Shantaram è la nuovissima serie tv di Apple Tv+ con protagonista Charlie Hunnam (Jax Teller in Sons of Anarchy), tratta dal libro omonimo di Gregory David Roberts. Venerdì 4 Novembre è stato rilasciato il sesto episodio della serie, un episodio cruento e toccante, che vede ancora una volta Lin Ford in bilico tra i demoni del passato e le aspirazioni del presente.
Bombay per Lin Ford ha rappresentato l’aria libera, un posto che inizia ad assumere il sapore di casa. Ma l’adagiarsi sulla felicità porta a una leggerezza che Lin in Shantaram non può permettersi.
È così che Kavita, l’ambiziosa giornalista nata e cresciuta a Bombay, inizia a scavare nell’armadio pieno di scheletri di Lin, il quale si rende conto di dover fuggire di nuovo, per evitare che la sua storia venga alla luce e la sua libertà vada in frantumi. Questa volta, però, scappare non è così semplice. Lasciare tutto e andare via è facile quando dietro di sè non si lascia nulla se non brutti ricordi, diverso è quando a legarti a un luogo sono legami di diversa natura.
Bombay per Lin Ford, a questo punto, non è più semplicemente un luogo in cui sopravvivere. Bombay è l’affetto incondizionato di Prabhu, una sedia sempre libera al Reynaldo’s, il sorriso e le labbra morbide di Karla.
Allo stesso modo, sembra che sia la stessa Bombay a non voler lasciar andare Lin. Ogni volta che il personaggio di Charlie Hunnam ha la possibilità concreta di abbandonare la città succede qualcosa che differisce la partenza.
Questa volta si tratta di Didier, uno dei personaggi più affascinanti di Shantaram. In questo sesto episodio abbiamo la possibilità di conoscere il personaggio più a fondo.
Uno dei motivi per cui la serie tv di Apple Tv+ mi tiene incollata allo schermo, è l’analisi psicologica dei personaggi. Shantaram ci presenta un catalogo variegato di esseri umani, le loro contraddizioni, la loro solitudine e voglia di redenzione. Non esistono villain ed eroi, ma persone che ogni giorno decidono di cedere alla parte più oscura o luminosa di se stessi.
Tutti abbiamo dentro quella quota di bontà e cattiveria che fa di noi degli umani. Didier si nasconde ogni giorno dietro al facciata del dandy scanzonato. Vuole farci credere che la vita sia una leggerezza poetica da bere come un drink, di cui si assapora il liquido lasciando il ghiaccio nel bicchiere.
Ma la vita vera non è questo, non è un aforisma lasciato sul tavolo tra un amante e l’altro, come un moderno Oscar Wilde. L’edonismo è la variante utopica di una vita sola, una bugia che diciamo a noi stessi per fingere di non vedere la sofferenza e il dolore che fanno parte dell’esistenza.
Con la stessa leggerezza felice di Lin Ford, anche Didier rimane vittima di uno scherzo del Destino. Come sempre Shantaram ci mostra sia le luci che le ombre.
Il dandy sorridente di qualche episodio fa si trasforma in un corpo nudo e lacerato, grazie anche a una straordinaria prova attoriale di Vincent Pérez. Alle battute sarcastiche si sostituisce un volto emaciato dalla violenza e dall’umiliazione. Comprendiamo quanta forza ci voglia a essere se stessi in un mondo marcio. Se tra i tavoli del Reynaldo’s Café ci sembra che tutto sia semplice, addentrandoci per le strade di Bombay siamo faccia a faccia con la realtà.
Per Didier essere se stesso diventa un pericolo. L’edonismo, nel suo caso, è un grave crimine che può ridurti sanguinante sul pavimento sporco di una prigione. L’ingiustizia ci viene scaraventata davanti agli occhi con la stessa violenza con cui Lin Ford getta i soldi sul tavolo dei poliziotti corrotti.
Gli uomini incaricati di portare ordine, in questo caso, sono i primi a creare caos e disuguaglianza. Il discrimine tra povertà e ricchezza è lampante, e brucia come le ferite inferte sul corpo innocente di Didier.
Una differenza che, in questo episodio di Shantaram, vediamo anche nell’appuntamento al cinema di Prabhu e Parvati. I piani alti e i piani bassi sono divisi non solo da una differenza di prezzo, ma anche da un differente modo di approcciarsi alle situazioni.
Mentre al piano di sotto si commenta ad alta voce la pellicola, si canta e si balla con i protagonisti, al piano superiore gli spettatori sono muti e immobili. Al piano di sotto c’è la vita brulicante di gioia, perché anche solo il fatto di essere al cinema a vedere un film è un evento da festeggiare, qualcosa che rompe la quotidianità fatta di abitazioni precarie, latrine puzzolenti e povertà dilagante.
Nella povertà più assoluta si è in grado di gestire la felicità in modo diverso, di trovarla nelle piccole cose della vita, come una danza scatenata tra le sedute di un cinema. Finché non si è chiamati a fare i conti con la realtà.
L’altra faccia della povertà è il non avere nessuno a cui rivolgersi quando le cose si mettono male. Gli uomini dimenticati dal mondo sono felici con poco, ma la disperazione vera è dietro l’angolo, così come l’impotenza dinanzi a una malattia grave.
In questi momenti Lin comprende di avere un ruolo importante, la sua presenza a Bombay non è mera fuga, ma anche redenzione per ciò che riesce a offrire agli altri. Parvati è in condizioni drastiche, Prabhu è disperato e il personaggio di Charlie Hunnam (che in situazioni come questa si dimostra molto diverso dal Jax Teller di Sons of Anarchy) non c’è. In pochi secondi, prima della fine dell’episodio, ci rendiamo conto di cosa diventerebbe Sagar Wada senza il suo Lin Ford.