Uno dei luoghi comuni più fastidiosi e onnipresenti nelle discussioni sugli adattamenti di opere culturali in un formato differente è la massima per la quale “l’originale è sempre meglio”. Che si tratti di un film basato su un qualche libro, di un reboot o di un remake di qualche tipo di serie, o ancora della versione televisiva di un fumetto, qualsiasi sia l’opera di riferimento è sempre molto difficile per il nuovo adattamento riuscire a reggere il confronto con l’originale. Questo è tanto più vero quando l’adattamento in questione decide di prendersi delle libertà creative o narrative e di discostarsi dall’opera originale, spesso scatenando l’ira di interi fandom ancora prima di vedere la luce. Tuttavia, vi sono casi in cui quella di ricercare un’identità propria si rivela la decisione migliore per una produzione, tanto più se questa è una serie tv, un tipo di progetto che solitamente ambisce ad andare in onda per diversi anni e a evolversi con il tempo. È questo che è successo per esempio con Westworld, la pluripremiata serie HBO che ha preso l’idea di partenza dall’omonimo film degli anni Settanta per riproporla in un modo completamente diverso, ma anche per produzioni appartenenti a generi diversi e con ambizioni differenti.
Non tutte le serie tv di cui vi parleremo sono migliori dell’opera di riferimento, che spesso è di altissimo livello, ma quello che hanno in comune è che tutte hanno fatto la scelta giusta discostandosene, riuscendo a donare una nuova vita a qualcosa che avevamo già visto (e spesso amato) in precedenza.
1) The Office US
Iniziamo con quello che è forse il remake più famoso nella storia delle serie tv: la versione statunitense di The Office, prodotta da NBC e adattamento della versione britannica creata da Ricky Gervais e Stephen Merchant e andata in onda su BBC 2. Questa è una di quelle situazioni in cui l’opera di riferimento è già una produzione di altissimo livello, che ha una sua nicchia di fan appassionati ed è una sitcom caratterizzata da uno humor spietato e tipicamente inglese, qualcosa che difficilmente poteva funzionare nel mercato al di là dell’Atlantico. Lo dimostra la prima stagione di The Office US, composta da appena sei episodi, che è quasi universalmente considerata la peggiore dell’iconica sitcom sull’ufficio più (a)normale della televisione: troppo simile alla versione britannica della serie per situazioni e umorismo, questa prima parte di The Office non sembrava avere le carte in regola per sfondare nel mercato statunitense.
Dopo aver rischiato la cancellazione e con soli sei episodi alle sue spalle, il creatore di The Office US Greg Daniels ha deciso di dare alla propria serie una nuova identità, che si discostasse dall’opera di riferimento e potesse funzionare negli Stati Uniti. Il risultato? Una delle comedy più di successo nella storia della televisione, un cult di nove stagioni che anche a distanza di quasi dieci anni dalla sua conclusione continua a dominare le classifiche delle serie tv più viste in tutto il mondo.
2) Pretty Little Liars: Original Sin
In questo caso, sebbene l’opera originale da cui è nato il franchise di Pretty Little Liars sono i libri di Sara Shepard, è chiaro che il riferimento da cui parte la serie creata da Roberto Aguirre-Sacasa per HBO Max sia in realtà il ben noto teen drama di Freeform Pretty Little Liars.
Andato in onda per sette stagioni dalla qualità altalenante, Pretty Little Liars di Freeform è diventata una delle serie più famose degli anni Dieci, una produzione evento che ha mosso milioni di fan in tutto il mondo verso una disperata ricerca di risposte in un mondo di trash e sentimenti adolescenziali. Che piacesse o meno, quella creata da Pretty Little Liars è stata un’esperienza di visione rara e coinvolgente, ma soprattutto con una forte dimensione collettiva, che né il primo fallimentare spin-off Ravenswood né tantomeno il secono Pretty Little Liars: The Perfectionists, che dava un seguito alle vicende dell’originale senza però possederne il fascino, sono riuscite a replicare. Visti i scarsi risultati ottenuti dalle nuove produzioni ambientate nell’universo di Pretty Little Liars, nessuno avrebbe scommesso che il reboot di HBO Max potesse riuscire dove gli altri avevano fallito, eppure Original Sin, che di certo ha i suoi evidenti difetti, ha sorpreso positivamente il pubblico. Scegliendo di trasformarlo da teen drama a tinte mystery a vero e proprio horror splatter nello stile del cinema anni Novanta, Aguirre-Sacasa ha creato un reboot di Pretty Little Liars che mantiene i capisaldi della trama dell’opera di riferimento e cambia invece tutto il resto: protagonisti, genere, toni, ambientazione. Original Sin, tagliando il cordone ombelicale con l’opera di riferimento se non per la presenza di alcuni splendidi easter eggs, ha trovato una sua identità precisa che la rende una serie nuova e godibile.
