3-“Brotherhood”
10 Serie Tv che sono “un vero 10” sia per la critica che per il pubblico
Per spaventare le persone con un bell’horror non ci vuole molto impegno, creare la suspense in un giallo è arduo ma non infattibile, quanto è difficile invece far ridere gli spettatori?
La difficoltà che uno sceneggiatore si trova ad affrontare quando prepara una comedy è duplice: trovare una trama originale e calibrare le battute.

Nel caso di “Brotherhood” il primo punto è stato svolto in modo ottimale: la serie si basa infatti sulle vite di tre fratelli londinesi che vengono stravolte dalla morte della madre. Dan, 25 anni, si trova improvvisamente a capo della famiglia pur essendo totalmente inadatto al ruolo: lavora in un call center, è un imbranato e maldestro cronico, impacciatissimo nei rapporti interpersonali. Toby ha invece 23 anni fisicamente, ma mentalmente 5 e mezzo. Vive la sua vita bloccato nell’adolescenza, non lavora ed è del tutto inaffidabile. Infine c’è Jamie, 14 anni, che ha smesso completamente di parlare dopo il lutto. Come potete vedere il materiale di base era a dir poco ottimo.
Eppure “Brotherhood” risulta scadente agli occhi del telespettatore perché le battute sono troppe, a volte persino inappropriate al contesto, come se si volesse tirare fuori a forza la risata. Avete presente le battute da cinepanettone? Ecco ci siamo capiti.
Naturalmente l’effetto è esattamente il contrario.
I personaggi non vivono alcuna crescita nelle 8 puntate che formano la prima stagione, eppure non era proprio questo lo scopo della trama?
“Brotherhood” non è altro che una bellissima idea sprecata e si merita perciò questo terzo posto tra le sceneggiature peggiori con un forte disonore.