Immaginatevi due menti geniali, Steven Moffat e Mark Gatiss, tutti i giorni viaggiare insieme verso il set di Doctor Who. Che cosa avrebbe potuto prendere vita se non un capolavoro? Sherlock è nato così. Galeotta fu Cardiff.
Se non fosse stato per l’insistenza di una donna, però, tutto questo non sarebbe esistito. O magari avrebbe avuto semplicemente altri volti e risvolti narrativi. Infatti, nell’ormai lontano 2008, Sue Vertue, produttrice e moglie di Moffat, spinse i due a concretizzare l’idea di adattare le storie di Sherlock Holmes ai giorni nostri. Prima che qualche team creativo sviluppasse la stessa idea. Sia Gatiss che Moffat hanno sempre avuto un debole per la trasposizione della letteratura vittoriana in Serie Tv, i loro precedenti lavori lo dimostrano. Ma con Sherlock il legame per entrambi è ancora più forte. Lo stesso Gatiss afferma in un’intervista: “Il solo fatto che Steven, io e milioni di altri siamo ancora dipendenti da queste brillanti storie è la manifestazione della loro indistruttibilità“. Come dargli torto? Il lavoro di Sir Arthur Conan Doyle è impareggiabile.
La base di partenza era senza dubbio ottima ma ci è voluto un lavoro fatto a regola d’arte per portarla sui nostri schermi senza alcuna sbavatura. I due ideatori di Sherlock volevano una versione moderna, tecnologica, attuale. Una versione che facesse venire fuori la vera genialità dell’investigatore più famoso al mondo. Senza però trascurarne il lato umano. Su chi dovesse dar volto al protagonista non ci sono mai stati tentennamenti. C‘era un solo nome che facesse al caso loro: Benedict Cumberbatch. Dopo averlo visto recitare in Atonement, Moffat e Gatiss sapevano che prima o poi avrebbero lavorato con lui. Farlo diventare protagonista di Sherlock è sembrata l’unica via percorribile.
Per la sua spalla invece, il dottor John Watson, la selezione non è stata così immediata. La produzione voleva trovare qualcuno che avesse un’immediata chimica con Cumberbatch ma allo stesso tempo compensasse le stranezze di Sherlock. La decisione finale è stata quella di arruolare il composto Martin Freeman. L’attore ha battuto persino quello che sarebbe diventato l’undicesimo Dottore, Matt Smith. Gli ideatori hanno dichiarato che Cumberbatch e Freeman sono l’uno l’opposto dell’altro in tutto tranne nel talento. Questo Watson è un uomo comune che sprizza realismo in ogni sua azione, a differenza del suo compagno di avventure. Sopra le righe sta anche Moriarty, interpretato magistralmente da Andrew Scott. Moffat e Gatiss volevano che l’arci-nemico di Sherlock fosse naturalmente spaventoso, uno psicopatico senza sforzi. Il trio in questione non poteva essere meglio costruito.
Abbiamo parlato dei tre personaggi principali, ora passiamo brevemente ad un paio di curiosità tecniche. I romanzi di Sherlock Holmes sono ambientati al celeberrimo 221B di Baker Street, Londra. E sappiamo tutti quanto sia cara la capitale inglese. Le riprese sono state fatte principalmente a Cardiff, negli stessi luoghi del Doctor Who. Molto più economici e in disparte. Il 187 North Gower Street di Londra è stato utilizzato invece per girare gli esterni dell’appartamento in cui vivono Sherlock e Watson. Gli autori non volevano forzare la modernità nella storia. Hanno deciso infatti di mantenere solo alcuni elementi originali, come ad esempio il numero 221B sulla porta. Spostiamoci sul fronte musicale, per concludere. La colonna sonora è stata composta ad hoc per Sherlock. I suoni che ritroviamo negli episodi fin ad ora trasmessi definiscono la serie in maniera ancora più precisa.