ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Crazy Ex-Girlfriend, New Girl, The Leftovers, True Detective e American Horror Story.
Personaggi carismatici, ambientazioni suggestive e sceneggiature ben costruite. Il mondo seriale trova la sua forza in ognuno di questi elementi, ma non solo. Molte delle serie tv che amiamo sono riconoscibili anche grazie alla loro sigla, un aspetto che con l’era del binge-watching è stato messo più volte in secondo piano. Tuttavia, ciò non significa che sia superfluo. Gli opening credits sono infatti spesso fondamentali per definire l’identità di uno show, così come per delinearne atmosfera e tematiche. Basti pensare a quella di Game of Thrones che, oltre a mostraci una meravigliosa mappa di Westeros ed Essos, è ricca di richiami alle grandi casate del suo universo narrativo. O a quella di Westworld, un bellissimo riflesso dell’incontro fra umani e androidi e del risveglio della loro coscienza.
Che sia breve o meno, ogni sigla ha il potere di dare ancor più personalità a uno show, cambiando con esso in modo tale da rispecchiare le storie raccontate nel corso delle stagioni. Game of Thrones e Westworld ne sono un esempio, così come BoJack Horseman, Dark, I Simpsons e Fringe. Ma si tratta di serie tv la cui sigla, pur variando, non è mai stata stravolta completamente. Ma non è il caso di queste 5 serie tv che, per ogni stagione, ci hanno proposto qualcosa di diverso.
Crazy Ex-Girlfriend
Crazy Ex-Girlfriend ci ha raccontato la storia di Rebecca Bunch, un brillante avvocato di New York che, dopo aver incontrato il suo primo amore adolescenziale, deciderà di seguirlo fino a West Covina, un paesino della California. Spassosa e fuori dagli schemi, Crazy Ex-Girlfriend utilizza un linguaggio libero e privo di perbenismo, specchio di una protagonista complessa che lotta fra la ricerca della felicità, il trauma dell’abbandono e un’insicurezza di fondo che le impedirà a lungo di guardarsi da dentro. Per uno show così colorato, musicale e sfaccettato, lo show ha optato per quattro sigle diverse, così da mostrarci l’evoluzione della protagonista e i temi principali della stagione.
L’allegra sigla della prima stagione ci presenta la premessa dello show, mentre Rebecca ci canta della sua decisione di andare a vivere a West Covina. Ma allo stesso tempo, i suoi amici animati ci sottolineano quanto dietro le sue azioni ci sia l’ossessione di una “crazy ex-girlfriend“, un termine che la protagonista non apprezza particolarmente dal momento che “la situazione è molto più complessa di quanto gli altri pensino“. Tuttavia, nella sigla della seconda stagione diventa chiaro quanto Rebecca non voglia più negare le reali motivazioni che l’hanno spinta in California. La musica dolce e le immagini romantiche si contrappongono così al testo di “I’m Just A Girl In Love“, un brano che per la prima volta ci parla dei problemi mentali della protagonista.
La definizione di “pazza” è invece al centro dei titoli di apertura della terza stagione, in cui country, pop, rock e hip-hop si incontrano meravigliosamente, mentre i vari alter ego di Rebecca danno voce alla confusione della protagonista, così come a quella degli spettatori. Ultima ma non meno importante, la sigla della quarta stagione abbraccia finalmente la complessità della protagonista, in uno scenario idilliaco e sereno in cui scopriamo inoltre che l’altra Rebecca è sempre stata una ragazza chiamata Debra.
New Girl
La sigla delle prime tre stagioni di New Girl si focalizza principalmente su Jessica Day, una ragazza che dopo essere stata tradita dal fidanzato decide di andare a vivere in un loft insieme ai tre scapoli Nick, Schmidt e Winston. Accompagnata dalla canzone “Hey Girl“, gli opening credits di New Girl ci parlano della femminilità di Jess, di quella personalità frizzante che abbiamo potuto scoprire nel corso delle stagioni. Tuttavia, a partire dalla quarta stagione le cose sono cambiate. Difatti, lo show ha deciso di optare per una sigla più breve, in cui troviamo un montaggio di foto dei protagonisti accompagnato da una versione strumentale di “Hey Girl”.
