3) Unorthodox
Una delle nuove serie tv più note di questo anno seriale (qui la nostra recensione) e che ha saputo conquistare pubblico e critica di tutto il mondo. Al centro del racconto la diciannovenne Esty che decide di sottrarsi alle opprimenti norme della sua comunità chassidica per guadagnarsi una libertà personale che sente di meritare. Parzialmente basata su una storia vera (quella di Deborah Feldman), Unorthodox è un gioiello anzitutto per la qualità dei contenuti.
Unorthodox è una storia di libertà ma anche di dubbi, incertezze e fede. La prospettiva che la serie ci offre non è mai unidirezionale ma sempre veicolata dalle prospettive diverse dei suoi interpreti e su tutti, su quella di Esty. La giovane sente da un lato il rispetto e l’appartenenza alla propria fede, dall’altro l’intima spinta all’autorealizzazione, alla fuga che diventa viaggio di scoperta interiore.
Il suo percorso la conduce a Berlino: è qui che si fa largo tutta la qualità registica della serie con una città che viene attraversata dalla telecamera come fondale vivo (e vivace) secondo lo sguardo della protagonista. La capitale tedesca viene a rappresentare il nuovo mondo, la realtà con cui Etsy si connette e lega per la vita. Ma la maestria registica emerge anche nella messa in scena delle torture che patisce la ragazza, in particolare in una delle più disturbanti scene di sesso mai rappresentate sullo schermo. Il dolore buca la quarta parete trasferendosi a noi spettatori in una tridimensionalità che solo i grandi registi sanno trasferire.
Merito di Maria Schrader che cura dietro la cinepresa ogni episodio con una capacità espressiva fuori dal comune: a prendere vita è l’ambiente, la scena ma soprattutto la protagonista, esaltata con misurati primi piani e tagli che riescono a restituirne tutte le sfumature emotive. Un capolavoro anche registico, senza nulla togliere all’eccellente interprete, Shira Haas. Unorthodox è disponibile su Netflix: da recuperare quanto prima.