È stata dura. E sicuramente più di qualcuno di voi riceverà un brutto colpo, ma dopo lunghe riflessioni e notti insonni incrociando l’asse delle ascisse con quella delle ordinate siamo giunti a questa solenne conclusione: la classifica delle 10 serie tv sopravvalutate secondo il pubblico italiano ora è pronta a mostrarsi ai vostri occhi.
Di premesse da fare ce ne sarebbero moltissime, ma per quanto è nelle nostre possibilità ci teniamo a far presente alcune considerazioni che di certo non ci sono sfuggite, e sulle quali abbiamo attentamente riflettuto nello stilare questa classifica.
In primo luogo è bene ricordare che ‘serie tv sopravvalutate’ non è affatto sinonimo o lontano parente di brutto show. La sopravvalutazione, come i migliori dizionari d’Italia ci indicano, è una valutazione che eccede, attribuendo un valore eccessivo a discapito di quello reale. Una volta compreso questo, il resto è tutto in discesa.
Non sono solo le serie tv considerate carenti dal punto di vista qualitativo a subire una sopravvalutazione, anzi, molto più spesso capita invece di sovrastimare un prodotto televisivo già di alto livello conferendogli qualità che di certo gli appartengono ma non in quella sconsiderata misura.
Ben consci di ciò, incrociando i dati del livello percepito di sopravvalutazione rispetto all’effettivo potenziale della serie, abbiamo creato questa classifica che pone nei gradini più bassi show il cui scarto tra i due punti è minore, e nei gradini più alti serie tv la cui distanza tra qualità effettiva vs. qualità percepita si fa sempre più maggiore con il progredire della classifica stessa.
Di show considerati veri e propri ‘capolavori’ ce ne sono moltissimi, ma siamo davvero sicuri che effettivamente tutti meritino di scomodare quella parola lì?
Hype disilluso e una supervalutazione senza precedenti sono i fedeli compagni di questo viaggio alla scoperta delle 10 serie tv sopravvalutate secondo il giudizio del pubblico italiano. Non ci resta che scoprirle!
10) Black Mirror (S.4 -5)
Se siete sorpresi di trovare Black Mirror all’interno di questa classifica posate le armi… perché molto probabilmente la pensiamo allo stesso modo.
Ultimo posto in classifica, e il motivo non è affatto casuale.
Black Mirror è una bellissima serie tv innovativa, intelligente e ben fatta sotto ogni punto di vista, un prodotto soddisfacente come non se ne vedevano da molto. E allora perché ne stiamo parlando in questa sede?
Di appuntabile non ci sarebbe da dire nulla, se a quel progetto perfetto chiamato Black Mirror non si fossero aggiunte le ultime due semi-disastrose stagioni.
Le attendavamo da tempo, l’hype era alle stelle e non si parlava letteralmente d’altro. Chissà cosa si inventeranno questa volta, quali nuovi mostri della nostra società ci troveremo ad affrontare, quali sinistri sentimenti Black Mirror riuscirà a far prevalere nei suoi 40 minuti di perfezione. Tutto fiato sprecato.
Netflix sgancia la bomba, presentandoci una quarta e poi una ancor peggiore quinta stagione del tutto snaturate dal progetto iniziale dell’acclamata serie antologica inglese: due stagioni che con le precedenti hanno ben poco a che fare e pochissimo da dire.
Svanita la capacità di sorprendere, di Black Mirror non ci rimane più nient’altro se non un miraggio sbiadito di quella che una volta fu una gran serie.
A essere sopravvalutati in questo caso sono stati proprio gli ultimi due capitoli che, figli di aspettative altissime come quelle ottenute per le prime tre stagioni, hanno invece disilluso ogni più roseo auspicio rivelandosi nettamente inferiori qualitativamente.
Legati come eravamo a uno show in grado di tenere incollati allo schermo e non deludere mai, una volta fatti i conti con la realtà quasi non volevamo crederci.