Durante un’intervista con EW, Zooey Deschanel ha parlato del perché la Fox abbia deciso di modificare la sigla, così come del suo dispiacere a riguardo:
“Ero triste riguardo a questa decisione. Mi è stato detto “Pensiamo che gli uomini possano considerare lo show troppo femminile in questo modo”. È stato un rappresentate della Fox a prendere questa decisione, e non sono sicura di ricordare chi. Hanno sempre fatto un ottimo lavoro nel supportare il nostro show, e sono assolutamente grata di ciò, ma non sono d’accordo con questa decisione. Ma alla fine ho dovuto farmene una ragione. In ogni caso, molto probabilmente non avrei avuto abbastanza energia per combattere tutto questo.
Si tratta di una nuova direzione che è stata presa anche per dare maggior spazio agli altri membri del cast: nella sigla originale Cece è infatti completamente assente, così come Coach che, dopo il pilot, era sparito dallo show a causa degli impegni di Damon Wayans Jr. con Happy Endings.
The Leftovers
Creata da Damon Lindelof, The Leftovers è una serie che dovreste vedere almeno una volta nella vostra vita.
Ispirataìo all’omonimo romanzo di Tom Perrotta, lo show parte da un evento inspiegabile: il 14 ottobre 2011, il 2% della popolazione mondiale sparisce nel nulla. È questa misteriosa Dipartita che darà il via agli eventi di The Leftovers che, soffermandosi sul dramma vissuto dalle persone rimaste, ci ha parlato del concetto di fede, del significato dell’esistenza e la sua fine. Così come delle difficoltà dell’essere umano ad accettare la propria mortalità, resa reale solo nel momento della perdita.
Dall’atmosfera onirica, per la sua prima stagione The Leftovers ha optato per una meravigliosa sigla.
Ricca di immagini ispirate all’arte del Rinascimento, i titoli di apertura sono a dir poco emozionanti. Ideata da Garson Yu, la sigla di The Leftovers ci mostra infatti diverse storie legate all’umanità, incorniciate in un’imponente cattedrale. C’è dunque un chiaro riferimento al mondo religioso, un elemento che ritroviamo anche nello show. Ma la vera forza della sigla sta soprattutto nei momenti umani di valenza universale: un uomo adirato che viene trattenuto da una donna e una ragazza, uomini e donne che si abbracciano, momenti di desiderio e disperazione, di estasi, paura e orrore.
Tuttavia, nelle stagioni successive Lindelof ha voluto cambiare direzione. Il tema malinconico della prima stagione è stata sostituito da uno molto più allegro ed energetico, portato alla vita dalla canzone folk “Let the Mystery Be” e una serie di immagini di vita quotidiana. Se non altro, la sigla ha inserito dei riferimenti alla Dipartita, mostrata attraverso la rimozione di alcune delle persone immortalate, di cui rimane solo una silhouette riempita da squarci di cielo stellato. Tuttavia, ciò non toglie il fatto che siamo ben lontani dall’imponenza della sigla originale.
Un discorso che può essere applicato anche per quella della terza stagione: mentre le immagini mostrate sono più o meno le stesse, il più grande cambiamento lo troviamo nelle canzoni scelte (una diversa per ogni episodio), fra le quali va sicuramente citata “Nothing’s Gonna Stop Me Now“, meglio conosciuta come il tema musicale di Perfect Strangers. Non si tratta di una scelta casuale, ma di un recurring joke di The Leftovers, che nella prima stagione ci aveva parlato di come i quattro attori della sit-com fossero scomparsi a causa della Dipartita. Nella seconda stagione, Mark-Linn Baker aveva fatto anche un cameo, attraverso il quale avevamo scoperto che aveva usato l’evento per fingere la sua morte e nascondersi in Messico. L’attore è poi comparso nuovamente nella terza stagione.
