Un tempo, il genere delle sit-com dominava il mondo delle classifiche televisive. Quale modo migliore di impiegare il proprio tempo libero, d’altra parte, se non per guardare spensieratamente qualche puntata di un prodotto leggero e capace di distrarci dalle difficoltà della vita? Pensate poi a quanto molte tra le sit-com del passato si siano imposte nella cultura popolare divenendo parte integrante della nostra quotidianità, raccontando storie capaci di divertire, ma al contempo di lanciare degli importante messaggi sociali. Provate ora a immaginarvi a come sarebbe diverso oggi il mondo dell’intrattenimento se in passato non avessimo avuto serie come I Robinson o Cheers. Che sarebbe stato della storia delle serie tv senza prodotti come Friends, The Office o Modern Family?
Eppure, anche i generi più popolari e affermati possono conoscere dei periodi di crisi o di stagnazione, cosa che sta appunto capitando alle sit-com da qualche anno a questa parte. Perché, inutile negarlo, è di questo che stiamo parlando, di un vero e proprio calo che ha favorito l’ascesa di altri generi seriali come le dramedy. L‘epoca delle sit-com, dopo una gloriosa storia, si è dunque conclusa?
C’è ancora speranza per il genere delle sit-com?
Quello che oggi faremo sarà provare a capire i motivi di questo preoccupante fenomeno e ipotizzare quelli che potrebbero essere i suoi possibili sviluppi nel corso del prossimo futuro.
Partiamo da questo presupposto: le sit-com, che per convenzione vengono generalmente assimilate al mondo delle comedy tutte, non sono scomparse e sicuramente non lo faranno nel prossimo futuro. Sebbene le nuove proposte siano in costante calo, esse non mancano mai dai cataloghi delle più importanti piattaforme streaming del momento. II vero problema non sta infatti tanto in dati numerici o nella richiesta da parte del pubblico, ma in termini prettamente qualitativi: lo spettatore generico non ha infatti niente contro il genere! Per capirlo, basti pensare a quanto serie tv storiche come Friends e The Office risultino ancora oggi prodotti amatissimi e costantemente soggetti a rewatch quasi compulsivi da parte degli spettatori.
Nel pubblico non manca di certo la volontà di ridere o di divertirsi.
Quello che sta venendo sempre meno è la fiducia nei confronti del nuovo e, soprattutto di prodotti comici che seguono gli stilemi tipici dello streaming, ossia un numero ridotto di episodi rilasciati integralmente nel corso di un unico giorno, che portano quasi inevitabilmente a una minore affezione ai personaggi delle comedy e alle loro storie.
Quasi inevitabilmente si arriva a un effetto-domino di questo tipo: pur partendo da buoni e interessanti soggetti, molte tra le nuove serie tv che arrivano su piattaforme streaming, essendo composte da poche puntate a stagione, finiscono per voler raccontare tanto in poco tempo. Ciò porta infatti a problemi sotto vari punti di vista, da evoluzioni dei protagonisti troppo rapide fino al mancato attaccamento da parte dello spettatore ai personaggi, ancora troppo distanti e poco noti poter generare un sentimento di affezione nei loro confronti.
Un mancato interesse non genera un passaparola favorevole.
Senza quest’ultimo e senza un consequenziale buon riscontro in quanto a numeri e visualizzazioni, il risultato è quasi scontato: cancellazioni di sit-com come se piovessero. Insomma, un cane che si morde la coda da solo. D’altra parte, parliamo di un fenomeno che procede ormai da anni e che è andato ad acuirsi a seguito della conclusione di alcune amatissime comedy che hanno fatto la storia degli anni dieci e venti del 2000 come The Big Bang Theory, Modern Family e Brooklyn Nine-Nine. Non che le comedy siano sparite: a farci compagnia e a mantenere alta la bandiera del genere rimangono ottime serie come la assai longeva It’s Always Sunny In Philadelphia, What We Do in the Shadows e Abbott Elementary (che non a caso seguono la modalità di fruizione classica settimanale), nonché piccole chicche come 1670, Instable e così dicendo.
