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Sette celebri registi che avrebbero potuto dirigere le nostre Serie Tv preferite

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La prossima associazione esce dall’ambito della critica per ritornare in quello dell’associazione regista – Serie sulla base di una reciproca affinità.

HANNIBAL: UNA SERIE DI DAVID LYNCH

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David Lynch si è cimentato con le Serie Tv, e non c’è bisogno di ricordare come Twin Peaks si sia meritatamente conquistata un posto di rilievo tra le Serie che non si possono non vedere almeno una volta nella vita. Twin Peaks si può dividere in parti uguali, interconnesse e comunicanti tra loro, e queste parti sono l’indagine poliziesca con i suoi risvolti, i deliri allucinatori tipici del cinema di Lynch che si intrecciano con l’aspetto del paranormale, la musica di Angelo Badalamenti che con i suoi soffusi e ipnotici ritmi jazz fa immergere ancora più a fondo lo spettatore nella spirale della Loggia nera, e l’ironia che pervade la Serie Tv contribuendo a renderla deliziosamente grottesca.

In Hannibal, a parte l’ironia, questi elementi ci sono tutti. L’ironia viene rimpiazzata dall’elemento psicologico, indagato e sviscerato approfonditamente, che rende il rapporto Will – Hannibal cruciale e imprescindibile (oltre che meravigliosamente ben descritto, ma questo è un merito della Serie così com’è, e in questo senso il contributo di Lynch, per quanto immaginario, non potrebbe farla diventare più perfetta). Molto semplicemente Lynch si troverebbe perfettamente a suo agio a dirigere le atmosfere dark, allucinate, paranoiche e horror di Hannibal, sbizzarrendosi a tratteggiare quel nutrito corollario di psicopatici che animano gli episodi e danno il via ad una serie di rocambolesche indagini che sveleranno la realtà più inquietante possibile: il burattinaio di tutto e di tutti, dei serial killer come dei detective alla loro caccia, è sempre stato solamente uno, colui che si nascondeva dietro la maschera della scienza e dell’amicizia come fossero le spesse tende del suo studio, che in alcun modo possono far passare la luce.

In Hannibal manca l’elemento sovrannaturale, che è invece presente in Twin Peaks e nella cinematografia di Lynch, e forse è proprio questo a conferire alla Serie un’aura così inquietante: non c’è un nemico “altro da noi”, l’essere umano è il pericolo, ed è molto bravo a nascondersi. Questo aspetto non sarebbe un impedimento, ma anzi uno stimolo per un regista di questo calibro a spostare il focus dal paranormale all'”umano troppo umano” mantenendo quella visione straniata, allucinatoria e allo stesso tempo lucida e analitica tipica del suo cinema. La realtà sublimata di Twin Peaks si trasforma in realtà troppo cruda per essere vera, che finisce per essere rifiutata e sofferta dal protagonista Will, tramite tra i due mondi: quello degli psicopatici e quello delle persone “normali”, che tanto normali poi non sono. Se si dovesse condensare in una frase l’essenza di quel gioiellino che è Hannibal, si potrebbe dire “ognuno è uno psicopatico”. Frase che si adatta perfettamente anche a Twin Peaks, al cinema di Lynch e al personaggio che lui rappresenta.

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