Capita spesso: cominci una Serie Tv entusiasta, pieno di curiosità, ma il primo episodio non ti convince. C’è qualcosa di sbagliato al suo interno, qualcosa che ti porta a chiederti se davvero valga la pena continuare a dedicare del tempo a quel prodotto, invece che cercarne subito un altro. E’ normale. La nostra lista di Serie Tv da guardare è così vasta da superare quella che vede tutte la attività che vogliamo fare nella vita, ed essere pronti a sostituirne una con un’altra è fisiologico. Non possiamo perdere tempo dietro a quel che non ci convince, perché siamo alla folle ricerca di qualcosa capace di rapirci e restituirci la sensazione di non poter più a fare a meno di qualcosa. Eppure, esistono dei però, e sono quelli che – a un certo punto della nostra esperienza seriale – abbiamo vissuto tutti. Il pilot di un episodio non ci aveva convinto, è vero, ma abbiamo deciso di non mollare scoprendo così un mondo che non pensavamo di poter incontrare all’interno di quella serie. Il primo episodio di The Crown, Succession e Friends è stato per me come una doccia fredda: così tanto rinomate, eppure così insoddisfacenti, per me, nel loro esordio. O almeno, questo è quel che avevo pensato. Il loro pilot mi aveva destabilizzata, portandomi a pensare che – nonostante fossero così acclamate – non facessero per me. Insomma, non erano loro, ero io. Eppure, senza sapere davvero perché, continuai la mia visione, scoprendo che a volte i pilot non sono altro che il primo appuntamento tra due persone troppo timide che non riescono ad aprirsi, ma una volta fatto questo diventano l’amore di una vita. Questo è ciò che la maggior parte delle Serie Tv che sto per citare è stato per me, contro ogni aspettativa iniziale. Amare qualcosa fin dal principio è bello, ma quanto è meraviglioso stupirsi?
Da Succession a The Crown, il mio amore per certe perle delle Serie Tv non è stato purtroppo immediato.
1) Succession
La prima puntata di Succession iniziò nel modo più apatico possibile. Cosciente del grande successo che la serie ebbe con la critica, mi fiondai con un certo tipo di aspettative. Insomma, avevo le mie ragioni per averne. Però poi succede: premo play e do il via alla prima puntata, e tutto comincia a puzzarmi ben presto. Non riesco a sentire quel che di solito percepisco nelle Serie Tv che sono solita apprezzare, anzi, colgo esattamente l’opposto. I personaggi mi sembrano delle marionette con il solo arduo compito di recitare una parte venale e indubbiamente priva di qualsivoglia tipo di emozione, e ogni cosa all’interno della serie mi sembra scritta per non trovare evoluzione. Il pilot di Succession suona per me come la minaccia di una totale assenza di rivoluzione, come la premessa che non importa cosa stia accadendo adesso, il resto delle puntate non si discosterà da quanto sto vedendo. Ma c’è qualcosa che mi spinge ad arrivare alla seconda puntata, che ancora non mi convince, che alla fine mi porta a terminare la prima stagione. Soltanto dopo quei primi dieci episodi capisco che in realtà Succession mi ha rapita e conquistata, e adesso riesco anche a coglierne le motivazioni. E’ diversa da tutto quello che ho visto fino a questo momento. Come in Game of Thrones, ma in un contesto di vita reale, la serie sviscera l’anima dei suoi personaggi dimostrando che cosa siano in grado di fare le persone per raggiungere i loro scopi e il loro obiettivo. Come una fiaba moderna, la serie dimostra cosa si cela dietro a quella maschera borghese che sembra avere tutto, ma che in realtà non smette mai di cibarsi di tutte le possibilità da cogliere, le cose da ottenere. L’insoddisfazione dei personaggi sarà eterna, non importa cosa conquisteranno con la loro venalità.