True Detective
Creata da Nic Pizzolatto, True Detective è una serie antologica che ha rinnovato storia e interpreti a ogni sua nuova stagione. Il suo primo iconico capitolo (qui il nostro Behind the Series) ci aveva parlato della storia di Rust Cohle e Marty Hart, due detective che collaboreranno insieme per catturare un serial killer in Louisiana, navigando fra psiche umana, simbologie nascoste, filosofia e nichilismo. Per questa prima stagione, lo show ha optato per una sigla in cui l’oscuro brano “Far From Any Road” degli Handsome Family s’incontra con immagini suggestive, riflesso degli elementi chiavi della stagione: i suoi protagonisti e la loro lotta interiore, il vivido contesto rurale, simboli religiosi. Così come quella desolazione che ritroviamo anche nella seconda stagione.
Ambientata nella fittizia Vinci, True Detective 2 abbandona l’ottimismo con cui si era chiusa la prima stagione per portarci in un luogo in cui le stelle sono soffocate dallo smog. È qui che assistiamo a un dramma urbano, specchio di una città corrotta vista attraverso gli occhi di quattro personaggi diversi. Nella sigla ritroviamo tutti questi elementi: un’ambientazione cupa e claustrofobica, una città tinta di rosso le cui luci vengono coperte da un’oscurità che avvolge tanto le strade quanto i protagonisti. Un’insieme di immagini che vengono accompagnate dalle note di “Nevermind” di Leonard Cohen, una ballata laconica e roca che pende sui titoli di testa come una nebbia pesante.
A causa della sua complessità e lentezza, la seconda stagione non era stata apprezzata da gran parte del pubblico. Tuttavia, con la terza molti degli elementi che avevano fatto la fortuna della prima sono tornati: linee temporali diverse, due detective, riflessioni filosofiche e psicologiche. True Detective 3 ci parla infatti dell’indagine di Wayne Hays e Roland West in Arkansas, un’ambientazione forestale e a tratti paludosa. È in questo contesto macabro che assistiamo al percorso dei protagonisti, due anime smarrite alla ricerca della verità e di se stessi. Una realtà che ci viene raccontata anche dalla sigla, un incontro fra luci e ombre accompagnata dalle note di “Death Letter” di Cassandra Wilson. Un brano che ci parla del lutto e di ciò che facciamo per elaborarlo. Una colonna sonora spettrale e lunatica che ben si adatta alla storia raccontata, fortemente incentrata sul quel concetto di perdita che impregna tutta la stagione.
American Horror Story
Chiudiamo la nostra selezione con American Horror Story. Creata da Ryan Murphy, questa serie antologica ha trovato la sua forza non solo in un cast eccezionale, ma anche in storyline e ambientazioni molto diverse fra loro, per cui è stata tratta ispirazione sia dal folklore che dagli orrori del mondo reale. Continuamente in trasformazione, per ogni sua stagione lo show si è affidato a sigle diverse, sempre contraddistinte da un’atmosfera dark e destabilizzante. Tutti i titoli di apertura sono infatti arricchiti da immagini oscure e inquietanti, che si soffermano sull’immaginario legato all’universo raccontato dalla stagione. Case e hotel infestati, manicomi, streghe. Bambole sfigurate, creature deformi e clown. Sangue, budella, bare, denti e insetti. Immagini reali e animazioni in stop-motion.
Tutti elementi che, seppur mostrati in rapida successione, non hanno potuto che rimanere impressi nella mente dello spettatore grazie al loro impatto visivo. Oppure grazie alla contrapposizione fra immagini apparentemente innocue e l’improvvisa comparsa di sangue, fuoco e distorsioni sonore, come nel caso della sigla di American Horror Story: 1984. Per quanto riguarda invece l’elemento musicale, nelle prime stagioni è quasi assente, sostituito da note sparse e input auditivi ugualmente efficaci per veicolare quel senso di orrore e inquietudine che da sempre fa parte della creazione di Ryan Murphy. Tuttavia, con il passare delle stagioni, American Horror Story ha optato per un vero e proprio tema musicale che si è ripetuto più volte nel corso degli anni, seppur ricorrendo a piccole variazioni in modo tale da incontrare l’atmosfera e i temi della stagione.