La camiciaia, i baluba, i viali e la peripatetica. Le fidanzate che cambiano volto. Le fughe in piena notte e le trovate bizzarre del suocero per provare la virilità del futuro genero. Sì, avete capito bene. Oggi abbiamo deciso di dedicare un intero approfondimento alla celeberrima, visionaria e incompresa opera magna intitolata Sogni d’amore. Ovvero quell’infelice programma “bersaglio” di Mai dire TV che negli anni Novanta la Gialappa’s Band soprannominò Telenovela Piemontese. Perché neanche il titolo è riuscito ad azzeccare chiunque abbia concepito questo capolavoro inespresso della serialità. Sogni d’amore è un diamante grezzo che non è riuscito a brillare, schiacciato da qualche invidioso del settore. Un antesignano illustre di The Lady, ma che non si è sforzato abbastanza. Un progetto sfortunato a cui nemmeno il compianto Mago Gabriel è riuscito a dare lustro. Lo sappiamo che dentro di voi, ben nascosto, conservate ancora il ricordo incandescente delle notti focose dei protagonisti; delle liti furenti e delle conseguenti riappacificazioni. Negli anni, se come noi siete cresciuti (male?) in compagnia del trio comico composto da Marco Santin, Carlo Taranto e Giorgio Gherarducci, vi sarete senz’altro domandati senza tregua: ma Sogni d’amore, aka Telenovela Piemontese, è davvero esistita? A risolvere questo annoso dilemma ci hanno già pensato gli internauti. In particolare, MIKIMOZ, il quale ha scovato delle prove inconfutabili che risolverebbero una volta per tutte il mistero. La Gialappa’s Band non ha mai confermato né smentito, ma le prove parlano chiaro: con ottime probabilità la Telenovela Piemontese è un fake, un grande inganno tessuto da quei mattatori di Italia 1.
Fake o non fake? Questo è il problema.
Il problema che deriva dall’impossibilità di accertare la paternità dell’opera è più grave di quanto pensiamo. Le numerose prove, come abbiamo detto, lasciano supporre che dietro si nasconda la Gialappa’s Band stessa. Basterebbe il numero di telefono 69 69 69 e i continui riferimenti sessuali ai limiti del consentito a smontare il mistero. MIKIMOZ però ha scovato una dichiarazione di Arturo Benasciutti, proprietario della rete TF9 ai tempi di Mai dire TV, che confermerebbe entrambe le tesi. Un colpo di scena che rende il mistero dietro l’opera apocrifa ancora più misterioso:
Sogni d’Amore è ben più profondo di ciò che si pensi. Nasce come un “reality show”: la prima edizione, mai andata in onda su Mediaset, erano praticamente le riprese “nascoste” della situazione famigliare di Francesco Vannucchi, marito della suocera del baluba. Proprio riguardo a questo: gli attori erano sostanzialmente dipendenti di TF9, non professionisti. Ma perché Sogni d’Amore è sbarcato in Mediaset? Semplice. Fu Davide Parenti a scovarlo sulle reti private, “comprando” il format. Sì, perché Parenti ha ordinato un pacchetto di puntate da trasmettere. Tra l’altro, grazie a questa vendita Arturo riuscì a pagare gli stipendi arretrati di TF9 […].
Dunque, la Telenovela Piemontese potrebbe nascere sia come un falso, sia come una vera trasmissione, prodotta a basso budget e mai andata in onda, che una volta finita nelle mani di quei geniacci è diventata un appuntamento di derisione di Mai dire TV. Un falso, come Le lezioni di regia di Vito Colomba e Turbamenti (la telenovela mantovana), oppure un prodotto di serie C destinato all’oblio? L’attribuzione dell’opera ci sta così tanto a cuore perché il giudizio complessivo cambierebbe radicalmente davanti alla verità. Qualora la Telenovela Piemontese fosse un fake, sarebbe l’ennesima trovata demenziale e spassosa della Gialappa’s Band mentre se fosse davvero esistita, cioè se qualcuno avesse davvero avuto la decenza di scrivere, produrre e girare quella massa informe di luci e colori, il giudizio verrebbe ribaltato.
Un’opera di genio arrivata troppo presto?
La Telenovela Piemontese è talmente brutta che, se fosse davvero esistita, si trasformerebbe in un’opera d’arte a metà strada tra il postmodernismo e l’esistenzialismo tedesco. Un urlo di dolore dell’umanità ormai accecata dalla lussuria e dalla vacuità di un’esistenza fatta di imperativi categorici. Lo scetticismo del protagonista e il sottile impianto ironico sono la testimonianza lampante del rifiuto dell’opera verso le grandi narrazioni e le ideologie contemporanee. Sogni d’amore mette in discussione ogni pretesa di razionalità dell’essere cosiddetto pensante e ne svela la natura selvaggia e l’incapacità di controllare le pulsioni. I due amanti, schiacciati dal sistema familiare, cercano sé stessi e l’altro attraverso il coito. Si allontanano e si ritrovano, a partire da questo. La telenovela, se fosse vera, sarebbe un capolavoro incompreso che rischia di essere dimenticato a causa dello snobismo di certa critica.