2) The Crown
Alla stessa stregua di Succession, The Crown portava con sé il peso di dover soddisfare un determinato tipo di aspettative. Il genere storico qui viene affrontato in modo totalmente diverso rispetto a come spesso ci hanno abituato le Serie Tv di questo genere: tutto è estremamente concreto e realistico, nulla viene decorato per diventare dinamico o impreziosito da colpi di scena. La storia della Famiglia Reale qui diventa un racconto onesto intento soltanto nel far combaciare eventi, date e personaggi. Questa è una realtà che comprendi fin dal prima puntata, e la cosa – nel modo in cui viene presentata – tende a spaventarti un po’. Il pilot della serie mi aveva scaricato addosso tensione, timore di non riuscire a vedere oltre una perfetta cronologia degli eventi. Non potevo sapere cosa realmente nascondesse quel tipo di dettaglio, quella meticolosa attenzione ai particolari. Soltanto superando le prime puntate mi sono davvero potuta rendere conto di cosa sia davvero The Crown, comprendendo che quella che ai più viene conosciuta come lentezza narrativa, qui non è altro che la base attraverso la quale conoscere tutto quello che nella realtà non abbiamo mai davvero visto. I Iunghi silenzi, le pause silenziose e le scene che sembrano non finire mai sono la nostra lente d’ingradimento, il bastone su cui si sorregge l’obiettivo narrativo della serie. Entrare in questa ottica è stato fondamentale per comprendere a pieno il tipo di Serie Tv che vuole essere The Crown, una prospettiva che mi ha permesso di inserire questo gioiellino nella lista dei miei prodotti intoccabili.
3) Six Feet Under
Ciò che più mi ha spinto a guardare Six Feet Under è stato quel che avevo sentito in giro sul suo finale. Tra me e il suo epilogo c’era una distanza lunga cinque stagioni, nulla di irrecuperabile. Andare fino in fondo era necessario, anche se quel che inizialmente avevo visto nel pilot non mi convinceva per nulla. In un’altra occasione avrei di certo mollato, ma in questo caso non potevo farlo. Non lo avevo fatto per The Crown, non lo avevo fatto per Succession e Friends, e non lo avrei di certo fatto per Six Feet Under, la serie che più di tutti prometteva un gran finale. La curiosità era troppa, ed è stata proprio questa a rappresentare la mia più grande fortuna. Senza la voglia di sapere le ragioni per cui questo fosse uno dei migliori finali mai scritti, avrei lasciato correre perdendomi di fatto non solo uno dei migliori epiloghi nella storia della serialità, ma anche una delle migliori Serie Tv mai create. Il pilot non mi aveva convinta: tutto suonava dentro di me in modo confusionario, non avevo gran voglia di continuare. I personaggi mi sembravano già visti, la copia di una copia di una copia. Il playboy, il bravo ragazzo, la sorella ribelle. Cambiava solo il contesto, ed era quello ciò a cui volevo dare una possibilità. Così continuai la mia visione, fissandomi più di quanto avessi già fatto con The Crown, Friends o Succession. In questo caso c’era un gran finale ad attendermi, e così è stato. La bella sorpresa, però, arrivò durante l’inizio della seconda stagione. Tra un episodio e un altro, mi accorsi di non star più guardando Six Feet Under in attesa del finale, ma soltanto perché avevo voglia di vederla. Passai dall’attendere il finale, a sperare che questo non arrivasse mai. Passai dal cercare di fare in fretta, al fare più lentamente possibile. Inutile dirvi che, per quanto si cerchi di rallentare un momento, quello arriva sempre, non importa cosa facciamo per tardare il suo arrivo. Ed è così che l’epilogo arrivò, confermandomi quanto avevo sentito fino a quel momento: il finale di Six Feet Under è davvero uno dei migliori mai scritti.
4) Euphoria
La verità va qui detta immediatamente: la prima puntata di Euphoria è stata accompagna da tanti, troppo pregiudizi. Non ero convinta di voler davvero guardarla, non ero convinta potesse piacermi. Pensavo fosse qualcosa di lontano da me, l’ennesimo teen drama che non mi avrebbe restituito assolutamente nulla. Il pilot della prima stagione non fece nulla di concreto per farmi cambiare idea: la trama mi sembrava un concentrato di cliché oramai superati, e la presentazione dei personaggi non mi aveva suscitato alcuna curiosità riguardo al loro sviluppo. Tutto mi sembrava destinato a non andare oltre, ed ero fortemente convinta che la mia esperienza con Euphoria non avrebbe mai visto un domani. Ma poi il domani è arrivato e, un po’ perché non trovavo un’altra sostituta e po’ perché avevo il forte desiderio di vedere qualcosa, cedetti nuovamente. La seconda puntata aveva acquistato dei punti rendendo il pilot della serie qualcosa di più comprensibile. Comprendevo i perché, i come, i quando. Capivo i personaggi, e iniziavo a entrare nelle dinamiche della storia. Il mio coinvolgimento in Euphoria non è stato voluto o forzato come nel caso di The Crown, Succession e Friends, ma più che naturale. Senza accorgermene mi ritrovai ad apprezzare ognuna delle cose che la serie raccontava e, allo stesso modo, decretare chi fosse il mio personaggio preferito e quale no era oramai semplice. Ero dentro con tutte le scarpe, e ne ero felice. Finalmente avevo compreso perché Euphoria piacesse così tanto: non importava se piacessero o meno i teen drama, era qualcosa che andava oltre. E così è stato per me: Euphoria andava oltre, conquistando tutto il mio amore.
