ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU VIKINGS
Vikings è una serie tv di genere storico il cui titolo, tradotto dall’inglese, significa semplicemente Vichinghi. L’origine di questo termine però è da ricercare nella lingua norrena, in particolare nel prefisso vìk che ancora oggi indica il concetto di baia, insenatura marittima (e rimasto nella toponomastica di alcune città europee, come Reykjavìk). I vichinghi erano quindi i “popoli della baia” o per dirlo in un altro modo, pirati. Coloro che si appostavano con le navi in attesa di attaccare le imbarcazioni di passaggio.
Rimanendo sempre nel campo dell’etimologia, se provate a cercare i giorni della settimana in lingua svedese scoprirete che alcuni di loro derivano dai nomi delle divinità norrene. Onsdag (mercoledì), Torsdag (giovedì) e Fredag (venerdì), provengono infatti rispettivamente da Odino, Thor e Freya. E non è un caso dato che il culto degli dèi per i Vichinghi, così come per i Greci e i Romani, plasmava ogni aspetto della vita e delle scelte personali e collettive di un individuo.
In Vikings questo argomento è preponderante. Ci viene mostrato e raccontato nel corso delle sei stagioni senza tuttavia risultare pesante o didascalico. Inoltre, tramite la visione di questa serie tv, abbiamo visto come ci siano delle analogie tra i popoli norreni e quelli del Mediterraneo. Tra mitologia classica e scandinava. Sono presenti rimandi alle opere letterarie di Omero (Odissea) e di Virgilio (Eneide) accanto ad altri strettamente connessi alle saghe norrene.
Lo studio del passato attraverso la storia e soprattutto l’archeologia è qualcosa che ci attrae e ci affascina, perché l’eredità di queste civiltà e di ciò che hanno compiuto nella loro epoca è arrivata fino noi. Fa parte della nostra quotidianità e della nostra identità. Ci aiuta a capire chi siamo e quali sono le nostre radici primordiali. La tradizione orale e poi quella scritta hanno fatto il resto tra racconti, miti e leggende che non ci stanchiamo mai di tramandare, di ascoltare e di guardare sul piccolo e sul grande schermo.
Ecco quindi quali sono i 6 riferimenti mitologici presenti in Vikings.
1) Ivar come Ulisse
Nel corso della quarta stagione abbiamo visto Ragnar e Ivar salpare per l’Inghilterra. Abbiamo assistito al ritrovato rapporto tra padre e figlio e abbiamo amato la premura con cui Ragnar si è preso cura del ragazzo (ne abbiamo parlato anche qui). Ivar non era mai stato al di fuori dei confini di Kattegat e della sua terra natìa. E la sua spinta verso l’esterno, la curiosità di vedere e conoscere nuovi luoghi unita alla sua astuzia e intelligenza, ne fanno un personaggio molto simile a Ulisse. Il viaggio fisico compiuto dal giovane verso un’isola lontana diventa quindi, come per il protagonista del poema omerico, un viaggio spirituale di esplorazione e di scoperta dentro e fuori sé stesso.
Ma c’è dell’altro. Se pensate alla sequenza in cui Ragnar lega saldamente Ivar a un albero della loro imbarcazione, noterete come la sua figura si sovrappone efficacemente a quella di Ulisse. Entrambi infatti rischiano di morire durante la loro avventura. Il norreno a causa del mare in tempesta mentre il Re di Itaca per il canto delle Sirene. Ivar è terrorizzato dalla potenza dell’acqua e dalla sua imprevedibilità. Urla a squarciagola mentre le onde ribaltano la nave e il suo equipaggio. Odisseo invece è sofferente ma più composto, consapevole del pericolo preannunciatogli da Circe e quindi pronto ad affrontare le creature marine. Entrambi fortunatamente sopravvivono. Il primo grazie al padre, il secondo per merito dei compagni.
In questo caso è la letteratura greca la prescelta dagli sceneggiatori di Vikings per descrivere una tappa fondamentale della vicenda di un personaggio importante come Ivar. Ma come scoprirete tra poco, non è l’unico riferimento all’epica classica presente nella serie.
