3) Un uomo vero
Un paragone che ha giocato totalmente a sfavore è quello che ha messo a confronto Un uomo vero con Succession. La volontà di accostare la miniserie Netflix al grande successo HBO ha fatto lievitare le aspettative degli utenti della piattaforma. Che, però, alla prova dei fatti, sono rimasti delusi dal risultato finale, non avendo Un uomo vero né la brillantezza né la profondità di una serie come Succession. Eppure Un uomo vero aveva le potenzialità per spaccare. La storia è tratta da un romanzo di Tom Wolfe ed è stata riadattata per il piccolo schermo da David E. Kelley, maestro dei criminal drama con Big Little Lies, The Undoing, Anatomia di uno scandalo, Nine Perfect Stranger e altri. Nei panni del protagonista, uno spocchioso magnate del mercato immobiliare americano, c’è Jeff Daniels, che ha saputo dare al suo personaggio spessore e credibilità.
La storia raccontata da Un uomo vero è una storia di fallimenti e di rivalse. Al centro della trama, proprio come in Succession, c’è il potere. O meglio, il rapporto degli individui con il potere. Accanto al protagonista, infatti, ci sono una serie di uomini che devono costantemente misurarsi con il successo, la fama, la ricchezza, la scalata sociale. L’innesco della trama è l’imminente caduta di Charlie Crocker, convocato dalla propria banca per la restituzione di oltre 1 miliardo di dollari di debiti. La serie tenta di sorprendere un uomo nel punto più basso della sua parabola. Lo accompagna sull’urlo del precipizio, lo pone di fronte all’insuccesso e ne osserva i comportamenti, la reazione al fallimento. Un uomo vero vuole essere una serie molto attuale, parlare dei tempi nostri. Le dinamiche sociali raccontano di un mondo in cui soldi e potere sono effimeri, una condizione transitoria.
Un giorno sei sulla cresta dell’onda, il giorno dopo, per un piccolo passo falso, potresti essere sul fondo del baratro.
Un uomo vero racconta anche un pezzettino di quella società americana arrogante e conservatrice, che sguazza nei valori del trumpismo e fa sfoggio della propria spocchia. È una miniserie come se ne sono viste tante sul tema, anche sulla stessa Netflix. I nomi del cast, la mano dietro la sua creazione e la grande pubblicità che ne è stata fatta (soprattutto negli Stati Uniti) lasciavano sperare in qualcosina di più del risultato finale. Un uomo vero è una bella miniserie, ma non aggiunge nulla di più a quello che hanno tentato di raccontare una miriade di altri prodotti simili. Il paragone con Succession l’ha forse penalizzata. Chi ha guardato gli episodi della serie Netflix credendo di avere a che fare con qualcosa di simile al prodotto HBO, è rimasto inevitabilmente deluso. Un grande Jeff Daniels non è bastato per toccare i livelli narrativi raggiunti da Succession.
Se da un lato, quindi, il paragone ha spinto molti utenti a guardare gli episodi della serie, così come per The 8 Show e Shōgun, dall’altro l’accostamento forzato ha giocato in questo caso a tutto svantaggio di Un uomo vero.
4) Bodkin
Dopo Un uomo vero e The 8 Show, Bodkin è l’altra proposta di Netflix che ha dovuto fare i conti con un paragone ingombrante. Lo show è sbarcato da poco sulla piattaforma e ha già riscosso un discreto successo. La storia parla di tre podcaster che si ritrovano ad indagare sulla misteriosa scomparsa di alcune persone, avvenuta molti anni prima. Quello che all’apparenza sembra un banale caso di sparizione, si rivela essere molto più interessante del previsto. Non c’è solo materiale per realizzare un bel podcast: la misteriosa scomparsa riporta a galla vecchie storie del passato, segreti che si volevano tenere nascosti, misteri mai svelati e pericolose relazioni. La cittadina di Bodkin diventa così la protagonista di un racconto giallo che fa del mistero il suo principale polo attrattivo, ma che riesce a colpire soprattutto per il suo umorismo un po’ british è un po’ dark che caratterizza i personaggi.
Ad indagare sulle vicende della cittadina irlandese c’è un trio di podcaster che finirà per cacciarsi continuamente nei guai. Vi ricorda per caso qualcuno? A leggere la trama di Bodkin, sembra di imbattersi in una copia di Only Murders in the Building, l’acclamata comedy di Disney+ con Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez. Ed in effetti i punti di contatto non sono pochi: il podcast da realizzare, un trio un po’ strampalato a fare le indagini, situazioni bizzarre e quel modo di unire giallo e comedy che rende il prodotto un ibrido di fatto. A fare la differenza tra una serie e l’altra è innanzitutto l’ambientazione. Non solo per un fatto scenico: la New York di Only Murderds in The Building è eccentrica, stratificata, policromatica, e i suoi personaggi e le situazioni che vivono finiscono per rifletterne l’anima. Bodkin sembra invece ammantata da uno strato grigio di foschia.
Fumosa ed enigmatica come quelle cittadine irlandesi totalmente immerse nel mistero.
Nella serie Netflix ci sono tradizioni e folclore a fare da sfondo alla trama mystery. I personaggi sono più cupi, hanno delle sfaccettature sommerse, apparentemente inarrivabili. La religione si mischia alle credenze popolari, il mondo del crimine ha una connotazione più “europea”. La storia non ha una vocazione cosmopolita, ma è fortemente caratterizzata dal suo essere una storia locale. È inevitabile che gli utenti della piattaforma facciano un accostamento con la più famosa Only Murders in the Building. Ma, anche in questo caso, sarebbe opportuno andare oltre il paragone ed apprezzare i due prodotti nella loro unicità, per non fare un torto né all’uno né all’altro.