2) L’Amica Geniale
L’Amica Geniale non parla di prigionia nel senso letterale del termine ma, come vi raccontiamo in questo articolo, riesce a esprimere appieno una sensazione di disagio, claustrofobia e impotenza. Ciò è dato in prevalenza dall’ambientazione: il rione, in cui si svolge l’intera vicenda, funziona come un circolo chiuso in cui le azioni e i comportamenti di tutti vengono osservati e giudicati in modo spietato. Nessuno è davvero libero di fare o dire ciò che vuole, poiché gli occhi dell’intera comunità si posano su ogni avvenimento, come un dio onnipresente in grado di stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato fare.
L’aria è a dir poco irrespirabile, permeata dalle violenze perpetrate e non denunciate, dall’impotenza, dall’impossibilità di scegliersi la propria vita. Il destino delle protagoniste è già scritto da qualcun altro. L’influenza del rione e dei suoi abitanti diventa una catena da cui è impossibile liberarsi, che costringe anche chi decide di andarsene in una gabbia di schemi mentali, convinzioni e pregiudizi difficili da sradicare. L’Amica Geniale ci mostra una spada di Damocle che pende sulle teste dei personaggi: nessuno è mai davvero al sicuro, nessuno è padrone della propria sorte. Nessuno se ne va mai dal rione, non completamente.