2) I serpenti
Dopo aver visto Vikings è impossibile non pensare a questi rettili in relazione alla morte di Ragnar. Il ricordo è immediato. La mente si dirige lì, in quella fossa scavata nel terreno in cui questo meraviglioso personaggio perde la vita. Ma prima della visione della serie i serpenti per me erano direttamente collegati a una figura mitologica dell’Eneide, cioè Laocoonte. C’è un bellissimo gruppo scultoreo conservato ai Musei Vaticani in cui il sacerdote troiano è rappresentato insieme ai due figli, con il corpo che si contorce in una lotta vana per liberarsi dalla morsa di alcuni serpenti marini. Il volto dell’uomo, incorniciato da una folta barba e dai capelli scompigliati, è una maschera di dolore e di sofferenza. Laocoonte e i suoi figli infatti morirono a causa di questi animali proprio come Ragnar, seppure in modi differenti.
Il sovrano di Kattegat viene principalmente morso dai rettili striscianti nella fossa e la sua morte è quindi da attribuire al veleno contenuto nei loro denti. Inoltre è disarmato. Non può lottare né fuggire. Una scena fortemente drammatica, commovente, ma che segue uno di quei discorsi che per profondità ed epicità sono considerati tra i più belli nella storia delle serie tv. Ragnar nomina i suoi figli, il Valhalla, le Valchirie, Odino. Tutto quello che aveva fatto parte del suo mondo e che per lui era importante.
Possiamo fare una breve deviazione e citare anche Cleopatra, un personaggio storico e non di fantasia, la cui morte fu strettamente connessa ai serpenti. La sovrana d’Egitto decise infatti di togliersi la vita utilizzando un aspide o un cobra. Un’immagine che tutti noi europei conosciamo bene grazie anche alla ricca iconografia raffigurante questo episodio.
3) Enea e Anchise
La storia dell’arte non si è risparmiata nel raffigurare le gesta e le vicende tratte dall’epica classica quindi, per orientarci tra la mole di immagini giunte fino ai nostri giorni, ho scelto un altro gruppo scultoreo, opera di Gian Lorenzo Bernini e conservato presso la Galleria Borghese di Roma. Il soggetto è stato tratto dal secondo libro dell’Eneide in cui viene narrata la fuga di Enea, del padre Anchise e del figlioletto Ascanio dalla città di Troia avvolta dalle fiamme. I troiani infatti furono sconfitti definitivamente da Achille e dall’esercito greco dopo anni di guerra. L’esodo via mare di Enea e della sua famiglia fu quindi del tutto necessario per poter sopravvivere. Nel lavoro artistico di Bernini vediamo l’eroe troiano portare sulle spalle l’anziano Anchise, paralizzato nelle gambe.
Il che è esattamente ciò che avviene anche in Vikings, ma a ruoli invertiti, quando Ragnar porta Ivar sulla schiena in seguito al naufragio sulle coste inglesi. Il ragazzo, proprio come Anchise, non può utilizzare gli arti inferiori ma il padre è fiero di poterlo aiutare e trasportare. Successivamente i due vichinghi, come ricorderete, percorrono a piedi diversi chilometri prima di giungere alla corte di Re Ecbert, dove entrambi vengono catturati. L’esito delle due storie è però diverso. Enea scappò dalla sua città fino a giungere in Italia, dove la sua figura diventò leggenda ancor prima dei più celebri Romolo e Remo. Ragnar invece scelse consapevolmente di partire per l’Inghilterra e di andare incontro a una morte quasi certa. Enea come Ragnar e Ivar come Anchise, quindi. Un altro brillante riferimento in cui la mitologia classica e quella norrena si intrecciano e si mescolano.
4) Odino
La prima volta che vediamo comparire il padre degli dèi norreni sotto sembianze umane è nella prima stagione di Vikings, quando appare a Ragnar in lontananza, avvolto dalla nebbia e con un vorticare di corvi nel cielo plumbeo. Una battaglia è appena terminata e il dio è impegnato nello scegliere quali tra i guerrieri morti possono avere l’onore di ascendere con lui nel Valhalla.
Odino è una figura affascinante per tantissime ragioni. È il dio della guerra, della morte, della saggezza, acquisita offrendo e quindi sacrificando uno dei suoi occhi. Viene accompagnato costantemente da due corvi, Hugin (pensiero) e Munin (memoria), i quali viaggiano nel mondo degli umani per raccogliere informazioni da recapitare al loro padrone. Non è un caso infatti che questi uccelli siano presenti ogni volta che accade qualcosa di importante ai protagonisti della serie. Sono messaggeri ma sono anche l’occhio di Odino che tutto osserva e controlla.
