Quando si guarda una serie tv si entra in un mondo nuovo, un mondo che per la durata degli episodi diventa il nostro. Lo scopriamo, ne comprendiamo le dinamiche, impariamo a starci bene dentro. A volte capita che i mondi “temporanei” in cui ci tuffiamo ci salvino dal nostro, quando proprio abbiamo difficoltà a starci dentro. Ci sono alcuni mondi seriali in cui ci troviamo perfettamente a nostro agio fin dal primo momento e altri nei quali invece facciamo fatica ad adattarci. Capita di non riuscirci mai, e allora molliamo la serie che a quanto pare non fa al caso nostro. Altre volte invece ci riusciamo e continuiamo a guardarla. Ma l’elemento che generalmente rende il mondo di una serie tv degno di essere vissuto sono i personaggi che lo abitano. L’ambientazione potrà anche essere interessante, l’universo travolgente, ma se le storie narrate non ci piacciono, se chi le vive non ci va a genio, di solito non se ne fa nulla. Sono i personaggi a fare le serie. Per dire che un personaggio ci piace non dobbiamo necessariamente provare simpatia nei suoi confronti. Ci sono bei personaggi che sono tutto tranne che piacevoli e personaggi simpatici che alla lunga risultano totalmente insulsi. I personaggi che ci piacciono sono quelli che hanno qualcosa da dire (e che rappresentano l’eccezione alla regola, come Sex Education), quelli che contribuiscono davvero alla trama e soprattutto – almeno è così per me – quelli che insegnano qualcosa. Apprendere, arricchirmi, perché no anche comprendermi, questi sono i veri motivi che mi spingono a scegliere una serie tv piuttosto che un’altra. E a permettermi di fare tutto ciò sono proprio i personaggi. Sono sempre stata affascinata dai personaggi femminili forti e indipendenti, forse perché spero sempre di riuscire a trovare un po’ di me in loro, o a trasferire un po’ di loro in me. Da quando ho cominciato a guardare le serie tv – e giuro che ho cominciato davvero tanti anni fa – mi è capitato diverse volte di paragonarmi a loro, di domandarmi cosa avrei fatto se mi fossi trovata nelle situazioni che loro, nel loro mondo che in quel momento era anche il mio, dovevano affrontare. Riflettere in questi termini mi ha permesso più di una volta non tanto di capire cosa avrei fatto io, ma sicuramente cosa avrei voluto fare. Sia che mi rispecchiassi nei loro comportamenti sia che fossi esattamente agli antipodi, alcuni di questi personaggi mi hanno aiutata ad analizzare me stessa, a capirmi meglio, e anche a cercare di avvicinarmi di più alla persona che vorrei essere. Ad alcune di loro devo davvero molto. Streghe, Sex Education, Game of Thrones ma non solo, sono diversi gli universi narrativi nei quali ho trovato personaggi femminili che mi hanno dato qualcosa. Ed è proprio di loro che voglio parlare oggi.
1 – Prue Halliwell (Streghe)
Streghe è la prima serie tv di cui io abbia memoria e sicuramente quella che prima e più di tutte mi ha fatta sentire inglobata in un mondo altro dal mio. Ho collezionato dvd, imparato a memoria incantesimi, fatto tatuare una triscele sul mio collo e, ça va sans dire, pianto alla morte di Prue Halliwell. Prue è sempre stata la mia preferita del trio, anche quando a partire dalla quarta stagione il suo personaggio esce di scena facendo spazio alla nuova sorella metà strega metà angelo bianco Paige. La sua prematura dipartita è stato il primo momento in cui mi sono ritrovata a pensare che muoiono sempre i personaggi che preferisco.
Prue è sicura di sé, determinata, testarda, segue il suo istinto e, a costo di sbagliare, agisce sempre di testa sua. Sa essere molto dura con chi le sta intorno – soprattutto con Phoebe, la piccola di casa che giudica spesso irresponsabile – ma lo è molto anche con se stessa. Non è per niente brava a manifestare le sue emozioni e i suoi sentimenti, né per quanto riguarda la sfera amorosa né tantomeno quella affettiva, ma nel corso delle stagioni che la vedono protagonista cerca di superare i traumi che le avevano causato queste difficoltà e comincia ad aprirsi. In quanto sorella maggiore è quella che ha fatto da madre e da padre alle altre due, a volte anche rinunciando alla sua stessa gioventù, e questo l’ha resa responsabile e concreta. Scoprire di essere una strega la aiuta a realizzare che no, non è possibile controllare sempre tutto. E le dà anche uno sprone a sentirsi realizzata, lasciando un lavoro che non la soddisfaceva per seguire la sua passione per la fotografia. Prue è un’ispirazione perché ha coraggio, guarda letteralmente il male in faccia ogni giorno e non esita mai a sacrificarsi per ciò che ritiene giusto, anche quando sa che potrebbe costarle la vita. La sua forza non sta solo nella telecinesi, ma nel fatto di essere disposta a lavorare su se stessa, ad accettare il suo passato per essere la persona che vuole essere. Se è già difficile fare i conti con il mondo che abbiamo attorno, lo è ancora di più farli con noi stessi. Ma lei ci riesce e, problemi nel cast a parte, Prue avrebbe avuto ancora tanto da raccontare.
