Estate di alti e bassi per il mondo delle serie tv, che ha saputo regalarci anche stavolta titoli di grande successo ma anche qualche flop di troppo. In questa lista abbiamo provato a raccogliere cinque insuccessi degli ultimi mesi: serie dal buon potenziale che hanno fallito l’esordio, show sfortunati e prodotti di cui avremmo volentieri fatto a meno. Tre dei titoli proposti provengono da Netflix: c’è la seconda stagione di Sky Rojo e ci sono due novità che avrebbero potuto sfruttare meglio i propri mezzi. Non tutti saranno concordi sulle scelte. La ricerca del peggio – così come quella del meglio – può essere profondamente divisiva perché attiene alla dimensione soggettiva dei gusti personali di ciascun spettatore. Quelli che vi proponiamo sono però titoli che hanno deluso le aspettative – in alcuni casi piuttosto alte – e che finiranno in ogni caso nel dimenticatoio non appena la programmazione autunnale ci darà altro materiale da guardare.
Finisce in lista Sky Rojo, nonostante sia stata una serie parecchio cliccata nel mese di luglio.
E finiscono in lista i tentativi falliti di AppleTV e di HBO, che possiamo annoverare tra i peggiori dell’estate. Si tratta di una selezione che tiene conto dei numeri e del grado di aspettative deluse, oltre che della qualità complessiva espressa dalla serie.
Ma vediamo di che si tratta.
Sky Rojo 2
La serie spagnola di Álex Pina e Esther Martínez, i creatori de La Casa de Papel, merita decisamente un posto in questa lista. Non perché sia stata un flop totale dal punto di vista dei numeri – al contrario, sono stati parecchi gli utenti di Netflix che l’hanno guardata al momento del suo rilascio – ma perché è uno show che non convince per niente sotto molteplici aspetti. Il 23 luglio è stata la data di uscita della seconda stagione, composta da otto episodi come la prima. Il ritmo veloce, molto dinamico. Ogni puntata piena di cliffhanger e plot twist, seminati lungo il cammino per spingere gli spettatori al binge watching e all’immersione totale nella storia. La serie ha al centro le disavventure di Gina (Yany Prado), Wendy (Lali Esposito) e Coral (Verónica Sánchez), tre prostitute in fuga dal pappone Romeo (Asier Etxeandia), che ha messo sulle loro tracce i suoi due scagnozzi, Moisés (Miguel Ángel Silvestre) e Christian (Enric Auquer), due fratelli insicuri e inconsapevolmente succubi del loro capo.
La conclusione della prima stagione di Sky Rojo lasciava presagire che ci sarebbero stati interessanti sviluppi e così è stato.
Il vecchio pappone ha ordinato di uccidere le ragazze, i due fratelli hanno provato ad eseguire l’ordine, ma uno di loro è stato assalito dai sensi di colpa e le ha liberate. Col risultato che alla fine tutti i personaggi, compresi gli scagnozzi, desideravano l’eliminazione di Romeo. La trama non è malvagia, ma lo show è incentrato su un presupposto: ridurre tutto a spettacolarizzazione. I corpi, il sangue, la violenza, i rapporti interpersonali. Una specie di telenovela in stile pulp, che vorrebbe far ridere ma non ci riesce fino in fondo. Che vorrebbe far riflettere, ma non ne lascia il tempo. Lo stile narrativo poi, ricorda tanto quello de La Casa de Papel: Sky Rojo finisce per essere un racconto ridondante, pieno di cose già viste, mai veramente in grado di sbalordire.
Q-Force
Oltre a Sky Rojo, un altro titolo Netflix che non ha pienamente convinto è Q-Force, la serie animata sbarcata da pochissimo sulla piattaforma. Si tratta di un esperimento coraggioso, indirizzato a ribaltare luoghi comuni e stereotipi di ogni sorta, che però non riesce a cogliere nel segno. Steve Maryweather, Stat, Twink e Deb sono i quattro membri della Q-Force, una squadra speciale di agenti emarginati che provano a farsi affidare missioni importanti in giro per il mondo. Le superspie, membri della comunità LGBT, fanno fatica a trovare il proprio posto in un mondo maschilista e conservatore come quello del comparto dell’intelligence. Ma non demordono e si buttano a capofitto nella risoluzione di casi complessi. Si tratta di uno show divertente e irriverente: ci sono battute simpatiche, scene che strappano qualche risata, tanta autoironia. Ma nel complesso questa serie rischia di essere un grosso passo falso. Gli stereotipi che vorrebbe ribaltare con sarcasmo e comicità risuonano invece troppo spesso come un affossarsi in quegli stessi luoghi comuni, senza possedere la brillantezza per poterne uscire. I personaggi di Q-Force si appiattiscono sull’apparenza e regalano poca sostanza. Piuttosto che sviscerare in profondità il loro modo di essere, gli autori ci consegnano delle sagome macchiettistiche che rischiano di rivelarsi caricature con poco peso e poco spessore.