Nonostante gli sforzi della fanbase, che inutilmente ha cercato di rianimare l’animale morto che è diventato Black Mirror nelle ultime 2 stagioni, producendo lo stesso eco mediatico che si era creato per le precedenti, purtroppo non c’è stato niente da fare.
9) Freud
La aspettavamo come si aspetta il 10 del mese ma una volta arrivata sui nostri schermi, nonostante la calorosissima accoglienza, abbiamo preso coscienza che invece era un calesse.
La nuova serie Netflix ispirata alla vita del padre della psicanalisi Sigmund Freud è un ibrido tra un thriller e un fantasy con tinte decisamente dark. Scordatevi pure di vedere un biopic, quel che ci rimane dello psicanalista più famoso della storia è solo il nome e poco altro.
Un continuo gioco di sguardi tra sovrannaturale e reale si intreccia in una trama decisamente appesantita dalla pomposità di alcune interpretazioni e dal continuo mescolarsi dei generi.
Esoterismo, ipnosi e delitti sono gli elementi principali di questa serie che vede come protagonista Sigmund Freud nei panni di un ottocentesco Dylan Dog occupato a risolvere i crimini più efferati grazie all’aiuto di Fleur Salomé, il grottesco ritratto di Lou von Salomé.
Nonostante le altissime aspettative, poi disilluse, e una trama che incespica in più di qualche punto, Freud si rivela un successo assoluto, rimanendo in testa nella top 10 di Netflix dal giorno della sua uscita fino ad ora. Sebbene sia trascorso ormai un mese, e nonostante l’avvento de La Casa de Papel, la serie attualmente rimane ben salda in top 5 senza alcuna intenzione di volersi schiodare da lì.
Un successo clamoroso che sembra non rispecchiare le valutazioni dei critici che si rivelano tutt’altro che positive, votazioni da 2.8 a un massimo di 3.5, non di certo ciò che ci saremmo aspettati da una delle serie tv più chiacchierate del momento che invece si rivela piuttosto essere una delle serie tv sopravvalutate del momento!
Come molte delle più influenti serie tv sopravvalutate, Freud ci tiene incollati allo schermo, un po’ per il suo innegabile fascino esoterico e un po’ per la curiosità che ci incita a voler scoprire fino a che punto sarà pronto a spingersi.
8) Due uomini e mezzo
”Men men men men, mainly men men men!”
Una cantilena, una nenia infinita che ci riporta a un tempo lontano in cui le serie tv erano visibili solo attraverso i canali nazionali e quel soprammobile kitsch che oggi chiamiamo televisione.
Uomini, uomini, uomini sono gli indiscussi protagonisti di Due uomini e mezzo, una delle serie tv sopravvalutate più trasmesse dalla tv nazional popolare. Non esiste pomeriggio della nostra esistenza che non sia stato occupato dalla visione casuale di una puntata di Two and a Half Men, la celeberrima comedy andata in onda dal 2003 al 2015.
Volenti o nolenti siamo stati tutti spettatori delle vicende di Jake, Alan e Charlie, poi sostituito da Walden. Un trio carismatico, ma non abbastanza per poter competere con le sitcom in circolazione… ma chissà perché. Una serie oltremodo popolare a discapito della qualità che si aggiudica un 6-.
L’insistente programmazione italiana ci ha convinti che Due uomini e mezzo valga più del suo effettivo potenziale, traendoci così in un inganno di aspettative ogni volta disattese.
In prima visone e poi in replica, Due uomini e mezzo è stata ovunque e per moltissimo tempo, dandoci proprio l’errata impressione che tanto clamore sia dovuto a un’elevata concentrazione di qualità, cosa che, una volta allargato l’orizzonte della propria conoscenza in ambito comedy, si rivela essere ben più che un semplice errore di valutazione.
