Vita e morte, essere e non essere. Elementi in antitesi tra loro che si uniscono e si fondono per dare vita a un’unica, malvagia creatura: il vampiro. A metà tra un demone e un essere umano, un cadavere che vive, cammina, pensa e agisce. Un essere dominato da un istinto primordiale e potente: la sopravvivenza. Il sangue è la linfa che lo tiene in vita, ma anche l’ossessione più profonda che riempie i suoi pensieri e comanda le sue azioni. Il sole, simbolo del bene, è il grande nemico in grado di ucciderlo.
Il mito del vampiro nasce in tempi lontani, tramandato di generazione in generazione nei racconti delle popolazioni antiche, fino a divenire oggetto di romanzi e film, arricchendosi pian piano di nuovi elementi: canini appuntiti, propensione per il sangue umano, capacità di ammaliare e soggiogare le vittime, sono oggi elementi fissi in ogni rappresentazione dei non morti (basti pensare al Damon di The Vampire Diaries per riscontrare subito queste caratteristiche).
Al fascino di creature simili non sfuggono nemmeno le serie tv che iniziano a narrare intense storie sulle battaglie che l’umanità ingaggia contro di essi.
Per ogni generazione c’è una prescelta che si erge contro i vampiri, i demoni e le forze del male. Lei è la cacciatrice.
Come dimenticare quando, nel 1997, la giovane e coraggiosa Buffy Summers esordì sul piccolo schermo, coinvolgendoci nelle sue avventure come cacciatrice di vampiri. Non serve andare così indietro nel tempo, racconti sui vampiri si trovano anche in serie tv più recenti come The Vampire Diaries e Shadowhunters.
Mettendo a confronto queste serie, però, ci rendiamo conto che qualcosa è profondamente cambiato negli anni e che i vampiri che oggi vediamo in tv non sono poi tanto simili a quelli delle origini. Non si parla questa volta di piccoli dettagli, come la scelta di vestire i nostri demoni con mantelli piuttosto che con abiti moderni, quanto di un vero e proprio cambiamento di quella che è l’essenza stessa della figura del vampiro.
Se guardando le avventure di Buffy e dei suoi amici avevamo imparato a vedere i vampiri come creature terribili e malvagie, figli del demonio che non potevano essere salvati o redenti, creature dannate che nessuno avrebbe potuto invidiare o voler imitare, le serie tv moderne ci mostrano un’immagine totalmente diversa. I vampiri di The Vampire Diaries, Shadowhunter, The Originals sono creature che conservano ben poco di demoniaco dentro di loro. Dotati di compassione, sentimenti, in grado di scegliere quando e se spegnere la propria umanità, riescono nella maggior parte dei casi a condurre una vita tranquilla e priva di cattiverie, a tenere pulita la propria anima, prendendo dalla loro condizione di vampiri solo gli elementi più buoni, come l’immortalità e i superpoteri.
Certo, il mito del vampiro buono era presente anche nei telefilm più vecchi. Basti pensare alla storia d’amore tra Buffy e Angel, il demone dotato di anima. Piccole eccezioni, contornate da spiegazioni complesse, ma che non mettevano comunque in secondo piano quella che è la più importante verità da tenere a mente: essere un vampiro non è un bene, è una maledizione. Una verità oggi fin troppo spesso dimenticata.
È vero, quando in The Vampire Diaries assistiamo alla trasformazione di Elena in vampiro non possiamo dire che la ragazza esulti di gioia alla notizia di essere diventata una non morta. Ma la sua reazione è quasi un’eccezione a confronto dei tanti personaggi quali Klaus, Damon o Katherine che vivono felicemente la loro condizione. Pian piano assistiamo alla trasformazione dei vampiri in creature affascinanti, potenti, bellissime e invidiabili. La potenza mortale della luce del sole viene aggirata con l’introduzione di anelli, marchi o incantesimi vari. La fame di sangue viene saziata dagli animali o con sacche di plasma prelevate dagli ospedali.
Velocità, forza, immortalità, sentimenti amplificati, potere: questo è essere un vampiro. E con questi vantaggi da acquisire e zero lati negativi, chi non vorrebbe diventare uno di loro?
Una rappresentazione, quella moderna, che ha il merito di evidenziare la metafora della coesistenza di bene e male dentro l’uomo, che permette di analizzare come siano le scelte che facciamo e il modo in cui scegliamo di vivere a determinare chi siamo, più che la nostra stessa natura. Una rappresentazione, però, che ha anche il difetto di essere troppo distante dalla tradizione e di aver eliminato il lato horror che queste creature della notte possedevano.