The Chair
The Chair l’avevamo già definita una serie tv intelligente che però non si applica. Sandra Oh, la strabiliante protagonista di Killing Eve e lo storico volto di Grey’s Anatomy, è tornata sul set per uno show marchiato Netflix, che però non conserva né il pathos di una serie come Killing Eve, né la partecipazione emotiva di un medical drama come Grey’s Anatomy. The Chair sostanzialmente – in italiano La direttrice – è un prodotto un po’ insipido, che ha degli ottimi spunti ma non si dimostra in grado di perseguirli. Il format è breve – sei episodi da circa mezz’ora l’uno – e dovrebbe invogliare lo spettatore ad andare avanti nella visione del prodotto. Ma per la maggior parte del tempo si ha come l’impressione di girare a vuoto.
Se in Sky Rojo è tutto troppo veloce, troppo esaltato, troppo sgargiante, in The Chair succede esattamente l’inverso: lo show è lento, la trama non decolla.
La storia ha al centro la figura di Ji-Yoon Kim (Sandra Oh, per l’appunto), che diventa la prima direttrice donna del dipartimento di anglistica alla Pembroke University. Sotto la sua direzione, gli emarginati dovrebbero trovare una voce e un posto, ma la trama si dispiega poi tra una serie di problemi personali della protagonista, che si divide così tra lavoro e vita privata. Non è la peggiore serie del mondo e anzi aveva un potenziale discreto. Ma stando alle aspettative, l’esperimento sembra fallito. The Chair non esalta e non convince più di tanto. Non è quel genere si serie tv che ricorderemo da qui a qualche mese.
Betty
Un’altra serie che non ha convinto è Betty, una creazione HBO che ha debuttato nel 2020 con la sua prima stagione. Si tratta dello spinoff del film Skate Kitchen, andato in onda nel 2018. Anche alcuni membri del cast sono gli stessi: Rachelle Vinberg, Dede Lovelace, Nina Moran, Kabrina Adams e Ajani Russell hanno recitato sia nel film che nella serie. Ma di cosa si tratta esattamente? Betty è un teen drama che esplora le vite di due ragazze di New York che si affannano alla ricerca del successo nel mondo dello skateboarding. Fare skate è la loro più grande passione e l’obiettivo che si pongono è quello di sfondare in un ambiente che è sempre stato prettamente maschile. Betty è una serie dallo sguardo femminile, leggera ma allo stesso tempo aperta a riflessioni importanti. Vorrebbe inserirsi nel solco tracciato da Girls, altra serie targata HBO, ma non ci arriva neppure lontanamente vicino. La seconda stagione è uscita proprio questa estate, ma non ha convinto pubblico e critica, tant’è che il seguito è stato ufficialmente cancellato. L’emittente ha fatto sapere che
Non andremo avanti con una terza stagione di Betty. Siamo molto grati per la collaborazione con Crystal e il nostro incredibile cast: la loro esplorazione senza paura del mondo della cultura skate di New York rimarrà un bellissimo emblema di amicizia e comunità.
Forse sfortunata, forse semplicemente priva delle corde emotive giuste per entrare nel cuore degli spettatori.
Schmigadoon!
La novità di AppleTv Plus, Schmigadoon!, non è pensata per piacere a tutti. I musical dividono sempre il pubblico tra chi riesce a tollerarli, chi li apprezza e chi invece proprio non riesce a mandarli giù. E già in questo senso, lo show lanciato quest’estate da AppleTV non poteva avere vita facile. Ma il problema di Schmigadoon! non è l’essere un musical, perché chi non è amante dei musical difficilmente lo guarderebbe. La serie creata da Cinco Paul e Ken Daurio annovera nel cast Alan Cumming, Kristin Chenoweth, Fred Armisen, Aaron Tveit, Dove Cameron, Jaime Camil e Jane Krakowski, alcuni dei quali sono grandi nomi nel circuito di Broadway. Il musical vuole essere una parodia degli spettacoli dell’età dell’oro e ha anche un lato comico godibile e divertente, ma finisce per impelagarsi in battute e dialoghi che suonano un po’ forzati. L’impressione è che questa commedia badi molto più alla forma che alla sostanza, al contenuto emotivo. I protagonisti, che si mettono in viaggio per recuperare la loro relazione, finiscono per caso in una città magica dalla quale non possono fuggire finché non avranno trovato il vero amore. Ma gran parte dell’impasto narrativo risulta finto, artefatto, proprio come la scenografia di un musical di Broadway. Schmigadoon! vorrebbe essere divertente presentandoci delle situazioni il più vicino possibile alla realtà, ma fallisce proprio questo obiettivo. C’era tanta attesa attorno a questo show, ma le aspettative sono andate in gran parte deluse.