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7 Serie Tv che ho avuto paura di veder fallire dopo una grande prima stagione

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Quando si trova una serie tv che ci conquista fin da subito e che ci regala una prima stagione di altissimo livello, risulta quasi naturale temere che la bellezza del primo capitolo non si possa ripetere e che inevitabilmente il rinnovo per una seconda stagione possa portare a un terribile fallimento. Nella mia lunga vita di spettatrice seriale, segnata inevitabilmente dal recasting di Claire in Tutto in Famiglia tra la prima e la seconda stagione della serie, il timore che anche le migliori delle serie tv potessero trasformarsi in una delusione con la loro seconda stagione è rimasto una costante e, sebbene fortunatamente sono più le volte in cui è andata bene che quelle in cui è andata male, ancora oggi il rinnovo di una produzione che ho amato è sempre accompagnato da un misto di trepidazione e timore. L’ultima in ordine temporale tra le serie che ho temuto potessero fallire dopo una grande prima stagione è The White Lotus, ora in onda con il suo secondo capitolo, ma sono diverse le produzioni che ho amato a tal punto al loro esordio da aver avuto quasi paura di vederle tornare sullo schermo. Qui ve ne nomino sette, tutte piuttosto recenti (tranne una, che non poteva assolutamente mancare), che ho amato particolarmente e guardato quasi con venerazione, alcune delle quali hanno avuto seconde stagioni all’altezza della prima, altre non esattamente e alcune addirittura migliori. Perché, se come dice Forrest Gump, la vita è come una scatola di cioccolatini, lo stesso si può dire per le seconde stagioni delle serie tv.

Dalla recentissima The White Lotus a un pilastro della serialità come Prison Break, ecco 7 serie tv che ho amato e ho avuto paura di veder fallire dopo una grande prima stagione.

1 ) Big Little Lies

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Big Little Lies (640×360)

Nonostante fossi consapevole che non vi fosse alcuna necessità che Big Little Lies avesse un seguito, essendo una miniserie di una bellezza immensa con una conclusione già perfetta, la verità è che quando la seconda stagione della serie è stata annunciata la felicità ha inizialmente prevalso sulle perplessità. Tuttavia, una volta esaurito l’entusiasmo del momento, si sono fatti largo sempre più dubbi sulla realizzazione della seconda stagione di Big Little Lies, perché sebbene l’ingresso di Meryl Streep nel cast preannunciasse grandi cose, a mancare era proprio un potenziale spunto narrativo. Certo, le conseguenze psicologiche e non solo di quanto avvenuto nel finale della prima stagione di Big Little Lies potevano essere sicuramente interessanti da esplorare, ma c’era davvero la necessità di riportare le 5 di Monterey sul piccolo schermo?

Come facilmente prevedibile, pur essendo comunque la seconda stagione di una delle serie più acclamate degli ultimi anni, il seguito di Big Little Lies è stato se non fallimentare quanto meno deludente e, nonostante abbia amato questa produzione con tutto il mio cuore, sono stata felice di sapere che le possibilità di vedere realizzato anche un terzo capitolo siano quasi nulle.

2) Prison Break

Prison Break (360×640)

Diciamoci subito la verità: la prima stagione di Prison Break è un capolavoro dall’inizio alla fine, un’epopea lunga 22 episodi che rasenta la perfezione e dalla quale è impossibile staccarsi durante la visione. Pochissime serie tra le centinaia che ho visto nella mia vita mi hanno tenuta incollata alla schermo come Prison Break e questo vale per tutte le stagioni, non soltanto per la prima, perciò il mio giudizio sulla produzione nel complesso è quello di una fan sfegatata che è talmente affezionata a Michael Scofield e Lincoln Burrows da avere apprezzato persino il decisamente poco riuscito revival. Tuttavia, nemmeno con lo sguardo reso cieco dall’amore per gli occhi azzurri di Wentworth Miller posso negare che, quando temevo che dopo il finale della prima stagione la serie potesse solo peggiorare, purtroppo avevo ragione.

