tempo, ma reale: un’azione che si muove nell’ombra per restituire maggiore realismo a contesti, situazioni e sensazioni provate, sacrificando tuttavia la nitidezza delle immagini. In poche parole: si arriva a doversi muovere alla cieca.

Un'immagine molto buia della seconda stagione della serie tv Silo
Credits: Apple Tv+

Se n’è parlato anche di recente, a proposito di una delle serie tv più in vista del momento: Silo. L’ambientazione, d’altronde, è quella che è: il gioiello di Apple Tv+ è ambientato sottoterra, all’interno di silo scarsamente illuminati. La seconda stagione, in particolare, ha creato più di un problema ai poveri spettatori, trovatisi in più di un’occasione a brancolare nel buio.

Un problema reale, ammesso anche dallo showrunner di Silo, Graham Yost.

L’autore, intervistato da TvLine, è stato sincero a riguardo: Ascolta, non lo difenderò. È solo il modo in cui funziona. E a volte le cose sembrano venire in un certo all’interno di una sala di montaggio buia. Quando abbiamo mostrato il primo episodio su un grande schermo a Londra, sembrava fantastico perché gli schermi cinematografici sono molto luminosi. Quindi incoraggio tutti ad aumentare la luminosità [a casa], e vedrete la differenza”.

In compenso, però, la terza stagione presenterà uno scenario in parte differente e sarà risparmiata la vista degli appassionati di Silo. Il problema, però, rimane: dobbiamo abituarci all’idea che le scene ambientate di notte o in ambienti bui siano così poco visibili? Forse sì, per ora. Sì, ma perché? Ci sono vari aspetti da considerare, utili per centrare il punto a proposito di situazioni differenti.

  • L’evoluzione delle tecnologie nel passaggio dalla pellicola al digitale.
  • Le scelte creative: è mutata la sensibilità artistica dei responsabili della fotografia.
  • I budget.

E allora? Dobbiamo davvero regolare diversamente la tv e “aprire tutto” sui nostri schermi per riuscire a vedere qualcosa? Facciamo un po’ d’ordine.

L’evoluzione delle tecnologie nel passaggio dalla pellicola al digitale

Una scena della famigerata Battaglia di Winterfell
Credits: HBO

Uno degli elementi chiave per evidenziare come serie tv e film si poggino sempre più su fotografie buie è legato all’evoluzione delle tecnologie. Un paradosso, sulla carta: un profano della materia potrebbe pensare legittimamente che avere a disposizione tecnologie migliori possa portare a un miglioramento globale della situazione. E in parte è vero: il problema, però, è che una certa fotografia necessita di tecnologie diverse. Ci riferiamo, in particolare, al passaggio epocale dalla pellicola al digitale.

Il punto è uno, su tutti: con la pellicola c’erano maggiori margini di rischio per avventurarsi in soluzioni oltremisura audaci. Non si poteva verificare in tempo reale come venissero le scene e non si poteva correre il rischio di doverle rigirare: sarebbe costato troppo. Di conseguenza, per dirla ancora con le parole di Duccio, si tendeva ad “aprire” quanto più possibile per avere la certezza che si potesse vedere nitidamente la scena girata, preservando allo stesso tempo la credibilità della scena. Anche se ciò comportava una nitidezza inferiore delle immagini.

Oggi, invece, col digitale si può focalizzare maggiormente l’attenzione sul dettaglio, dare sfogo alla vocazione artistico-narrativa di regia e fotografia e arrivare per questo a soluzioni del genere.

Soluzioni che si prestano al miglior device possibile, anche se spesso non è così: chi realizza un’opera non può controllare come guarderemo qualcosa. E visto che possono verificare in tempo reale come sta venendo una scena, hanno il controllo totale sulla resa estetica.

Il tema ha riguardato, nel tempo, serie tv del calibro di Severance (per fortuna, solo in situazioni sporadiche), Better Call Saul (succede, se hai un personaggio “allergico” all’elettricità che sta chiuso in casa illuminato da sole candele), ma anche Euphoria. Nell’ultimo caso, però, si parla di una serie girata su pellicola.

Se ne parlò più approfonditamente a proposito di una delle puntate più controverse delle serie tv negli ultimi anni: il terzo dell’ultima stagione di Game of Thrones. La famigerata Battaglia di Winterfell.

Tra i svariati elementi critici che portò con sé, uno riguardava la scarsa illuminazione di molte scene chiave. Da un lato abbiamo avuto uno degli episodi più ambiziosi e costosi di sempre, dall’altra l’impossibilità sostanziale di guardarlo nel miglior modo possibile. Il contesto ambientale ed emotivo giustificò la scelta: era stato messo in scena uno scenario apocalittico da fine del mondo, nel quale la “morte” stava avendo la meglio sulla “vita”. Tuttavia, che senso avrebbe sviluppare un kolossal se poi si è costretti a brancolare nel buio?