Comicità statica basata ossessivamente sulle medesime ripetizioni narrative: Charlie che fa un casino, Alan che non sa vivere e Jake che in tutto questo non ci capisce niente, il tutto condito da brevi interventi della madre despota e delle infinite conquiste di Charlie interessate al suo denaro e niente più.
Una serie che pur in seguito al cambio di Charlie Sheen con Ashton Kutcher nei panni del ricchissimo ma tenero Walden non merita comunque l’eccessivo clamore di cui si è vestita per tutti questi anni.
7) 2 Broke Girls
Discorso analogo è quello che possiamo fare per 2 Broke Girls, comedy che ha inflazionato i nostri schermi dal 2011 al 2017 con grandissimo merito dell’enorme spinta data dalla tv generalista che ci ha permesso, nonostante tutto, di ridere delle disavventure di Max e Caroline.
Una sitcom che talvolta non sembra avere né arte né parte e che certamente intrattiene ma senza regalarci la profondità di cui si fanno ormai da tempo bandiera le più note e amate comedy in circolazione. 2 Broke Girls ci regala una leggerezza sopra le righe che ci tiene alta l’attenzione senza però riuscire nell’intento di distinguersi dal marasma di sitcom tutte uguali in cui inevitabilmente affonda.
La trama ci ricorda qualcosa di già visto e già sentito: due ragazze che non potrebbero essere più diverse fra loro decidono di unire le forze per sbarcare il lunario. Tra debiti, insoddisfazioni e più di qualche incidente lungo la strada, le ragazze si trovano sempre a perdere tutti i soldi che sono riuscite a ottenere a inizio puntata, creando un circolo vizioso di gioie e dolori che han lo stesso sapore, come cantava Tiziano Ferro, ma in questo caso con nessuna connotazione positiva.
La ricorsività è certamente uno degli elementi che fanno di questa serie tv sopravvalutata un prodotto volto a lungo andare ad annoiare il pubblico, cosa che effettivamente si è verificata con l’ingente calo di ascolti che ha portato la produzione a cancellare la serie alla sesta stagione.
Nonostante tutto, chiunque abbia mai visto una puntata della serie televisiva non può che ricordare con affetto il cinismo di Max, la totale mancanza di qualsiasi senso pratico di Caroline, le imbarazzanti abitudini sessuali di Oleg, l’invidiabile stile dell’iconica Sophie. Così come tutti quegli altri personaggi che in un modo o nell’altro hanno reso questa serie godibile, nonostante gli evidenti limiti che fanno di questo show niente più che un prodotto di intrattenimento come molti altri, non all’altezza della fama che lo precede.
6) The End of the F***ing World
The End of the F***ing World è una bellissima serie. Qui lo dico e non sono di certo pronta a cambiare idea proprio in questa sede ma c’è un ma: non è un capolavoro.
La straordinaria fama raggiunta è frutto del sapiente piano messo in atto dagli sceneggiatori dello show che consiste semplicemente nel darci tutto quello che vogliamo.
Ragazzi stanchi e annoiati delle loro esistenze, apatici e provenienti da famiglie disfunzionali che non li capiscono, e non li capiranno mai.
Incazzati e sovversivi, la versione pop degli adolescenti problematici che avremmo voluto o che vorremmo essere. Belli e complicati, di quella bellezza che fa ‘tipo‘: egoista e sgarbata lei, strambo e spaventosamente silenzioso lui, eccentrici da manuale che non sanno o molto più probabilmente che fingono di non sapere di esserlo.
Due scappati di casa che sembrano essere appena usciti da un film di Wes Anderson. Giacchetta scamosciata oversize e camicia da boscaiolo, perfetti al punto giusto da darci veramente l’impressione che si tratti di un look casuale.
Palette nei toni del beige e atmosfera anni ’90, il tutto condito da una colonna sonora pazzesca che racchiude pezzi folk, rock e blues dagli anni ’60 fino ai giorni nostri. Un culto per il vintage di cui siamo vittime e complici: ve l’ho detto, ci danno tutto quello che vogliamo.