2 – Maeve Wiley (Sex Education)
Fra le adolescenti della serialità televisiva Maeve Wiley, co-protagonista di Sex Education, è una specie di unicum. È una ragazza a cui piace lo studio, è sessualmente sicura di sé, è popolare e contemporaneamente messa da parte: Maeve racchiude in sé quelli che solitamente sono stereotipi attribuiti a quattro o cinque personaggi diversi. Eppure riesce a reggere molto bene questa complessità . Ha avuto un’infanzia difficile ed è un’adolescente che vive praticamente da sola, talmente abituata a dover badare a se stessa da infastidirsi non poco quando qualcuno prova a farla sentire protetta, amata e al sicuro. Ha una corazza che in pochi riescono a scalfire; chi ci riesce ha bisogno di tanta costanza e al primo passo falso torna al punto di partenza. Fra i personaggi di Sex Education è quella all’apparenza più scostante e non poco acida, ma nel profondo ha un animo molto dolce, è un’amica leale, una sorella maggiore premurosa. E un’adolescente che ha solo bisogno di fare l’adolescente. Maeve nasconde le insicurezze e la paura di non essere all’altezza sotto numerosi strati di menefreghismo, ma anche grazie alle poche persone con le quali riesce ad aprirsi comprende ciò a cui davvero tiene. E soprattutto ha il coraggio di attivarsi e andare a prenderlo, anche a un oceano di distanza. Se Sex Education ci insegna a non aver paura di scoprire noi stessi, Maeve ci ricorda che, una volta capito chi siamo davvero, dobbiamo fare quanto in nostro potere per realizzarci.
3 – Arya Stark (Game of Thrones)
Se in Sex Education è stata un’adolescente ad ispirarmi, Maeve non è comunque la più giovane di questa lista. A battere il primato di Sex Education in fatto di giovane età è Game of Thrones. Arya Stark è praticamente una bambina all’inizio della serie, ma fin dal primo episodio non esita un secondo a dimostrare di che pasta è fatta. È la figlia di un Lord ma non gliene frega niente di essere una Lady: è una combattente, è decisa, perseverante, talentuosa. Sa adattarsi a tutto, anche alla solitudine e alla cecità , e questo le permette di riuscire a cavarsela dove la maggior parte di noi crollerebbe. Ha qualche non tanto piccolo problema di fiducia, ma come darle torto nel contesto in cui vive. Arya è costretta a rendersi conto molto presto della crudeltà del mondo, vede e fa cose che traumatizzerebbero chiunque, ma non perde mai se stessa. Se c’è una cosa di lei che ho apprezzato più di tutte – e lo ammetto, a tratti anche invidiato – è la capacità di non snaturarsi mai. Arya riesce a essere Arya anche quando comincia il suo percorso per diventare Nessuno. È paradossale, proprio mentre le insegnano a indossare i volti degli altri, lei si rende conto di quanto l’unico che vuole indossare sia il proprio, anche se ciò chiaramente non la esime dall’utilizzare le tecniche apprese per raggiungere i suoi obiettivi. Nelle situazioni in cui si trova davanti alla scelta fra avere vita facile ed essere fedele a se stessa, Arya Stark non dubita un attimo. E, almeno spero, io con lei.