5) BoJack Horseman
Cavallo antropomorfo, totalmente folle, privo di qualsiasi tipo di limite, insoddisfatto e malinconico: quella di BoJack Horseman era la descrizione perfetta per attirarmi a sé e non lasciarci mai più. Prima di cominciare la mia storia d’amore con questa serie impiegai del tempo. Sapevo che sarebbe presto diventata una maratona fatta di nottate passate di fronte alla Tv, colazioni/pranzi in solitudine con come unica compagnia un cavallo antropomorfo, e la consapevolezza d’essere più simile a un animale che parla che ad altre cose di un certo calibro. Presi coraggio e cominciai la serie iniziando di fatto a sudare freddo, ma non per le ragioni che potreste credere. Sudavo freddo perché BoJack Horseman, la serie per cui tanto mi ero preparata, non mi stava piacendo. Mi annoiava, aveva tutta l’aria di essere soltanto una banale Serie Tv fatta di animali parlanti e di uno che parla e si lamenta più di loro. Non riuscivo a cogliere quelle sfumature che tanto la rendevano così acclamata, ma non potevo lasciarla alla prima puntata. Avevo bisogno di qualche episodio in più, ora in più. Le puntate da venti minuti furono fondamentali per darmi il coraggio di non fermarmi neanche alla seconda puntata, e così via per un po’. Ma poi è successo, arrivò quel momento, quello che cambia tutto. Diane e BoJack erano su quel tetto fatto di frasi non dette e rimpianti, e io capì di aver fatto ad attendere. BoJack Horseman era davvero tutto quello che avevo sentito dire in giro, e dopo quel momento – per me – fu anche molto di più.
6) The Office
L’umorismo di The Office è sicuramente uno dei più particolari, uno di quelli che seleziona per bene il proprio pubblico. Come si suol dire, non è per tutti. Non avevo ancora chiaro se io appartenessi alla cerchia oppure no, ma la mia intenzione era quella di farne parte. Volevo ridere di Micheal Scott, volevo non impressionarmi della sua cattiveria per lasciare spazio solo alle risate, volevo apprezzare quel cinismo che tanto contraddistingue il suo personaggio e l’intera serie. La mia esperienza con il pilot non era però stata positiva. Durante quei pochi minuti mi annoiai tanto da prendere il telefono e fare avanti e indietro nella home di Instagram. Non riuscivo a concentrarmi, tanto da arrivare a pensare che in realtà The Office non fosse fatto per me. Credevo non potesse essere altro che una Serie tv da sottofondo, ed è così che la usai per le prime puntate. Prima di andare a dormire, mentre ero distratta, quando avevo qualcosa fare ma volevo compagnia: The Office in quei giorni non era più una Serie Tv, ma un’amica che ti fa compagnia. Ma poi arrivò quel momento, quello che era chiaro potesse arrivare. Iniziai a fermarmi di fronte allo schermo, fino a quando non mi sedetti per non rialzarmi più. Quella che fino a quel momento era solo un’abitudine, piano piano diventò la mia zona di confort. Non potevo più farne a meno, e senza farci caso mi ritrovai a sapere più di quanto credessi. Micheal Scott diventò quel che avevo sempre sperato diventasse, e quel cinismo mi portò a intravedere una nota malinconica in lui e nell’intera serie. Oramai era fatta: avevo un amore nella mia vita.