The End of the F***ing World è così minuziosamente perfetta dal punto di vista estetico da farci perdutamente scordare della trama fino a convincerci che quello che abbiamo di fronte è un film d’autore in formato seriale anche se no, non è davvero così.
Un prodotto ben confezionato. Ma non scordiamoci che la confezione non fa l’opera e in questo caso è doveroso ricordarlo.
Mettereste davvero la mano sul fuoco giurando che anche senza la ben studiata ricercatezza estetica The End of the F***ing World creerebbe comunque lo stesso clamore?
Spoiler: credo proprio di no.
5) 13 Reasons Why
13 Reasons Why è una delle serie tv sopravvalutate più chiacchierate degli ultimi anni. Che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli, e Tredici riesce perfettamente nel suo intento dividendo a metà il pubblico tra chi la ama e chi la odia ma facendo chiacchierare sia l’uno che l’altro versante.
Questa serie tv poteva essere tante cose, i presupposti c’erano tutti, ma a eccezione della sola prima stagione il resto è descrivibile come un rimpianto protratto per 26 puntate di ciò che di bello si sarebbe potuto creare.
Uno show che parlasse apertamente di tematiche e problematiche giovanili, uno spunto di riflessione per gli adolescenti che potesse fornire un nuovo punto di vista a cui poter attingere nella vita comune, 13 Reasons Why poteva essere queste come molte altre cose, ma purtroppo così non è stato, o meglio: non del tutto.
La prima stagione ci ha letteralmente sconvolto presentandoci la storia di Hannah Baker raccontata attraverso l’ascolto di tredici cassette. Un inizio in pompa magna che ci fece presagire che quello a cui stavamo assistendo potesse essere uno show dagli intenti educativi che di certo avrebbe stravolto positivamente il mondo della televisione.
Nonostante vengano trattati numerosi temi delicatissimi quali il suicidio, l’autolesionismo, il bullismo e molto altro ancora, il risultato è una bozza di un discorso molto più ampio che ci sarebbe tutto il tempo di approfondire ma che purtroppo non viene mai affrontato adeguatamente.
Con il progredire delle stagioni, 13 Reasons Why perde la sua identità divenendo un teen drama dalle tinte thriller simile a molti altri show, perdendo così tutto quel carisma che avrebbe potuto renderla un’ottima serie tv.
Nonostante la serie abbia perso molto con il progredire delle stagioni, l’hype rimane sempre alto dividendo ancora una volta il pubblico tra chi è curioso di vedere come andrà a finire e chi è più interessato a shippare l’una o l’altra coppia lasciando decadere il reale senso dello show.
4) You
Ai piedi del podio troviamo You, una delle serie tv sopravvalutate più bingewatchate del pianeta. Ogni nuova stagione viene inghiottita in men che non si dica nel giro di un estenuante pomeriggio e ogni volta la domanda è sempre la stessa: ‘Che cosa ho appena visto?‘.
Scioccante, ansiogena e talvolta trash, You è tutte queste cose insieme e proprio per questo ci piace ancora di più.
Accendi Netflix e un attimo dopo stacca il cervello, senza farti domande o senza sforzarti di trovare delle risposte tra le righe. In You non ci sono righe e la realtà è un concetto del tutto relativo.
Ben consci di tutte queste limitazioni volte a salvaguardare la nostra salute mentale, You va presa così com’è, una serie di puro intrattenimento che non va affatto scambiata con un capolavoro di portata mondiale. Non esiste realtà dove questo possa mai rivelarsi anche solo possibile.
Se per serie tv sopravvalutata intendiamo una serie che produce un maggiore clamore mediatico rispetto alla sua effettiva qualità, You risponde perfettamente a questa richiesta aggiudicandosi un quarto posto più che meritato.
