Shameless si è conclusa dopo dieci anni e senz’altro lascia il segno come una delle serie più originali, dissacranti e irriverenti della nostra era televisiva. Prodotta e trasmessa da Showtime a partire dal 2011, si chiude nel 2021 con un’undicesima stagione avente come sfondo la pandemia Covid e il movimento Black Lives Matter, scelta che ha permesso alla serie di mettere al centro questioni sociali di respiro nazionale e internazionale, calandole come sempre nel microcosmo del South Side di Chicago.
Shameless, nella celebre versione statunitense di John Wells – tratta dall’omonima serie britannica -, racconta la vita di una famiglia numerosa del South Side, frutto dell’amore folle e altalenante tra Frank e Monica Gallagher, lui alcolizzato e narcisista e lei tossicodipendente e affetta da un disturbo bipolare mai curato a dovere. I due non hanno mai avuto la lungimiranza di usare metodi di contraccezione, finendo per mettere al mondo – per poi abbandonarli a se stessi – ben sei figli. La figlia maggiore, Fiona, ha cercato di mandare avanti la propria famiglia lasciando la scuola e assumendo di fatto il ruolo di madre; interpretata da Emmy Rossum – attrice e moglie di Sam Esmail, l’ideatore di Mr. Robot – è indiscussa protagonista della storia fino al congedo del personaggio, avvenuto nella nona stagione.
Shameless risulta essere un prodotto particolarmente interessante perché le undici stagioni attraversano anche un percorso di cambiamento del quartiere in cui sono ambientate, con particolare riguardo a tematiche come la mobilità sociale, le falle nel sistema di assistenza sociale, il razzismo e via dicendo. C’è chi dice che la serie non sia stata più la stessa dopo l’eliminazione del personaggio di Fiona, in quanto le ultime due stagioni sembrano costituire più che altro un epilogo sterile, volto a dare una conclusione talora forzata ai percorsi degli altri personaggi. Vero è che negli anni la serie ha perso molto, in primis la sua carica dissacrante, ma del resto rimane fino all’ultimo il suo epicentro fondamentale, il personaggio di Frank, con la cui morte la serie si chiude.
Frank Gallagher è interpretato dal grandissimo attore William H. Macy, nato a Miami nel 1950 e vissuto prevalentemente a New York, dove ha preso parte a moltissimi spettacoli a Broadway. Particolarmente versatile nella sua capacità di passare dal teatro, al cinema e alla televisione, dal mestiere di attore a quello di sceneggiatore, regista e persino doppiatore, ha recitato in celebri film come Radio Days di Woody Allen, Fargo di Joel ed Ethan Coen e Boogie Nights di Paul Thomas Anderson – per citarne solo alcuni – ma certamente il ruolo per cui è più noto oggi è quello che ha ricoperto in Shameless.
Frank Gallagher, padre di famiglia sui generis, è un uomo alcolizzato, tossicodipendente, vero e proprio parassita della società che nella serie assume un po’ il ruolo dell’agitatore, colui che crea i problemi che poi i figli devono impegnarsi a risolvere. Di fatto, alle sue azioni corrispondono altrettante reazioni e in questo continuo alternarsi di causa ed effetto si delinea la trama. Frank è anche un uomo geniale il cui enorme potenziale, andato del tutto sprecato, emerge in particolare dalla sua retorica, capace anche nei momenti più assurdi di persuadere e smuovere le masse, e nelle analisi spesso lucide della società, che butta lì quasi farneticando tra una birra e uno shot al banco dell’Alibi.
Come i suoi stessi figli, è cresciuto in una famiglia che non ha rappresentato esattamente una rete di supporto, ma fino a un certo momento – quello in cui ha conosciuto Monica – ha frequentato il college, distinguendosi particolarmente per il suo rendimento. Un po’ come un monito per i suoi figli, la vita di Frank rappresenta quella di un southsider che non ce l’ha fatta, che ha preso la direzione che tutti si aspettavano prendesse verso l’inesorabile fallimento, da cui tuttavia non sembra particolarmente toccato. Frank è il termine di paragone, ciò che i suoi figli provano a non diventare ogni qualvolta vengano posti a un bivio tra l’autoaffermazione e la rassegnazione a una vita di scelte sbagliate.
Dal suo personaggio scaturiscono la trama e anche molti dei focus che la serie fa su tematiche politiche, sociali e morali, ma Frank è anche e soprattutto al centro della parte più squisitamente comica di Shameless: è indubbio infatti che gli episodi che lo seguono nelle sue quasi donchisciottesche avventure – che di solito hanno un fine tutt’altro che nobile – siano quelli più divertenti e anche in un certo senso portatori di una funzione liberatoria rispetto a una riflessione più seria – ed emotivamente pesante – sulla situazione della famiglia Gallagher, peraltro continuamente incoraggiata. Dai momenti più emotivi di Shameless, Frank non è sempre esonerato, anzi: in quelli che sono i punti di svolta nella storia della famiglia Gallagher, come la morte di Monica o l’uscita di scena di Fiona, emerge leggermente in superficie attraverso i suoi occhi lucidi la sofferenza di un personaggio che ha sempre pensato a se stesso, ma in fondo è capace di provare a modo suo affetto e rimorso.
La grandezza di William H. Macy, che ci sbilanciamo a definire un Frank Gallagher mastodontico, risiede proprio in questo: nella capacità di interpretare un personaggio dalle infinite sfaccettature con un abilità sorprendente, di passare dalle scene in cui Frank è sostanzialmente privo di sensi a quelle in cui si fa retore e genio, dal comico puro alla scena strappalacrime. E lo fa senza mai lasciarsi sfuggire tra le dita quella che è l’identità del personaggio, mantenendone le movenze buffe e l’atteggiamento di leggerezza eccessiva di fronte a una vita che di positivo a lui non ha portato niente.
Infatti, il personaggio di Frank viene congedato in maniera del tutto calzante, con la parabola che lo porta dalla demenza alcolica alla morte, avvenuta in un letto d’ospedale senza nessuno al suo capezzale, mentre passa in rassegna i ricordi che ha dei figli – con evidente richiamo all’episodio pilota, in cui è proprio la voce narrante di Frank a presentare tutti i membri della famiglia – mentre loro festeggiano senza chiedersi affatto come stia. E questa morte, che riteniamo meritata, ci lascia comunque con l’amaro in bocca, perché William H. Macy è stato in grado di dare vita a un personaggio che possiamo amare e odiare allo stesso tempo, che ci suscita sentimenti contrastanti e di cui difficilmente, nel bene e nel male, ci si può dimenticare.