Il cinema e la televisione, come sostanzialmente accade per ogni altro mezzo di comunicazione, vivono di rimandi, citazioni e riferimenti. La serialità è un po’ l’ultima arrivata, o l’ultima ad aver acquisito una certa consapevolezza. Gli stessi Soprano nascono dalle ceneri del gangster movie degli anni Novanta, a sua volta ispirato dai grandi classici del secolo scorso. E così vale anche per le serie tv che sono nate dopo il fenomeno de I Soprano, autentico spartiacque del genere che ha ispirato in tantissime occasioni serie molto più recenti. Vediamone alcune.
Il seguente articolo contiene spoiler de I Soprano e di tutte le serie citate.
Walter White e Jesse Pinkman hanno origini del New Jersey
Breaking Bad è una delle serie tv non propriamente di genere gangster con più riferimenti al medesimo filone cinematografico. La creatura di Vince Gilligan presenta numerosi tributi alla cinematografia di Martin Scorsese, Quentin Tarantino e soprattutto alla trilogia de Il padrino, basti pensare ad alcune scene in comune con il cult di Coppola, come la sequenza alternata che mostra Walter White in attesa della sentenza dei suoi nemici dopo la morte di Fring, analogamente a Michael Corleone durante il battesimo del figlio. Giusto per capire il livello di citazionismo di una delle serie più famose dei nostri tempi. Ma il legame che c’è tra BrBa e I Soprano ha radici ancora più profonde, che scivolano nella sfera della struttura narrativa. Innanzitutto, il rapporto che c’è tra i due protagonisti è molto simile a quello che c’è tra Tony Soprano e Christopher Moltisanti, nipote acquisito del boss, tormentato e con grossi problemi di abuso di droga e alcol. Tony, come Walter con Jesse, lo vede come una sorta di erede da educare, ma soprattutto come il figlio che avrebbe sempre voluto.
Il rapporto, in entrambi i casi, riguarda la sfera padre-figlio, ma analogamente a Tony, anche Walter sa essere severo, pensa più a se stesso e alla propria salvaguardia, ed infatti un’altra importante specularità scenica è quella che avviene con la morte di Jane, fidanzata di Jesse, che somiglia tantissimo a quella di Christopher, dato che in entrambi i casi i due protagonisti si sono di fatto sostituiti alla mano divina, causando la morte di due personaggi scomodi in primis alla propria posizione. E poi c’è Carmela, simbolo totale della famiglia disfunzionale de I Soprano, come Skyler lo è in Breaking Bad. Non tanto per le analogie tra i membri della famiglia, quanto più per il ruolo assunto all’interno della trama. Si può dire che Skyler sia una sorta di evoluzione di Carmela Soprano, stereotipo della casalinga disperata che rinuncia a un matrimonio stabile preferendo il futuro della propria famiglia e una tristezza di fondo affogata nei lussi e nello sfarzo, cosa diametralmente opposta per Skyler, che inizialmente rinnega la bramosia di potere per poi finire nel losco giro di suo marito pur di proteggere i suoi cari. Skyler, per quanto odiata dai più, assume un ruolo fondamentale e soprattutto attivo nella narrazione di Breaking Bad, ma lo stesso fa Carmela, seppur in modo diverso e con un obiettivo ben preciso, ovvero quello di sottolineare il distacco tra la sfera familiare e quella degli “affari”, della vita criminale di Tony Soprano.
Tony Soprano e Thomas Shelby, nel nome del crimine
T come Tony e come Thomas, S come Soprano e come Shelby. Due uomini estremamente complessi, due famiglie criminali, sontuose e rispettate, temute da tutti. Potrà anche essere solo un caso, ma tra Peaky Blinders e I Soprano, e soprattutto tra i due protagonisti delle rispettive serie tv, c’è ben più di qualche somiglianza. Come accade anche in Breaking Bad, d’altronde, abbiamo a che fare fin da subito con la sfera psicologica e intima dei personaggi principali. Scopriamo insieme a Walter del suo cancro, cominciamo le sedute di psicanalisi con Tony e impariamo a convivere con gli orrori della guerra come fa Thomas, somatizziamo i loro mali, li rendiamo nostri e impariamo ad amare tutti e tre nonostante i loro infiniti difetti, quasi come se tutti fossero mossi da una volontà di fondo, una missione. Thomas Shelby è figlio di un’altra epoca e di un altro contesto, in Peaky Blinders ci ritroviamo di fronte a una cultura completamente nuova nel mondo del gangster, ovvero quella gypsy, molto più spirituale e, in questo senso, credibile rispetto alla religiosità tipicamente mafiosa. Non ci sono eredi segnati, non è una monarchia, comanda il capo naturale, il migliore e il più furbo di tutti, vige la legge della giungla. Ne I Soprano c’è un lavoro gerarchico notevole che rimanda ad un antefatto storico molto meno romanzato di quello della gang di Birmingham. Ma entrambi i capi hanno a che fare con un viaggio personale complesso e tortuoso, contro loro stessi e i propri fantasmi, con la sola differenza che da una parte Thomas sente tutto il peso dei proiettili che semina lungo il suo tragitto, mentre Tony sembra avere un rapporto molto più sicuro e paritario con il tema della morte. Ma l’analisi psicologica è la prima arma per comprendere entrambi, intraprendendo insieme a loro un viaggio nella perversione e nella corruttibilità della mente umana.
C’è un po’ di Tony Soprano anche in Genny Savastano
Gomorra sembra quanto di più lontano, diametralmente opposto a I Soprano, nonostante l’appartenenza allo stesso filone. Eppure anche Gomorra è figlia della serie HBO, in più di un passaggio. E’ più facile affermare che I Soprano è la serie tv che ingloba più elementi del genere gangster del secolo scorso, a partire da Il padrino fino ad arrivare a Quei bravi ragazzi, per poi rielaborare il tutto per la dimensione televisiva e ridistribuirlo. Gomorra, dal canto suo, nasce con un obiettivo diverso, ovvero quello di raccontare una realtà in modo più crudo e meno romanzato possibile (almeno fino alla terza stagione, per essere onesti). La serie di Sollima è un autentico spartiacque, a sua volta, della televisione italiana, per il successo ottenuto ma anche per il modo in cui lo ha fatto, ossia con un prodotto spendisbilissimo all’estero e confezionato ad hoc per le grandi platee, cosa che I Soprano non ha mai avuto il bisogno di fare.
Ma nella narrativa delle due serie ci sono tantissimi punti in comune, dalla religiosità al senso di appartenenza familiare e criminale, il nuovo che supera il vecchio e il modo di vivere la morte, la solennità con cui si ricordano amici e nemici caduti e l’incoerenza con la quale si affrontano le responsabilità. Spostandoci sul piano scenico, beh, Salvatore Esposito deve necessariamente aver studiato dalla mimica facciale di James Gandolfini, già formatasi su grandi del passato come Marlon Brando e Robert De Niro. Quando Genny sogghigna ha qualcosa di tremendamente simile a Tony, stessa mimica e stesso respiro affannato, due personaggi simili nel temperamento e in ciò che rappresentano, ma anche nel profondo, perché di entrambi scopriamo e analizziamo il lato umano più nascosto, e come accade con Genny, che da sbruffone di quartiere si trasforma in super boss latitante, non capita con nessun altro grande personaggio di Gomorra di instaurare un rapporto così intimo capace di mostrarci un suo lato realmente umano e “docile”.
In questo articolo vi abbiamo parlato del lungo e tortuoso viaggio introspettivo di Tony Soprano.