La serie di nessuno sa quante puntate è un elogio alla follia umana. Rincorre un stile narrativo asciutto e ci regala un’interpretazione inconfondibile, vicina sia alla commedia dell’Arte che ai saltimbanchi di periferia. Torino di oggi si ricongiunge così alla Torino di ieri. Ogni attore riesce con la sua espressività tragica a trasmetterci il malessere dell’essere umano contemporaneo. La presenza del Mago Gabriel, infine, aggiunge una nota decisa di denuncia verso l’ordine costituito. Il suo evidente rifiuto a imparare a memoria il copione, dimostra la sua insofferenza alle regole artistiche prestabilite e la chiara volontà della serialità di trovare la sua propria cifra espressiva. Incommensurabile la sua presenza. Impareggiabile la densità dei suoi monologhi, sofferti, meccanici e ricolmi di saggezza. E così, il peso dell’intreccio narrativo sperimentale volutamente assente; gli attori presi dalla strada, anzi dai viali; la scenografia desolata e impoverita che ci tramortisce il cuore, la regia e il montaggio sono il frutto ponderato della volontà di narrare una storia abbattendo ogni filtro con lo spettatore. E ancora i tagli bruschi, le lunghe pause, i primi pani traballanti sui colli esprimono la vana pretesa del medium televisivo di rincorrere l’obiettività.
Il realismo dell’opera è talmente rarefatto che porta lo spettatore al disgusto.
Il nostro più grande rammarico, se l’opera fosse davvero autentica, è quello di non aver conosciuto ancora l’identità dello sceneggiatore né i nomi dei talentuosi, e lasciatecelo dire, coraggiosi attori. La loro inettitudine e la non conformità ai canoni estetici un tempo accettati è un atto rivoluzionario. La presenza eccessiva del linguaggio del volgo, del turpiloquio incensurato – da p****a a c**o e c****i – uniti alla capacità di raccontare una storia d’amore piccolo borghese e anticonvenzionale rendono l’opera un manuale d’avanguardia da studiare. La spasmodica ricerca dell’autarchia artistica, non da ultimo, è l’ultimo gesto toccante di un’opera immensa.
La Telenovela Piemontese si guarda bene dallo scegliere dei soggetti aulici per il suo racconto di inchiesta. Le responsabilità del degrado socio-culturale, del resto, vanno imputate al contesto familiare stesso, che pressa i giovani, li conduce a una precoce crescita e li spinge così al sacrificio e all’infelicità. L’opera denuncia dunque una società incapace di ascoltare la parte istintiva dell’essere umano ma, sopra ogni cosa, condanna una società fallocentrica e l’impossibilità femminile di esprimere liberamente la propria sessualità.
La tua bocca su di me mi fa un effetto vertiginoso. E anche un po’ volante.
Sogni d’amore
Deve sapere, Padre, da quando ho aperto la diga… ora… ogni uomo che incontro… è un potenziale amante.
Anna, Sogni d’amore
I due protagonisti, Anna e Carlomaria, si trasformeranno dopo la prima puntata in Marta (?) e Mario per abbattere ogni criterio stabilito dalla narrativa. In bilico tra fanciullezza ed età adulta, i due amanti compiono un percorso di autodeterminazione e riscoperta sessuale mai raccontato prima. Il discorso di Marta sulla difficoltà di mantenersi casta e i continui sfoghi animaleschi di Mario ci colpiscono e ci lasciano attoniti. Il malessere è da ricercare nei tempi morti e nell’espressività stordita e interrotta dei personaggi. Come la figura materna, che piange davanti alle confessioni scabrose del marito che è solito vagare lungo i viali notturni. Un personaggio di cui è impossibile capire il nome. Rosario o Sergio poco importa: una citazione velata di pirandelliana memoria a Uno, Nessuno e Centomila. Silvana, invece, è il volto consumato della casalinga, della figura materna relegata a semplice operatrice domestica. Marta però vuole di più. Il racconto è forte, rivoluzionario e a tratti scabroso. La giovane moglie, disperata, seduce perfino un prete mentre Mario non perde occasione per fare da sé. Un urlo di dolore, dunque, blasfemo e solipsistico che palesa il nostro bisogno estremo di verità.
La Telenovela Piemontese è un’opera di genio da pattumiera che purtroppo, o per fortuna, resterà apocrifa. Un’opera misteriosa, erotica e spaventosamente poetica che rischia di essere dimenticata per sempre.
Falso o non falso, questo è il problema, baluba.