Quando si pensa alla Svezia, e alle serie tv svedesi, di solito le prime immagini che affiorano alla mente sono quelle di foreste incontaminate, laghi azzurri e splendenti, arcipelaghi remoti in mezzo al Mar Baltico, pietre runiche e due fenomeni spettacolari della natura: l’Aurora Boreale e il Sole di Mezzanotte. E poi ci sono i premi Nobel, Stoccolma, le alci, le girelle alla cannella, i whisky alla betulla. Per non parlare del Surströmming (aringa fermentata capace di mettere a dura prova anche i palati più intrepidi). Ma è tutto qui?
Ovviamente no. Questa meravigliosa terra ci ha anche regalato alcune produzioni televisive di alto livello e alcuni attori incredibili, basti pensare a Stellan Skarsgård (Dune, Pirati dei Caraibi, per fare due esempi) o il figlio Bill Skarsgård (IT, The Crow, in uscita in Italia ad agosto 2024), oltre a scrittori come Stieg Larsson ed Henning Mankell, diffusori di un intero genere letterario, quello del poliziesco nordico, i cui libri sono stati convertiti anche in film e telefilm.
Quindi, se vi ho incuriositi almeno un pochino, posso partire con la selezione delle 5 serie tv svedesi, prodotte e ambientate in Svezia che potete trovare all’interno del catalogo Netflix.
1) Una tra le Serie Tv svedesi più note è sicuramente Clark
È proprio il bravissimo Bill Skarsgård il protagonista di questa miniserie biografica di sei episodi del 2022, che lo vede nei panni di Clark Olofsson, il più famoso criminale della storia svedese, noto per aver ispirato la classificazione della così detta “Sindrome di Stoccolma”.
Clark è un eccentrico, un personaggio contorto e contradditorio, perennemente fuori dagli schemi e sopra le righe sin dalla sua adolescenza: il momento in cui inizia a compiere azioni illegali, tra le quali truffe e rapine, insieme ad una banda di ragazzi della sua età. È un tipo sveglio, astuto, intelligente. Innumerevoli volte viene arrestato da un’imbranata polizia svedese, ed altrettante volte riesce a fuggire, a evadere, in pianificazioni sempre più geniali e rocambolesche. Ma è anche molto affabile, soprattutto nei confronti del sesso femminile con il quale riscuote sempre un grande successo.
Nel corso della storia, che si svolge negli anni ’60 e ’70, lo vediamo crescere e diventare uomo, sposarsi e separarsi, rubare e scappare. Lasciare la Svezia e poi ritornare. Una vita inquieta e agitata, all’insegna dell’anarchia in un climax ascendente che raggiunge il suo apice nel quarto episodio, dedicato alla rapina della Banca di Norrmalmstorg a Stoccolma nel 1973. Durante questo avvenimento gli ostaggi e il rapitore instaurano un rapporto affettivo distorto, proprio a causa del comportamento atipico di Clark, sempre gentile e amichevole. Ed è così che gli psicologi riescono a dare il nome a un disturbo ben preciso della psiche umana: Sindrome di Stoccolma.
Insomma, sarà l’interpretazione magistrale di Bill Skarsgård, sarà che il protagonista è divertente, audace, libero da qualsiasi regola (come ognuno di noi a volte vorrebbe essere), ma si giunge alla fine della visione di questa miniserie incapaci di detestare anche solo per un secondo questo personaggio affascinante e unico nel suo genere.
2) The Playlist
Se vi diciamo due nomi: Daniel Ek e Martin Lorentzon qual è la prima parola che vi viene in mente? Come Clark, anche The Playlist è una miniserie svedese di sei episodi del 2022, (ne abbiamo parlato qui) ispirata alla storia vera dei due fondatori della piattaforma musicale più rivoluzionaria e utilizzata di tutti i tempi: Spotify. Siamo nel 2004 e un giovane programmatore autodidatta, Daniel Ek, si candida per una collaborazione lavorativa con Google, la quale però lo rifiuta perché privo di un attestato di laurea.
Sarà questa la scintilla che accenderà le ambizioni di Daniel, il quale si troverà ad affrontare tantissimi ostacoli prima di riuscire a realizzare il suo progetto (per altro molto socialista, quindi molto svedese) di una musica gratis e accessibile a tutti indistintamente.
La serie è veramente ben costruita e l’idea di dedicare ogni puntata a un argomento o a un personaggio specifico – dal programmatore (Andreas Ehn), all’avvocato della start-up – è molto interessante. Così come sono perfettamente approfondite alcune tematiche importanti: come l’atteggiamento conservatore delle ricchissime case discografiche, lo scontro generazionale tra vecchio e nuovo, il lavoro di squadra, lo sfruttamento degli artisti e il conseguente attivismo.
Questo in particolare ci racconta un futuro ipotetico in cui un’artista e amica d’infanzia di Ek, pur avendo migliaia di ascoltatori su Spotify e pur esibendosi in diversi locali, non riesce a pagare le spese essenziali, come l’affitto di casa. Un problema serissimo, quello della remunerazione adeguata dei musicisti, che ancora oggi crea dibattito e sdegno. Che Daniel Ek alla fine abbia fallito?