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Sette celebri registi che avrebbero potuto dirigere le nostre Serie Tv preferite

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VIKINGS: UNA SERIE DI NICHOLAS WINDING REFN

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Nicholas Winding Refn (o NWR come si firmava nei suoi primi film) è un regista che ha subìto, dal punto di vista dello stile cinematografico, un’evoluzione paragonabile a quella degli organismi anfibi nei primi miliardi di vita della Terra; è passato dall’essere un regista molto vicino alle posizioni di Dogma 95 (camera a mano, solo luce naturale, niente scenografia, niente musica, assolutamente kaputt effetti speciali), come si può vedere nella trilogia Pusher, all’essere associato quasi istantaneamente con il manierismo cinematografico, sfornando in anni più recenti capolavori di stile e visivi che gridano all’estasi dei sensi (uno su tutti il suo ultimo film, The Neon Demon).

È un uomo del Nord, e nei suoi film si percepisce, in grado di unire perfezionismo stilistico ad analisi introspettiva mai esagerata, accompagnandosi spesso ad attori che condividono il suo background culturale e che sanno dare vita ad un personaggio senza indulgere nell’espressionismo recitativo (uno su tutti il suo attore feticcio per anni Mads Mikkelsen). È un regista di immagini, non di parole, e questo si nota nel film che per il tema trattato lo accosta più direttamente a Vikings, Valhalla Rising, un road movie vichingo che affronta i temi della conversione al cristianesimo, del sacrificio e dell’antieroismo, con protagonista il silenzioso guerriero interpretato da Mikkelsen.

In Vikings i temi appena citati sono cruciali, e l’avvicinamento di Ragnar al cristianesimo in seguito all’amicizia nata con un monaco rapito durante una scorreria restituisce sullo schermo e analizza una dinamica storica più volte affrontata ma che non smette di essere attuale: possono due culture così diverse convivere, non solo a stretto contatto, ma addirittura nella stessa persona? Una delle due dovrà soccombere per cedere il passo all’altra? Noi sappiamo che il cristianesimo ebbe la meglio sul culto norreno, ma nonostante ciò uno dei punti di forza della serie nonché il collegamento con la filmografia di Refn è come questo contrasto lavora l’animo umano, trasformando anche il più forte e sicuro degli eroi in un personaggio pieno di dubbi, ritorto su se stesso, la cui inappagabile sete di conoscenza e di avventura diviene una condanna dal momento in cui lo porta in contatto con la dottrina che lo cambierà per sempre.

Refn saprebbe sicuramente come risolvere uno dei difetti della Serie Tv, che come The Walking Dead tende a volte a girare su se stessa e a riempire il vuoto delle idee con le parole, che però non sempre restano dentro l’animo dello spettatore; i silenzi, gli estenuanti silenzi conditi di inquadrature e colori mozzafiato (la fissa di Refn per le luci rosse potrebbe dare alle scene di battaglia di Vikings un’aura onirica della levatura di Alexander di Oliver Stone) a volte possono essere più appropriati delle parole, e lasciano nello spettatore l’urgenza di capire cosa si agita nella mente e nell’animo del personaggio. Questa battaglia psicologica, inevitabilmente, porterà ad un sacrificio: prima che umano, di fede, di cultura, di alleanze e amicizie, ma saprà anche essere collante per un nuovo futuro condiviso.

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