La seconda stagione di Prison Break è infatti ancora godibile e di livello decisamente superiore alla media delle produzioni seriali, ma se paragonata a quel primo capitolo perfetto è inevitabile notare come lo scontro si concluda senza alcun dubbio a favore di quest’ultimo.

3) The Handmaid’s Tale

The Handmaid’s Tale (640×360)

La prima stagione di The Handmaid’s Tale è stata un momento spartiacque nella televisione contemporanea, una delle primissime serie drammatiche con una protagonista femminile a diventare un fenomeno di culto così immediato e universale. I primi dieci episodi della serie Hulu sono basati sul omonimo romanzo del 1985 di Margaret Atwood e, sebbene si prendano qualche libertà a livello di scrittura dei personaggi e di modernizzazione della trama, di fatto l’opera originale risulta una guida imprescindibile durante la prima stagione di The Handmaid’s Tale. Tuttavia, con il concludersi del decimo episodio di questo primo straordinario capitolo si raggiunge anche la fine degli avvenimenti narrati da Atwood nel romanzo, facendo sì che dalla seconda stagione in poi The Handmaid’s Tale dovesse muoversi da sola, senza più il libro su cui basarsi.

Da grande fan dell’opera originale, la prima stagione della serie prodotta da Hulu è stata per me una sorpresa splendida, uno di quei rari casi in cui la trasposizione televisiva non solo rende omaggio al romanzo da cui è tratta, ma lo arricchisce. Tuttavia, pur consapevole del livello altissimo di The Handmaid’s Tale, ero seriamente preoccupata che una seconda stagione priva della guida dell’opera di Atwood potesse perdersi per strada e finire per rovinare un potenziale capolavoro. Fortunatamente, sebbene la prima stagione rimanga secondo me la migliore tra le cinque finora andate in onda, il proseguimento delle avventure di June a Gilead si è rivelato necessario, attuale e (quasi) sempre narrativamente efficace, fugando così ogni mio timore.

4) The White Lotus

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The White Lotus (640×360)

Guardare The White Lotus è un’esperienza quasi mistica, come ci si potrebbe aspettare soltanto da una produzione tanto folle, sagace e diversa da qualsiasi cosa vista in televisione come la serie antologica creata da Mike White per HBO. Ricordo ancora lo spaesamento che ho provato quando, guardando la prima stagione di The White Lotus, credevo di trovarmi di fronte a una miniserie thriller, salvo poi procedere con la visione e finire immersa nel disagio quotidiano di un gruppo di ricchi americani, travolta da un insieme di conversazioni slegate e imbarazzanti che incredibilmente finiscono per costituire il marchio di fabbrica di una serie che si disinteressa della trama a favore della costruzione perfetta di un’atmosfera specifica. La prima stagione di The White Lotus mi aveva talmente catturata per la sua folle originalità che, alla notizia di una seconda stagione ambientata in Italia, ho avuto più di un dubbio sulla possibilità che la ricetta perfetta del primo capitolo potesse ripetersi.

Essendo The White Lotus 2 in onda in questo momento, con solo quattro episodi già disponibili, non posso dare un giudizio sulla sua riuscita, per quanto non possa negare che, svanito il fattore sorpresa che aveva così influenzato la mia opinione sulla prima stagione, qualcosa inevitabilmente è andato perduto nell’esperienza di visione.

5) Fleabag

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Fleabag (640×360)

Considerando che Fleabag ha quella che secondo me è la migliore seconda stagione di tutti i tempi, non posso che sorridere del mio timore che Phoebe Waller-Bridge potesse non riconfermarsi un genio assoluto nel proseguimento della serie che l’ha consacrata come una delle autrici televisive più interessanti a livello globale. Inizialmente pensata come miniserie, Fleabag è tornata con una seconda stagione soltanto quando la sua autrice, creatrice e protagonista ha trovato la storia perfetta da raccontare: quella dell’amore impossibile tra la protagonista Fleabag e l’Hot Priest di Andrew Scott.