Tuttavia, parliamoci chiaramente, nonostante la loro innegabile qualità, queste serie attualmente non godono di un briciolo della popolarità di alcuni storici prodotti sopracitati.
Proviamo per esempio a pensare a Space Force o a Blockbuster, serie Netflix che avevano tutte le caratteristiche per poter trionfare grazie a un fantastico cast e a un originale soggetto di partenza, ma che hanno finito per sgretolarsi su loro stesse a causa di una sceneggiatura poco solida e alla loro tanta fretta. Che dire poi della indegna e prematura fine capitata a How I Met Your Father che, oltre a poter contare sul rilascio settimanale, alle sue spalle aveva uno dei marchi più universalmente noti e amati del genere delle comedy e delle sit-com? Affermare che le sit-com abbiano avuto un crollo di popolarità è un semplice e chiaro dato di fatto.
L’epoca delle comedy è quindi arrivata davvero al proprio termine? La sit-com come genere sta realmente morendo?
La risposta, a parer nostro, è no, sta solo andando momentaneamente in letargo. Per spiegare il concetto, proviamo a fare nostre le parole di un professionista del settore che sa esattamente quello di cui sta parlando, Chuck Lorre, figura cardine del mondo delle sit-com. A lui si devono infatti Dharma e Greg, Due uomini e mezzo, Mom, The Big Bang Theory e, più di recente, Il Metodo Kominski.
“Ho visto il necrologio (delle sit-com) troppe volte, ormai non ci credo. E poi arriva qualcuno e fa qualcosa di meraviglioso con questo genere televisivo. All’improvviso, è di nuovo un genere veramente legittimo. Quando ho iniziato io, di sitcom in televisione ce ne erano più di una ventina, adesso quante sono? Forse cinque al massimo? La natura di queste produzioni si sta evolvendo, si sta trasformando in qualcos’altro.”
Chuck Lorre per The Wrapp in un’intervista.
Ma chi è andato a colmare “il vuoto di potere” venutosi a creare parallelamente a questa crisi delle sit-com?
Di che evoluzione stiamo parlando? Un genere che col tempo sta acquistando sempre più consensi a causa del suo essere di fatto un ibrido dalla grande libertà artistica e creativa: stiamo parlando ovviamente delle dramedy, sotto la quale etichetta, soprattutto negli ultimi tempi, stanno andando a ricadere moltissimi e variegati prodotti.
Da The Marvelous Mrs. Maisel a Ted Lasso, passando per Barry, Sex Education e Shrinking, fino alla maestosa The Bear che, sì, nonostante abbia tutte le caratteristiche per essere un drama, tecnicamente parlando, rientra nel novero delle comedy (avevamo affrontato il tema proprio a proposito di The Bear e Succession). Tutti prodotti di altissima qualità che hanno conquistato il cuore degli spettatori, ma anche il favore della critica senza doversi adeguare ai particolari stilemi tipici delle sit-com, sia che si parli di prodotti multicamera che single-camera. Grazie a una grande libertà di sperimentazione che permette di mescolare generi e atmosfere, sia in quanto a minutaggio che in quanto a tematiche trattate, le dramedy sembrano poter diventare una vera e propria alternativa alle classiche sit-com, o quantomeno una loro possibile evoluzione.
Dopotutto, Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Siamo piuttosto sicuri che le sit-com, prima o poi torneranno. Se non a trionfare su tutto, almeno a riacquistare un certo livello di popolarità. A patto di trovare dei nuovi “campioni” pronti a battersi per ridare onore a un genere dalle mille potenzialità. Sicuramente ci possiamo scordarci di tornare agli stilemi del passato e alle risate registrate in sottofondo: sicuramente ci allontaneremo sempre più dall’ormai eccessivamente statico modello di ripresa multicamera, ma non potremo fare mai del tutto a meno del confortante senso di familiarità che solo una sit-com fatta con il cuore sa dare. Basterà solo avere un po’ di pazienza e aspettare che qualche creativo sforni un’idea davvero valida, così come è successo in passato con prodotti che, alla fine dei conti, in tutta la loro semplicità, hanno fatto la storia.