Fabian Wagner, direttore della fotografia, rivendicò la scelta senza riconoscere un errore a riguardo: “Personalmente, non devo sempre vedere cosa sta succedendo perché a volte si tratta più che altro dell’impatto emotivo”, disse in un’intervista rilasciata a Wired UK. E si spinse oltre, evocando ancora una volta una qualche responsabilità degli spettatori. Per usare un eufemismo, non attirò così le simpatie di una parte del pubblico della serie tv: “Game of Thrones è uno spettacolo cinematografico e quindi devi guardarlo come se fossi al cinema, in una stanza buia. Se guardi una scena notturna in una stanza molto illuminata, questo non ti aiuterà a vedere l’immagine correttamente“.

Si tratta solo di una scelta creativa, quindi? Non tutti ne sono convinti. Per esempio il Post, altra testata che si occupò approfonditamente della Battaglia di Winterfell e dei suoi problemi tecnici. Secondo esso, si potrebbe individuare una motivazione più pratica. Citiamo: “Un’altra risposta, più tecnica, è che il buio e le nuvole e la confusione sono un ottimo modo per dover mostrare meno comparse e meno effetti speciali, riducendo quindi i costi di produzione: la stessa battaglia ambientata in una tersa mattinata primaverile, probabilmente, sarebbe costata di più”.

Un frame tratto dal settimo episodio della prima stagione di House of the Dragon
Credits: HBO

Tre anni dopo la messa in onda della Battaglia di Winterfell, un prodotto direttamente collegato a Game of Thrones dovette affrontare le medesime polemiche: House of the Dragon.

La serie tv, prequel del celebre fantasy, replicò la scelta creativa della serie madre nel settimo episodio della prima stagione. Anche in quel caso, alcune scene, ambientate in contesti bui e caratterizzati da un’illuminazione notturna fin troppo naturale, risultarono piuttosto difficili da guardare. La posizione della HBO, tuttavia, puntò tutto sulle necessità vincolanti dell’orizzonte creativo-espressivo. Il network replicò così a uno dei tanti commenti ricevuti sui social: “Apprezziamo che ci abbia scritto a proposito della scena in notturna di House of the Dragon: Episodio 7 che appare scura sul tuo schermo. La luce attenuata di questa scena è stata una scelta creativa intenzionale”.

Inutile sottolinearlo: anche in questo caso la risposta non fu gradita granché da una parte del pubblico. E la sintesi è chiara: da una parte c’è una platea che intende guardare quello che vuole nel modo che preferisce, usando spesso e volentieri device inadeguati per vivere al meglio l’esperienza televisiva, dall’altra c’è un network che ritiene di aver offerto un prodotto di qualità. Di qualità, e soprattutto visibile. Visibile, tuttavia, solo a certe condizioni.

Diventa difficile uscirne, ma c’è chi ha offerto delle soluzioni, più o meno valide. Netflix, per esempio, mette a disposizione degli utenti un prospetto informativo nel quale indica come regolare la tv in caso di problemi del genere. E c’è chi, come Wired, ha concentrato l’attenzione sui migliori device da utilizzare per guardare al meglio certe scene. Lo fece, in particolare, a proposito della già citata Battaglia di Winterfell. In quel caso, si distinsero le modalità di retroilluminazione delle tv più diffuse sul mercato, distinguendo tra quelle retroilluminate a led e quelle coi pannelli oled: i secondi sarebbero più appropriati.

Insomma, la sintesi non lascia spazio a dubbi: non si torna indietro da qui.

Le scelte creative, rese possibili dall’evoluzione delle tecnologie, si spingono altrove rispetto al passato e necessitano di strumenti diversi per poter essere vissute al meglio. Non tutti però, sono d’accordo. Non parliamo solo del pubblico, ma anche di alcuni direttori della fotografia che vivono l’esperienza da spettatori, non senza celare un certo malcontento. Così, almeno, sottolineò Vulture in un articolo del 2023 dal titolo evocativo: “Anche i direttori della fotografia pensano che la TV sia troppo dark”. Chi ha ragione, allora? Duccio Patanè, ieri come oggi. Volete vederci qualcosa? Evitate la “fotografia politica”, non preoccupatevi delle bollette e aprite tutto senza risparmiarvi. Volete darvi un tono? Fate il contrario: optate per l’intimismo più estremo e chiudete tutto.

Si scherza, ovviamente. Ma solo fino a un certo punto.

Antonio Casu