Serie tv trash, un tempo, era stretto sinonimo di spazzatura: infatti, il significato letterale del termine inglese che utilizziamo come etichetta per un certo genere di programmi è proprio questo. E se pensiamo che nella categoria rientrano serie come The Lady, dove le frasi di spicco sono completamente nonsense (“elevata, vorrei agguantarla”) e la trama è inesistente, è difficile trovarsi in disaccordo. Ma la categoria delle serie tv trash non racchiude solo i peggiori titoli che possano venirvi in mente. Sotto questa etichetta troviamo anche opere d’altissimo livello come Misfits, o Shameless, che appartengono ad un mondo completamente diverso da quello delle serie citate in precedenza: loro utilizzano il trash in maniera consapevole, facendolo diventare veicolo preferenziale per trasmettere emozioni e idee al pubblico.
Occorre dunque dare uno sguardo alle differenti tipologie di serie tv trash per capire come una parte di esse sia diventata un vero e proprio genere televisivo.
Le produzioni citate nell’introduzione ci consentono di individuare tre filoni distinti di serie tv trash. Nel primo caso, quello di The Lady, ci troviamo davanti a un lavoro con grandi lacune sotto ogni punto di vista: che si tratti di trama, scrittura dei personaggi, dialoghi o sceneggiatura, c’è sempre qualcosa che non funziona. La serie è conosciuta proprio perché raggiunge l’apice del trash, di quel trash più rozzo e insensato che conduce a un vicolo cieco. Questo tipo di trash sembra quasi una parodia e il problema è proprio che non lo è. Allora ci si guarda un episodio, si scuote il capo davanti alle assurdità, si ride anche, ma non ci si porta a casa niente dalla visione.
Poi c’è il caso di Pretty Little Liars e Riverdale (altri esempi possono essere Emily in Paris o Élite), che ci mostra un trash godibile, a volte esagerato e stancante, però inglobato in serie tv che può risultare piacevole seguire, che si cercano quando si ha voglia di guardare qualcosa di leggero e staccare un po’. Il livello di scrittura magari non è eccelso, i personaggi non sempre sono a tutto tondo, però il ritmo è spesso incalzante, le dinamiche accattivanti. Eppure, in questi casi il trash non è comunque sfruttato al pieno del suo potenziale e a volte diventa ridondante.
In questo senso, è emblematico il caso di Bridgerton, la cui prima stagione sembrava far leva sul trash come ingrediente principale, per poi decidere di abbandonarlo quasi del tutto nella seconda stagione e rivelandosi una serie migliore, sia dal punto di vista della scrittura che del contenuto. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che in Bridgerton il trash, elemento creduto centrale, era in realtà superfluo, non essenziale. Non aveva uno scopo ben preciso, al di là del tentativo di acchiappare l’attenzione dello spettatore tramite l’eccesso. Niente di più.
Ci sono serie tv trash, invece, che fanno un passo ulteriore: sfruttano l’elemento trash come elemento narrativo d’alto o altissimo livello.
Una sorta di ponte tra le serie citate in precedenza e questo nuovo gruppo è rappresentato da La Casa di Carta. La serie spagnola ha suscitato reazioni molto contrastanti nel pubblico, tra chi l’ha amata a prima vista e chi invece la buttata subito nel cestino della spazzatura. Una cosa però è certa: La Casa di Carta è volutamente trash. Si tratta di un prodotto che è nato per essere tamarro e che gioca sul cattivo gusto in maniera consapevole, sfruttando l’esaltazione estrema di ogni situazione per rapire il pubblico. Lo spettatore, dopo ogni scena, si chiede che cosa succederà di ancora più eclatante e per questo – se ama questo genere di televisione – rimane incollato allo schermo. Non troviamo dunque una scrittura di alto livello o scene che ci fanno urlare alla genialità, ma un trash impiegato come una calamita acchiappa spettatori. Un trash che non viene “nascosto”, ma viene usato alla luce del sole, senza vergogna.
Se saliamo di un gradino, ci imbattiamo in serie tv come Shameless US, remake dell’omonima comedy britannica del 2004, che impugna il trash come un’arma vincente. L’eccesso e il grottesco sono gli ingredienti principali di Shameless, e visto il titolo della serie non sarebbe potuto essere diversamente. In questo caso, però, non si tratta di qualcosa che scaturisce in maniera casuale per sbadataggine nella scrittura o come maldestro tentativo di coprire le lacune con un po’ di esagerazione: qui il trash è una vera e propria cifra stilistica utilizzata per rendere verosimile la rappresentazione di una famiglia disfunzionale che, per arrivare al pubblico nella sua essenza, non può e non deve essere edulcorata. Il trash è il mezzo con il quale tutto diventa vero, reale.
Un altro esempio di trash intelligente è quello che emerge in Misfits, un prodotto che ha scioccato ma allo stesso tempo ammaliato la critica. Il Daily Telegraph, ad esempio, osserva come la serie sia stata in grado di innescare una scintilla, presentandoci degli emarginati sociali come un branco di perdenti totali i cui componenti sono, tuttavia, caratteristici e memorabili. Ma come ci è riuscita? Tramite una ricetta di pura irriverenza, scelta consapevolmente per portare sullo schermo cinque giovani delinquenti che, costretti a lavori socialmente utili, si troveranno a dover gestire delle abilità speciali: la premessa per un riscatto sociale assurdo e folle, che ha regalato al pubblico novità, originalità e proposte impreviste.
Il trash, se maneggiato con cura, può dare vita a scenari di grande originalità e brillantezza.
È il caso sorprendente di Ash VS Evil Dead andata in onda tra il 2015 e il 2018. Qui il trash si scontra con l’horror, dando vita a un’ironia dark e macabra che affonda le proprie radici nel politicamente scorretto e mostra allo spettatore una serie di gag dal sapore violento, dove i fiumi di sangue scorrono senza pudore. L’umorismo davvero oscuro di questa serie è costruito con un’intelligenza affilata che si pone come obiettivo, in primo luogo, quello di prendere in giro gli stereotipi dei supereroi americani, sempre perfetti e impeccabili. Dunque, qui sì che si ha una voluta parodia: il grottesco non è un caso, né una sbavatura, bensì uno strumento stilistico governato con sapienza.
È interessante notare come un elemento spesso disprezzato o criticato della serialità televisiva sia diventato il perno di alcune produzioni di alta qualità. Non è più possibile utilizzare l’etichetta “serie tv trash” con una sola accezione: il significato di spazzatura, alla luce delle molteplici sfumature che il trash ha assunto negli ultimi tempi, risulta limitato. Certo, ci sono ancora prodotti che ricadono a perfezione nella definizione più arcaica, ma pensare al trash come a un’unica tipologia di serie tv è ormai riduttivo.
Il termine trash si declina in più direzioni e ogni spettatore potrà trovare la sfaccettatura che preferisce, ma una cosa è chiara: è nato un genere di trash che restituisce dignità alla definizione, che non preclude nessuna via e che mostra come ogni elemento stilistico, anche il più sottovalutato, possa diventare fonte di novità e intelligenza. In un panorama in cui la serialità è diventata centrale nell’intrattenimento e data la grande offerta di proposte, la qualità diventa fondamentale: lo spettatore è sempre più esigente, con il boom dello streaming ha imparato a conoscere le regole del gioco e non si accontenta. L’intelligenza stilistica fa davvero la differenza.