Istrionica, elegante, sensuale, affascinante: è Jean Milburn, l’originalissimo volto femminile di Sex Education. Madre, donna, sessuologa, amante, professionista, amica: infilarla dentro a un’etichetta, schiacciarla sotto il peso di un’unica accezione, rischierebbe di divenire esercizio inutile. L’essenza di Jean Milburn andrebbe lasciata svolazzare in aria, come i bordi irregolari delle sue coloratissime vestaglie. Andrebbe afferrata a piccole dosi, una fragranza per volta. È un personaggio sgargiante e ironico, pieno di cunicoli nascosti e sporgenze in bella vista. Fa la sua comparsa con passo felpato nelle stanze della grande casa defilata ai margini della cittadina britannica nella quale è ambientata la serie. Ha un’andatura leggera, armoniosa. Il portamento elegante, lo sguardo vivace, le movenze fluide. È una figura che non ti aspetti, come del resto un po’ tutto in Sex Education.
Madre impicciona, terapista affermata, donna stravagante.
Jean Milburn è un personaggio che è impossibile non notare, persino nel variegato e stravagante universo della serie creata da Laurie Nunn (e disponibile su Netflix con tutte e tre le stagioni). Non passa inosservato, ma d’altronde non potrebbe. È la madre di Otis, una di quelle mamme ficcanaso che rovistano tra la roba dei figli in cerca di tracce nascoste. Un genitore anticonformista che però, ad una lettura più approfondita, lascia scoperti gli indizi di un’omologazione – naturale più che sociale – all’essere genitori. Jean è apprensiva proprio come tutte le madri, è curiosa e invadente e neppure lei ha idea di come gestire un adolescente arrabbiato e rancoroso alle prese con i problemi di un qualsiasi teenager. Il suo rapporto con Otis è sbilenco. Scivola tra l’amore incondizionato e il fastidio per i reciproci spazi di libertà rosicchiati. È viscerale e imbarazzante, bello e assurdo.
Jean Milburn è una madre ingombrante, che qualsiasi figlio farebbe fatica a gestire.
Perché è così anticonvenzionale da mettere a disagio, da generare turbamento in chi le sta vicino. Essere una terapista del sesso non è una professione come un’altra. In mezzo a ironie e tabù inscalfibili, affermare la propria autonomia diventa un complicato gioco di equilibrismo tra sfrontata spudoratezza e rispetto di alcune necessarie convenzioni. Jean Milburn è innanzitutto una stimata professionista. Una donna rimasta sola a crescere un figlio piccolo, che pure è riuscita a ritagliarsi una prestigiosa vita professionale. Jean scrive libri, partecipa a trasmissioni e talk-show, riceve coppie in crisi, fa ricerca, aiuta le persone a vivere meglio. Il suo è il volto statuario dell’emancipazione, l’ideale meta ultima alla quale inconsapevolmente tendono tutti i personaggi di Sex Education, che si aggirano nel loro complesso universo alla ricerca di una strada per la libertà e l’affermazione di sé. Jean è un punto d’arrivo, una scoperta da afferrare. Dove gli altri sperimentano, lei ha già piazzato traguardi.
Ma cosa si nasconde dietro la scorza dura di questo personaggio?
Jean è una persona forte e determinata, caparbia e influente. Ma è anche una donna tradita e abbandonata, cresciuta in una casa enorme che deve averla fatta sentire spesso piccola e sola. La stravaganza è un diversivo, l’eccentricità una distrazione. La signora Milburn ha delle crepe, proprio come tutti gli altri. Qualche volta ci infila un uomo a caso, giusto il tempo di una notte. Poi ogni cosa torna al suo posto, esattamente come prima. Ogni vuoto alla sua scarpata. Jean ha delle ferite esposte, ma le copre con i lembi delle sue svolazzanti vesti. Ci gira intorno, ironizza, fa sfoggio del suo magnetismo per deviare l’attenzione su altro. Mente anche a se stessa, un personaggio completamente assorbito dal suo ruolo per celarne i difetti. Jakob è un imprevisto non calcolato sul percorso del successo, la fonte di calore che fa sciogliere tutto il trucco. Il desiderio fisico spiana la strada a un’esigenza ancora più intima e inconfessata: il bisogno di non sentirsi soli. È una fatica essere Jean Milburn, arrendersi a se stessi. Difendere la propria autonomia quando si abbassano le difese, quando qualcuno riesce ad abbatterle senza una spiegazione razionale.
Jean Milburn è una meravigliosa solista che ha acceso l’universo di Sex Education con la sua ironia, la sua eleganza, il suo charme.
La sua voce spicca sulle altre (non solo perché gliela presta una straordinaria Gillian Anderson), è un assolo che squarcia il sottofondo orchestrale e gli dà quella molla in più necessaria per strappare l’applauso. Ma anche lei deve incamminarsi verso un percorso di maturazione. Un percorso che, per forza di cose, la porta a commettere degli errori. A inciampare e a tornare sui propri passi. A mettersi in discussione, a tirar fuori il coraggio di contraddirsi. La nuova vita di Jean è un’altra frontiera da conquistare: un secondo figlio in arrivo, una convivenza forzata, dei sentimenti che fanno fatica ad esprimersi. L’incomunicabilità, la paura di restare bloccati, le incognite sul futuro, scrollano dalle fondamenta il mondo di Jean, che assume sempre più le sembianze di una donna normale. In molti individuano tra i punti deboli della terza stagione di Sex Education (qui la recensione) la parziale metamorfosi del personaggio di Gillian Anderson, che da donna intraprendente e anticonfromista si affloscia nel suo nuovo ruolo di madre (per la seconda volta) e compagna tradizionale. E in parte è vero, ma per salvare Jean Milburn da una pericolosissima staticità bisognava metterla in crisi, scuoterle tutto il mondo dall’interno.
Il finale della terza stagione rimette insieme una serie di tasselli, aggiusta le cose che stavano per logorarsi. Si passa attraverso la sofferenza e il travaglio per riemergerne più limpidi e consapevoli. La vicinanza alla morte schiarisce i sentimenti e riallinea le priorità. E questo vale anche per Jean Milburn, un personaggio che è ancora tutto da scoprire e che è stato in grado di offrirci il suo originalissimo punto di vista sul mondo di Sex Education con estrema ironia e leggerezza. Abbiamo fatto un salto nel suo teatro sgargiante e ne abbiamo apprezzato l’assolo stonato e fuori tempo, ma comunque meraviglioso.