3) Bridgerton 2
Nel caso dello strepitoso successo di Netflix, che presto sbarcherà sulla piattaforma con la sua terza stagione, per il momento abbiamo scelto di inserire in questa lista solo il secondo capitolo, sebbene la scelta di cambiare l’ordine dei libri a partire dalla prossima stagione faccia intuire che le divergenze tra opera di riferimento e adattamento televisivo siano destinate soltanto ad aumentare. Se infatti durante la prima stagione di Bridgerton, basata sul primo volume della saga letteraria che Julia Quinn ha dedicato alla omonima famiglia, la serie Netflix ha seguito con un buon grado di fedeltà la trama del romanzo, a partire dal capitolo successivo – dedicato alla storia d’amore tra il visconte Anthony Bridgerton e la sua futura moglie Kate Sharma – sia gli avvenimenti narrati che la caratterizzazione dei protagonisti ha iniziato a discostarsi dal corrispettivo letterario.
La motivazione è piuttosto semplice: i romanzi di Julia Quinn dedicati ai Bridgerton hanno tutti la stessa struttura e, in particolare, sia il primo che il secondo vedono la presenza un matrimonio forzato tra i due protagonisti a metà dell’opera. Gli autori di Bridgerton, consapevoli che ripetere una trama pressoché identica a quella prima stagione avrebbe comportato una perdita di qualità e spettatori, hanno deciso di raccontare l’amore di Kate e Anthony cambiando alcune delle carte in gioco e di fatto dando vita a una storia che per profondità, tensione narrativa e realizzazione è addirittura superiore a quella del romanzo.
4) Westworld
Che il percorso di Westworld non sia stato sempre in discesa è cosa nota, ma non possiamo dimenticare quanto la serie HBO abbia saputo innovare il mondo della televisione.
Basata sull’omonimo film diretto da Michael Crichton nel 1973, Westworld, serie ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy, si presenta fin da subito come profondamente diversa dalla sua opera di riferimento, dalla quale riprende di fatto solo l’idea di partenza e poco più. Le differenze tra la pellicola cinematografica e la serie sono radicali e derivano soprattutto dalle diverse aspettative e premesse sulle quali sono stati portati in vita: il film di Crichton, limitato da un budget non all’altezza, è un canonico film di fantascienza degli anni Settanta, mentre la Westworld targata HBO è un’opera ambiziosa che indaga l’idea stessa di umanità, un trattato di filosofia morale che ha potuto godere di un cast straordinario e una squadra di autori eccellente.
Che la parabola di Westworld, finita di recente con una cancellazione dolorosa e in parte inaspettata, sia stata caratterizzata da un declino evidente dopo la prima stagione non si può negare, eppure quella di Nolan e Joy resta una delle opere seriali più ambiziose e rivoluzionarie di sempre, un progetto nel quale la fantascienza – elemento centrale nel film a cui si ispira – è solo un pretesto per raccontare qualcosa di universale e profondamente umano. Westworld è un enorme rimpianto, ma è anche una serie grandiosa, alla quale dobbiamo alcuni dei più memorabili momenti di gloria nella storia recente della televisione.
5) The 100
Chiunque abbia letto i libri di Kass Morgan sui quali è liberamente basata The 100, sa che in questo caso quel “liberamente” sotto-intende differenze molto profonde tra le due opere, che di fatto hanno in comune soltanto i nomi di alcuni dei protagonisti e l’ambientazione divisa tra l’Arca (una stazione spaziale sulla quale risiede la piccola parte sopravvissuta dell’umanità) e il pianeta Terra, di nuovo abitabile ma pieno di insidie che mettono a dura prova la sopravvivenze dei personaggi. Se nei romanzi di Morgan a prevalere è una narrazione quasi da teen drama, nel quale l’elemento survival è presente ma mai preponderante, lo stesso non si può dire della serie CW, nella quale la lotta per la sopravvivenza è il fulcro della narrazione e nessuno è al sicuro. The 100 si è caratterizzata fin da subito per essere una delle produzioni più mature di The CW, una serie che pur avendo per protagonisti degli adolescenti non indugia su storie d’amore e crescita personale, ma racconta il dramma della sopravvivenza evidenziandone il lato più oscuro, senza fare sconti a nessuno.