Avevo trovato la prima stagione dell’opera di Phoebe Waller-Bridge una ventata di freschezza nel panorama televisivo, un racconto onesto e senza filtri di una vita come tante, una serie di lezioni di vita senza alcuna morale o presunzione di superiorità a cui mi sono affezionata all’istante, ma la seconda stagione di Fleabag, sulla quale non nutrivo grandi aspettative, è ciò che mi ha fatto esclamare per la prima volta: Phoebe Waller-Bridge, insegnami la vita. Tra tutte le serie tv che temevo non riuscissero a riconfermarsi dopo una prima grande stagione, Fleabag è l’unica che non soltanto ha confermato il livello del capitolo precedente, ma si è addirittura superata.

6) Stranger Things

Stranger Things (640×360)

Quando è uscita la prima stagione di Stranger Things su Netflix nell’ormai lontano 2016, ci ho messo un po’ a farmi convincere a guardare una serie che era sulla bocca di tutti e che sembrava essere considerata universalmente una delle produzioni più importanti del decennio. Inutile dire che, quando finalmente mi sono decisa a premere il tasto play, la mia vita di spettatrice è cambiata per sempre. Ho amato Stranger Things istantaneamente e visceralmente e ho continuato a farlo in ogni momento, anche nelle sue puntate peggiori, consapevole di non poter essere oggettiva nei confronti di una storia che senza alcuna spiegazione logica ho sempre sentito mia.

Tuttavia, prima di scoprire quanto il mio attaccamento per la serie dei fratelli Duffer sfidasse ogni logica, ho seriamente temuto che dopo la prima stagione Stranger Things non fosse in grado di ripetere la sua magia. E, se devo essere sincera, in effetti la sua seconda stagione non è stata al livello del capitolo d’esordio, nonostante sia comunque una produzione di tutto rispetto. Scongiurato il rischio di un fallimento con la seconda parte delle avventure dei ragazzi di Hawkins, Stranger Things è ritornata sui nostri schermi altre due volte regalandoci stagioni sempre più belle e, se saremo fortunati, anche l’ultima in arrivo nel 2024 non sarà da meno.

7) Euphoria

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Euphoria (640×360)

Era dai tempi di Skins UK che un teen drama non arrivava sul piccolo schermo e avesse l’effetto di travolgere così istantaneamente il pubblico. Nel caso di Euphoria, non a caso una produzione HBO, lo shock è stato solo in parte dovuto ai contenuti e molto di più al realizzare quanto la storia di Rue e degli altri protagonisti della serie fosse un grido d’aiuto condiviso da un’intera generazione ormai incapace di sconvolgersi. La prima stagione di Euphoria è un vortice di colori, rabbia, dolore, un mosaico di esperienze che raccontano la fatica di diventare adulti oggi, tra l’assenza di speranza e la ricerca disperata di una qualunque emozione. I due episodi speciali seguiti a questo primo capitolo, dedicati a Rue e Jules, avevano alzato ancora di più le aspettative riguardo alla seconda stagione della serie di Sam Levinson e, come sempre in questi casi, quando le aspettative sono così alte il rischio di fallire è sempre dietro l’angolo.

La seconda stagione di Euphoria, arrivata quasi tre anni dopo la prima e con sulle spalle il peso di dover confermare il successo di quest’ultima, è partita in sordina, ma alla fine si è rivelata tanto complessa e straordinaria quanto quella che l’aveva preceduta. Per quanto mi riguarda, anche solo l’episodio dedicato ai tentativi di disintossicarsi di Rue e quello della commedia di Lexi sono di una bellezza tale da poter definire l’intera stagione un vero successo.

The White Lotus è l’amaro ritratto del privilegio