3. Parlarne tra amici (Sally Rooney)
Sally Rooney è stata una delle scrittrici di punta dell’anno appena passato, la voce lucida e dissacrante di una generazione che fa finta di parlare tanto e sentire poco ma che, in realtà, si trova spesso a sentire tutto troppo. Le canzoni, le parole, i sentimenti più affilati. In attesa di vedere che ne sarà della resa televisiva del suo Persone normali (curata dalla BBC e prevista per la primavera), direi di provare a immaginare, anche solo per un attimo, a una riscrittura seriale dell’opera d’esordio, Parlarne tra amici. La storia aiuta parecchio, diciamolo: al centro del racconto si stagliano Frances e Bobbi, la prima è una studentessa al terzo anno di università, impigliata nelle sue turbe e in una vita che non sembra proprio intenzionata a sorriderle, la seconda è un’anima allegra e spigliata, è tutto quello che l’amica (nonché ex fidanzata) non è o non riesce ad essere.
I loro mondi si muovono in sincrono, scanditi dalle parole con cui si fanno scudo nelle improvvisazioni parlate in un bar di Dublino.
Lo stesso bar dove incontrano Melissa e Nick, che stanno insieme per noia, per dovere, per abitudine. Le due parti si incrociano in un pericoloso gioco di trappole, seduzioni e cinismo, l’ingenuità dei vent’anni e la malinconia di chi quegli anni non ce li ha più e vede le cose con occhi diversi. Lo stile insolito della Rooney, l’apparente semplicità di una penna che non ha bisogno di virtuosismi per farsi apprezzare, un incastro di eventi che riescono a catturare il pubblico senza mai svelarsi del tutto, pur essendo prevedibili: i presupposti per uno script di qualità ci sono tutti.
Unico avvertimento: cercare in ogni modo di non appigliarsi a riferimenti troppo palesi a precedenti serie tv su libri che di questi personaggi e di questi intrecci se ne sono riempite le tasche. Il rischio copia carbone è dietro l’angolo e sarebbe un peccato sprecare un’occasione del genere.