Buchi di trama, siparietti trash, dialoghi al limite della follia e masturbazione in HD, sono solo alcuni dei motivi che fanno di You uno show ben lontano dall’ideale di capolavoro che vorremmo.
La serie che ha spopolato in Italia, vuoi per il suo attore protagonista, già noto al pubblico nostrano per aver interpretato Dan in Gossip Girl, non smette comunque di far parlare di sé, riducendo le nostre pupille in poltiglia per le troppe ore trascorse dietro le imprese e i vaneggiamenti di Joe Goldberg.
Altissima popolarità non sempre è sinonimo di altissima qualità, e con buona pace di You e del suo affezionato pubblico, di cui io stessa faccio parte, in questo caso va benissimo così.
3) The Witcher
Presentata al pubblico come la Game of Thrones di Netflix, The Witcher si ritrova ad essere l’inconsapevole vittima di un atto di sopravvalutazione che ne ha preceduto l’arrivo e che insospettabilmente ne ha guidato il successo.
The Witcher è stata LA serie dell’inverno 2019, e nonostante al tempo non fosse ancora stata introdotta la classifica Netflix sono ben certa che abbia segnato il podio per molto più di un mese. Vestita di una popolarità più che tangibile, The Witcher ha inflazionato la nostra home di meme fino a farci uscire di testa.
Se non hai mai sentito nominare ‘Dona un soldo al tuo Witcher’ molto probabilmente non viviamo sullo stesso pianeta.
La serie basata sulla Saga di Geralt di Rivia di successo ne ha fatto, e pure molto, ma siamo proprio sicuri che tutto il clamore generatosi intorno allo show rispecchi effettivamente la sua potenzialità? Noi non ne siamo poi così sicuri.
Nonostante i maestosi effetti speciali, la trama rimane poco incisiva e decisamente confusa a causa del continuo intervallarsi delle tre differenti linee temporali che si danno il cambio a una velocità tale da non permette allo spettatore di poter seguire lo svolgimento della trama senza prima munirsi di carta e penna.
Se sul piano puramente estetico The Witcher può considerarsi un prodotto ben riuscito, altrettanto non si può dire della sceneggiatura, e questo è un problema decisamente più consistente di fronte al quale è difficile chiudere un occhio.
A criticare la serie più aspramente sono stati principalmente i gamer e i lettori della Saga, i quali ben consci di quello che avrebbero voluto vedere su schermo sono rimasti delusi da più di qualche inesattezza e insensatezza facilmente contestabile dai libri e dal videogame.
Un buon prodotto? Certo che sì. Un capolavoro? No di certo, non per ora.
2) Élite
Élite ha stregato il pubblico italiano come solo un’altra serie tv spagnola è riuscita a fare prima di lei. Seconda solo a La Casa de Papel, Élite diventa sempre più un fenomeno mediatico con il proseguire delle sue stagioni, una scalata verso il successo la cui fine non sembra prevista.
Un teen drama come tanti ma che ha dalla sua un cast dannatamente sexy e una certa propensione verso una rappresentazione dei suoi protagonisti tutta sesso, droga e Rock & Roll made in Spain.
Belli, ricchi e problematici, i nostri personaggi passano la vita a nascondere un omicidio sorseggiando un Martini seduti a bordo piscina, non senza qualche interruzione di tipo ludico, sesso o droga, a propria discrezione. Un mondo quello di Élite al quale il casto pubblico italiano non era di certo abituato, e che certamente può rivelarsi uno dei motivi che hanno reso questa serie tanto celebre anche in Italia.
A condire un quadretto già di per sé perfetto, è bene ricordare come all’inizio della prima stagione fossero presenti ben 3 protagonisti de La Casa de Papel: Jaime Lorente, Miguel Herràn e Marìa Pedraza, fornendo così ulteriori tre ottimi motivi per affezionarsi a questo teen drama tutto pepe.
Il fenomeno Élite ha scavalcato la concorrenza divenendo uno dei prodotti di punta della piattaforma streaming che la ospita, ma siamo davvero sicuri che meriti tutta questa audience?