Ed è per questo che al dio non sfugge la morte di Ragnar, in seguito alla quale decide di recarsi personalmente da ognuno dei figli del sovrano di Kattegat per portare loro la triste notizia. In questa circostanza lo vediamo chiaramente in volto, con l’orbita vuota dove prima c’era l’occhio. L’intera sequenza è magica ed emozionante. Il padre degli dèi non si scomoda di certo per chiunque, ma per Ragnar sì. Lascia temporaneamente la sua dimora di Asgård per scendere tra i mortali. Odino inoltre può cambiare forma, trasformandosi in uccello, pesce o serpente. E oltre ai corvi possiede un cavallo a otto zampe e due bellissimi lupi, apparsi più volte in alcuni episodi della serie.
5) Il Valhalla e le Valchirie
Il Valhöll (Valhalla) viene descritto nelle fonti come un luogo maestoso, che si innalza su una pianura e si vede brillare da lontano. Come ci viene raccontato anche da Floki: “Nel grande salone, le travi del soffitto sono le aste delle lance mentre gli scudi dorati lo ricoprono come ciottoli. Un lupo è appeso sulla soglia, mentre un’aquila vola in cerchio sopra l’edificio. Il Valhalla ha 540 porte da ognuna delle quali entreranno circa 800 einherjar (guerrieri morti) per combattere nel Ragnarök”.
Abbiamo detto poco sopra come Odino selezionava i caduti in battaglia da portare con sé, ma in realtà per i Vichinghi esistevano due aldilà differenti. Il primo era presieduto dal padre degli dèi, mentre il secondo era governato da Freya. Fòlkvangr è il nome di questa enorme piazza sovrannaturale dove la dea decide chi può sedere sulle panche del suo salone per l’eternità. In Vikings non viene fatta menzione di quest’ultima destinazione per i defunti, anche se la morte di una donna-guerriera viene minuziosamente descritta nell’episodio dedicato al funerale di Lagertha.
Durante le esequie della donna vengono mostrate allo spettatore quelle che erano le fasi principali di un rito funebre (anche se ne esistevano diverse declinazioni). E in quella circostanza abbiamo visto come Lagertha venga accompagnata dolcemente dalle Valchirie nel suo viaggio verso il Valhalla o il Fòlkvangr. Queste creature avevano infatti il compito di condurre i defunti nel regno divino, dove successivamente erano impegnate a servire il vino ai morti più importanti e onorevoli.
Se volete avvicinarvi all’argomento della morte e dello svolgimento di un funerale vichingo, gli episodi di Vikings sono quindi un ottimo punto di partenza. Ma se siete ancora più curiosi potete fare un ulteriore approfondimento, leggendo i testi dell’archeologo inglese Neil Price.
6) Floki e Asgård
Siamo all’inizio della quinta stagione di Vikings e Floki è approdato per pura casualità in una terra incontaminata e inesplorata: l’Islanda. La serie di riprese in cui l’attore Gustav Skarsgård viene avvolto dalle forze della Natura mentre con voce profonda si rivolge agli dèi parlando in norreno, secondo me è semplicemente splendida. Non solo per la potenza visiva delle immagini ma anche per il monologo del personaggio che, da devoto pagano, è convinto di essere arrivato ad Asgård, la Terra degli Aesir.
Secondo la mitologia norrena questo luogo era collocato sulla sommità del frassino Yggdrasil, l’albero che rappresenta il Mondo. Ai suoi piedi si trovavano tre donne, mentre nel centro risiedeva Midgård (Terra di Mezzo), dove vivevano gli umani, circondati dal mare e da un grande serpente. Asgård è quindi la residenza di Odino e delle altre divinità, separata da quella degli esseri mortali e composta da un insieme di palazzi. I riferimenti ad Asgård e agli Aesir nel corso degli episodi di Vikings sono frequenti. La terra sacra viene nominata non solo da Floki ma anche da Ragnar e dalle sue mogli, Lagertha e Aslaug. Oltre che da un gran numero di personaggi che si sono susseguiti durante le vicende raccontate.
Ma il filone dedicato a Floki è importante anche per un altro motivo. Per necessità narrative la storia di questo personaggio è stata romanzata. Nella realtà il navigatore vichingo storicamente arrivò in Islanda volontariamente e non per caso, e fu lui a battezzare quest’isola con il nome che porta ancora oggi. Quell’”Island” pronunciato anche dall’attore svedese di fronte alla commovente maestosità di un ghiacciaio.