4) Máquina: il pugile (Gabriel Ripstein, 2024)
Terminiamo con un gioiellino sudamericano che merita a tutti gli effetti di essere guardato. Disponibile su Disney+, Máquina: Il Pugile segue la storia di un pugile Esteban Osuna (Gael García Bernal) – sul ring, appunto, ‘La Máquina’. Il lottatore è in crisi. Gli resta solo un ultimo incontro per provare la sua stoffa di campione. Ma la sconfitta è, purtroppo, bruciante. La sua intera identità viene messa in crisi e questo lo porta a lottare, oltre con l’umiliazione, anche con i propri demoni. L’amico e manager Andy Lujan (Diego Luna) le prova tutte per riportarlo in vetta, per dargli una seconda possibilità di vittoria, di riscatto. Il tutto viene insaporito dalla presenza di una classica organizzazione criminale che tiene la vita del protagonista tra le sue grinfie.
Tra allucinazioni, ricordi e paranoia, il vero incontro è tra la percezione di Esteban per il reale e per l’illusione. Direttamente dalla produzione di Narcos, Gabriel Ripstein non è nuovo allo studio della psicologia umana, che qui prende letteralmente forma in adrenalinici incontri di box, la cui messa in scena è crudamente realistica. Ritornano altri temi sociali cari a Ripstein, ma anche alla maggior parte dei prodotti centro-sudamericani, ma allo stesso tempo universali. La disuguaglianza economica, la pressione delle aspettative familiari e l’importanza della comunità contribuiscono a dipingere la complessità dello scenario sociale in cui la narrazione prende piede. Non si tratta di un racconto alla Rocky, di trionfo qui non c’è un bel niente. Le sfumature della realtà, sebbene accostate alle allucinazioni, irrompono e mettono al tappeto. Ci si può rialzare, ma la batosta persiste.