Veniamo dunque alle note dolenti: Élite sa il fatto suo, e nonostante le aspre critiche rimane comunque un buon prodotto di intrattenimento ma per favore non parlatemi di qualità.
Confondere un successo di popolarità con un successo di qualità sarebbe come confondere il premio della critica con il primo premio al Festival di Sanremo. Certo, alcune volte succede pure che combaci lo stesso nome, ma non in questo caso, non con Élite.
Una trama ricorsiva e più di qualche errore di valutazione sono solo alcuni dei molti ostacoli che intercorrono tra Élite e la parola ‘capolavoro‘. Due rette parallele destinate a non incontrarsi mai, ma anche in questo caso non facciamone un dramma.
1) La Casa de Papel
Ebbene sì, primo posto! Delusi? Sollevati? Tristi? Pronti a combattere su questo o su quell’altro fronte? Tutti sentimenti più o meno accettabili di quella che si preannuncia essere una guerra infuocata che vede da una parte chi con convinzione urla al capolavoro, e dall’altra il resto del mondo.
Partiamo dal principio: La Casa de Papel è un’ottima serie tv, in particolare nelle prime due stagioni. Intrattiene, fa sorridere e talvolta ti lascia con il cuore in gola. Ci fa emozionare, ci fa svagare e tutto sommato compie egregiamente il suo lavoro di serie tv. Su questo non c’è alcun dubbio. Ha poi anche vari difetti, tra cui situazioni surreali e buchi di trama fin troppo evidenti, ma intrattiene eccome.
Adrenalinica e divertente, La Casa de Papel ha rivoluzionato il concetto di binge watching divenendo il prodotto più visto nella storia della televisione.
In soli due giorni dalla pubblicazione della quarta parte, la serie riscrive la storia di Netflix in termini di record, e dopo solo una settimana riscrive la storia del mondo televisivo. Un successo eclatante, clamoroso, ineguagliabile, dietro al quale si cela un’oscura verità a lungo taciuta: La Casa de Papel non è la serie tv più bella che sia mai stata creata. Facts.
‘Ma se è la serie più vista al mondo, un motivo ci sarà!‘
No, a volte accadono le cose più inspiegabili senza che si celi un qualsiasi motivo che ne attesti la qualità, perché in questo come in molti altri casi popolarità e qualità sono due termini molto diversi che raramente si equivalgono.
Per capirlo meglio facciamo un attimo un passo indietro: anno 2012 d.C., nel luglio di quell’anno un simpatico cantante sudcoreano in giacca e papillon ha raggiunto la popolarità mondiale con il brano Gangnam Style. Ve lo ricordate? Non uno, non due, ma ben 3,5 miliardi di visualizzazioni, e se non è questo un successo mondiale allora non so proprio cosa possa esserlo: la canzone sarebbe rimasta in vetta a YouTube per ben 5 anni, fino al 2017. Detto ciò: qualcuno si sognerebbe mai di dire che Gangnam Style sia la canzone più bella mai composta nella storia della musica? Sinceramente, credo proprio di no.
In Italia poi la serie in questione ha spopolato particolarmente, diventando il paese in cui è diventata più fenomeno mediatico in assoluto assieme alla Spagna e alcuni paesi sudamericani. Le varie canzoni italiane inserite specialmente nella quarta parte non hanno che aumentato la connessione Italia-La Casa de Papel, grazie a una furbissima mossa degli autori.
Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace, e non è di certo questa la prima volta in cui un luogo comune sa spiegare così limpidamente la realtà. Sopravvalutato, sottovalutato, mainstream o di nicchia, checché se ne dica il pubblico amerà sempre coccolarsi con i prodotti che più preferisce, non è forse questo il senso vero e proprio dell’intrattenimento televisivo? E se il pubblico vuole La Casa de Papel chi siamo noi per fermarlo?