Purtroppo, come nel caso di Westworld, anche The 100 ha perso con il passare delle stagioni qualità e originalità e la trama ne ha risentito pesantemente, tuttavia l’idea iniziale e il suo sviluppo, molto più maturi rispetto a quello dei romanzi su cui è basata, resteranno sempre nei cuori dei milioni di fan che è riuscita a conquistare nel mondo.
6) The Magicians
Quella di The Magicians è una parabola non troppo dissimile da quella di The 100: basata sull’omonimo romanzo di Lev Grossman, la serie prodotta da SyFy ha mantenuto alcune delle premesse iniziali della trama per poi intraprendere un viaggio proprio durato 5 stagioni. L’adattamento televisivo di The Magicians è decisamente più adulto rispetto al romanzo, una decisione brillante a livello di marketing, perché in grado di intercettare un pubblico cresciuto con Harry Potter e le Cronache di Narnia ma ormai troppo grande per apprezzare prodotti che li ricordano troppo nei toni. Ecco allora spiegata non soltanto la decisione di aumentare l’età dei protagonisti della serie rispetto a quelli del libro, ma anche quella di rinnovare completamente toni e riferimenti.
Sebbene non sia facile descriverla, si potrebbe dire che The Magicians sia più o meno ciò che ci si aspetterebbe se i mondi delle già citate saghe di Harry Potter e le Cronache di Narnia si unissero, solo che al posto dei soliti protagonisti trovassimo una banda di ventenni confusi e spesso sotto gli effetti di sostanze stupefacenti, che ha grandi ambizioni e poche consapevolezze. Insomma, una serie con un target preciso che si discosta da quello dell’opera di riferimento di Grossman e che riesce a trovare presto una sua identità precisa che la caratterizza come una delle produzioni più folli e originali viste in televisione in tempi recenti.
7) Roswell, New Mexico
Un po’ come nel caso di Pretty Little Liars: Original Sin, anche Roswell, New Mexico è un reboot di una popolarissima serie tv basata su un ciclo di romanzi decisamente meno famosi, facendo si che il riferimento sia molto più la precedente versione seriale che non l’originale letterario. Se nel caso di Original Sin abbiamo visto un discostarsi dall’opera di riferimento che passa principalmente attraverso il cambio di genere, in quello di Roswell, New Mexico abbiamo piuttosto un mutamento simile a quello di The Magicians e volto a intercettare un pubblico che è cresciuto con un certo tipo di produzioni e ne è nostalgico, ma ricerca inevitabilmente qualcosa di più adulto.
Il Roswell originale, un dolce teen drama a tinte sci-fi andato in onda tra il 1999 e il 2002, era infatti una produzione molto adolescenziale nei toni, che raccontava la convivenza tra umani e alieni in un modo già visto, non potrebbe mai funzionare con il pubblico moderno, al quale sembrerebbe di riguardare la stessa storia per l’ennesima volta. Roswell, New Mexico, consapevole di poter omaggiare la serie originale senza però ricalcarne troppo la trama e i toni, non cambia l’ambientazione né i nomi dei protagonisti, ma fa un grande lavoro nel creare un prodotto che sia destinato a un pubblico adulto e nostalgico, attualizzando l’opera di riferimento e rendendola molto più matura.
8) The Haunting of Hill House
Non poteva mancare in questa lista una delle migliori produzioni Netflix di sempre, quella struggente storia di fantasmi e di umano dolore che è The Haunting of Hill House di Mike Flanagan. Liberamente ispirata a L’incubo di Hill House, romanzo capolavoro di Shirley Jackson, la serie Netflix fa propria l’anima dell’opera su cui si basa e la ripropone in una maniera originale, che si discosta dalla trama e dai toni del romanzo pur riuscendo a riportarne in vita le atmosfere (un po’ come avvenuto anche nel caso di Westworld).
The Haunting of Hill House è qualcosa di davvero raro nel panorama televisivo, ovvero uno di quei pochi tentativi di rivoluzionare un romanzo amatissimo che non sono stati accolti da un coro di critiche negative ma anzi, sono lodati per aver saputo dare una nuova linfa a una storia conosciuta. La dolorosa, terrificante, splendida parabola della famiglia Crain, così indissolubilmente legata a Hill House, è una delle narrazioni più complesse e struggenti mai viste nel mondo della televisione e questo non sarebbe stato possibile se Flanagan non avesse deciso di discostarsi così profondamente dall’opera originale, che pure resta un classico imperdibile della letteratura horror.