4 – Robin Scherbatsky (How I met your mother)
E dopo Sex Education e Game of Thrones, troviamo l’immancabile How I Met Your Mother. Canadese trapiantata a New York ma sempre fiera delle sue origini, Robin Scherbatsky è insieme a Barney il personaggio più complesso della serie. È una donna decisa, indipendente, che sa quello che vuole. Per suo padre da bambina era una specie di Lady Oscar e lei si porta dietro questa infanzia conservando hobby e passioni lontane dallo stereotipo femminile: fuma il sigaro, beve scotch, ama le armi e lo sport – l’hockey, da buona canadese. Sembra che niente possa scalfirla, eppure guardando oltre la sua corazza si scorgono una fragilità e una sensibilità che tiene nascoste con estrema cura. Copre con un velo di ironia anche i problemi più grandi per non farli notare a chi le sta intorno, fa fatica a condividerli, non vuole che gli altri leggano le sue debolezze. Ma come tutti ne ha, e quando comincia ad accettarle riesce anche a conviverci meglio. Fra i personaggi nella lista Robin è sicuramente quella che ho sempre sentito più simile a me. La passione per il giornalismo, il fatto di sentirsi lontana dai canoni tradizionali di donna moglie e madre mi hanno sempre fatto empatizzare con lei più che con chiunque altro. È così convinta di ciò che vuole che quando comincia a cambiare idea non riesce neanche ad ammetterlo. Ma, come per tutti, arriva il momento di fare i conti con chi è e con chi vuole essere e raggiunge la sua vera maturazione solo dopo aver capito che cambiare è possibile anche per lei.
5 – Willow Rosenberg (Buffy l’Ammazzavampiri)
Alyson Hanningan non entra in questa lista nelle vesti di Lily Aldrin, il suo personaggio in How I Met Your Mother, ma occupa un posto di tutto rispetto grazie a Willow Rosenberg, uno dei personaggi principali di Buffy l’Ammazzavampiri. Prima di cominciare a uccidere vampiri a fianco della sua migliore amica (anche se pare che l’attrice non andasse poi così d’accordo con la collega Sarah Michelle Gellar), Willow è una liceale estremamente timida, insicura e tutt’altro che popolare. Grazie a questa nuova “attività extra-curriculare” prende però consapevolezza delle proprie capacità e della propria forza, riuscendo a conquistare sempre più fiducia in se stessa. Il personaggio di Willow ha uno sviluppo a 360 gradi: conoscersi le permette di farsi conoscere dagli altri, di avere le prime esperienze sentimentali, di riconoscere che quello per Tara non è un sentimento di semplice amicizia. Insomma, Willow capisce che quella che pensava di essere è solo una piccola parte della persona complessa che è in realtà . Comincia a praticare le arti magiche fino a diventare una strega molto potente, anche se proprio questa sua abilità la metterà a stretto contatto con la parte più tenebrosa di se stessa. Ma in fondo siamo tutti una combinazione di bene e male, ed esserne consapevoli è l’unico modo per capire chi siamo in davvero. Willow Rosenberg ci aiuta ad accettarlo, e io le sono estremamente grata per questo.
6 – Miranda Hobbes (Sex and the City)
Miranda Hobbes è fra le protagoniste di Sex and the City quella che ha i piedi meglio piantati per terra. Ha un lavoro stabile in cui riesce bene e si realizza in un mondo professionale gestito per la quasi totalità da uomini, cosa che la mette in difficoltà ma da cui riesce a trarre sempre la sua rivalsa. È una donna concreta, a tratti cinica – soprattutto quando si parla di amore e sentimenti – e proprio per questo è la prima a sorprendersi quando si innamora di Steve. La sua vita è piuttosto inquadrata ma riesce ad affrontare anche gli scombussolamenti – primo fra tutti il momento in cui scopre di essere incinta – determinata a viverli al meglio. Miranda non ha peli sulla lingua, dice quello che pensa e questo la porta spesso a scontrarsi con le sue amiche, soprattutto con Charlotte che, al contrario, vive un po’ nel mondo delle favole. È consapevole di essere imperfetta e questo è uno dei suoi maggiori punti di forza (insieme ai capelli rossi, che le stanno tremendamente bene). La Miranda che ritroviamo vent’anni dopo in And just like that, sequel di Sex and the City, è una donna più matura e coraggiosa, che affronta le sue paure e superati ormai i cinquanta non smette di mettersi in gioco. Se il suo sviluppo a mio avviso ricalca troppo quello di Cynthia Nixon e troppo poco quello di Miranda Hobbes, è anche vero che il personaggio non ne esce snaturato. Miranda scopre se stessa a livello più profondo, si rende conto di non essere più disposta a rinunciare a chi è davvero. E chapeau, direi. Se mettersi in discussione a vent’anni è il sale per crescere bene, a trenta diventa più complesso e a cinquanta sembra quasi impossibile. Ma Miranda può, ed è la prova provata del fatto che non è mai troppo tardi.