7) Mad Men
Avevo voglia di una Serie Tv capace di soddisfarmi sia da un punto di vista culturale che emotivo, motivo per il quale Mad Men sembrò subito la scelta giusta. Il suo viaggio all’interno della storia e il contraddittorio personaggio di Don Draper sono stati fin da subito il biglietto da visita perfetto per presentare la serie, ma solo a costo di aver pazienza. Bisognava aver pazienza, e lasciare che la prima ora del primo episodio arrivasse alla sua naturale conclusione. Era necessario fare le presentazioni in modo molto lento, lasciando poi al resto della storia il compito di sviscerare ogni aspetto della serie. Il pilot, non lo nascondo, mi aveva fatto venire qualche dubbio. Non sapevo se continuare fosse la scelta giusta, tutto mi sembrava estremamente lento e meccanico, programmato solo per raccontare in modo distaccato la vita di un pubblicitario. Eppure, bastò la seconda puntata per ricredermi e capire che in Mad Men non esista assolutamente nulla di distaccato. Tutto viene osservato tramite una lente d’ingradimento capace di farti vedere le particelle più oscure non solo del suo protagonista, ma anche della storia. Il ruolo delle donne, i cambiamenti sociali, l’economia, la politica, l’attualità dell’epoca: ogni cosa in Mad Men ha un valore, e viverla attraverso gli occhi di un cinico pubblicitario che non crede al domani è stata sola la ciliegina sulla torta.
8) Friends
Friends, Friends, Friends…Friends. Le mie orecchie non avevano sentito altro che Friends. Quando si trattava di Serie Tv, Friends era ovunque. Non aveva un pubblico selezionato come The Crown o Succession, era di tutti e per tutti. Non era mai dietro le quinte a guardare il successo di qualche altra serie capace di rubarle la scena, ma sempre la Serie Tv da cui – al massimo – era stata presa l’ispirazione. Friends era per tutti, ma il pilot mi aveva fatto pensare che le cose per me fossero diverse. Amavo quella sensazione che mi faceva sentire negli anni ’90, e amavo l’idea di cominciare una comedy così, ma non amavo Friends. Durante quel primo episodio non risi neanche una volta. Mi limitavo a guardare apaticamente tutto quello che stava accadendo, vedendo in questo dell’umorismo troppo normale. Non riuscivo a cogliere quel dettaglio che identificasse la serie, l’elemento chiave che la rendesse il capolavoro comedy che è presto diventato. Mi sembrava assurdo, e infatti ebbi presto torto. Perché era vero che Friends non avesse l’umorismo di The Office, la trama malinconica di How I Met Your Mother o il contesto assurdo di The Place, e infatti funzionava comunque. Funzionava perché non ne necessitava, perché era stata una delle prime serie a raccontare la normalità di un gruppo di ragazzi che diventano adulti. Non aveva bisogno del grande colpo di scena o di una follia fuori dal comune, perché funzionava già così. Era grande nel suo essere piccola, particolare nella sua ordinarietà, profonda nella sua leggerezza. Era qualsiasi cosa volesse essere, e sempre in modo naturale. E non potevo che innamorarsi della sua naturalezza, non potevo che innamorarmi della sua semplicità.
9) Big Little Lies
Il mondo del crime e del mistero è sempre stato per me un mondo in cui dovermi assolutamente fiondare. Le prime puntate di questo tipo di Serie Tv servono sempre a presentare il contesto in cui si andrà a indagare, l’inizio delle indagini. Non contengono risposte, ma solo domande. Per questo motivo, data grande esperienza, il pilot di Big Little Lies non mi fermò dall’andare avanti. Inutile negare che ciò che vidi in quella prima puntata non mi convinse per niente, anzi. La confusione delle scene, utilizzata per depistarci e incuriosirci, aveva provocato in me l’effetto opposto. Mi sentivo demotivata nel continuare, avevo il timore che – al contrario delle altre serie – Big Little Lies continuasse così, senza mai sbocciare realmente. La seconda puntata cominciò a togliermi qualche dubbio, e la terza mi diede la conferma che in realtà la trama era oramai cominciata. I giri di parole erano conclusi, e la natura dei personaggi pronta a essere scovata. Le risposte sarebbero finalmente arrivate, e le domande a cui dare una risposta sarebbero state interessanti. Era oramai ufficiale: Big Little Lies mi aveva conquistata, ed ero pronta a vedere risolvere anche questo nuovo caso.