Per Sherlock Holmes lei era LA donna. Raramente l’ho sentito riferirsi a questa persona in altro modo; ai suoi occhi ella primeggiava su tutte le altre e le oscurava. Non si può dire che provasse qualcosa di simile a un innamoramento verso questa Irene Adler, dal momento che tutte le emozioni e in particolare l’amore erano aborrite dalla sua mente fredda, precisa e mirabilmente equilibrata. […] Eppure per lui non c’era che una donna, e quella donna, sebbene di dubbia e discutibile memoria, era appunto Irene Adler.
Ci sono incontri che cambiano i destini delle persone. Ci sono affinità che nascono là dove apparentemente non dovrebbe attecchire alcun seme. Irene Adler è da sempre, fin dalla sua prima apparizione letteraria nel 1892, una delle più influenti e affascinanti figure femminili della finzione.
Un campanello suona.
Come ogni soldato che si appresti a scendere sul campo di battaglia, anche Sherlock Holmes e Irene Adler pongono grande cura nella preparazione della reciproca armatura. Le telecamere alternano velocemente le rispettive vestizioni. Il detective del 221B di Baker Street ha come suo inseparabile scudiero il dottor Watson. Irene, la sua splendida segretaria Kate. In un montaggio alternato fatto di continue sovrapposizioni della scelta degli abiti, il vortice di eventi che si stanno per scatenare monta sempre più a ogni fotogramma.
La vestizione è completa. Un piccolo pezzo di stoffa bianco infilato nel bavero, e due pugni di John al volto, trasformano il detective in un prete ferito. Per Irene invece, vale il “vestito da battaglia“.
Un campanello suona. La battaglia ha inizio.
In un salottino elegante, Sherlock è seduto su un divano. L’inquadratura di profilo. Lo vediamo come ci apparirebbe entrando dalla porta. Colori chiari e luce diffusa da due raffinati lampadari oltre che dall’ampia finestra circolare nello sfondo. Voce fuori scena.
“Mi dispiace le abbiano fatto del male. Kate non ha capito il suo nome…”
L’inquadratura ruota sul fianco opposto di Sherlock e si intravede Irene entrare nella stanza. Sul campo di battaglia. Sherlock alza la testa verso la donna appena entrata pronunciando alcune parole. Appena lo sguardo si posa su di lei, si blocca.
Irene Adler, completamente nuda, lo osserva serafica dall’alto in basso. La telecamera stringe sul volto di Sherlock, bocca mezza aperta. Silenzio.
“È difficile ricordarsi un alias quando ci si spaventa, non è vero?”
Il primo assalto è di Irene. In pochi minuti di girato abbiamo il sunto dei millenni di manuali di guerra: preparazione degli eserciti, scelta del territorio, effetto sorpresa. Si mette male per Sherlock Holmes, la situazione sembra già critica. Non è così. Sta per mettersi ancora peggio.
Irene, nuda e in piedi davanti a Sherlock, gli toglie il farsetto bianco da prete e sentenzia come, in quel momento, siano entrambi nudi. Lo sguardo del detective però non indugia un solo istante sul corpo di Irene. Resta fisso con le palpebre che non sbattono mai sul volto di lei. Il vantaggio sembra comunque incolmabile. Dopo una brevissima schermaglia verbale tra i due, arriva nella stanza, con la medesima inquadratura precedentemente usata per Irene, il dottor Watson.
L’abisso di differenza nella reazione avuta dai due uomini rispetto al corpo nudo della donna, sottolinea in maniera quasi didascalica la differenza tra il protagonista e l’uomo comune. La lotta tra i due ha una pausa. Irene si siede su una poltrona. Watson su quella opposta. Sherlock nel mezzo.
Lo sguardo indagatore di Sherlock si posa su Irene. Automaticamente il familiare meccanismo interrogativo si attiva sulla donna. Nulla. Nessun elemento sembra emergere dalla nudità di fronte a sé. La perplessità sul volto di Sherlock Holmes è evidente. Evidente al punto che egli stesso dubita. Volge quindi lo sguardo verso Watson e immediatamente lo schermo ci propone gli elementi induttivi che permettono al detective di trarre conclusioni da ciò che vede. Le sue facoltà sono dunque immutate. Riposa lo sguardo su Irene. Il vuoto. Solo il sorriso enigmatico e sicuro di lei.
L’intervento di Watson, votato a uscire dalla situazione di stallo e imbarazzo a causa della nudità di Irene, sottolinea una volta in più come le schermaglie tra i due contendenti siano a un livello superiore di quello percepito dal dottore. La situazione di vantaggio iniziale da parte di Irene Adler viene confermata da uno scambio di battute molto affascinante in cui lei ricorda a Sherlock:
“Sa qual è il problema con i travestimenti signor Holmes? Per quanto ci si provi, è sempre un autoritratto.”
Prontamente Sherlock si chiede se avesse realmente creduto che fosse un parroco sanguinante. La risposta è all’altezza del personaggio:
“No, ma è ferito, vaneggia e crede in un potere superiore. Che, nel suo caso, è lei”
La schermaglia riprende. Due battute sull’affetto che Watson ha mostrato colpendo in faccia Sherlock Holmes, ma evitando il naso. Ammette che avrebbe compiuto la medesima scelta. Piccola prima falla nella strategia d’attacco.
A questo punto Irene ha il totale controllo della situazione. Si copre con il soprabito offerto da Sherlock e si risiede. Così sicura della sua posizione dominante da spostare il piano della discussione sull’ultimo caso seguito da Holmes. Anziché sul motivo della loro visita, che ovviamente conosce perfettamente. Si chiede dunque chi e come abbia ucciso l’uomo al fiume, poichè era solo e lontano da tutti. Uno stupito Watson le chiede come abbia potuto venire a conoscenza del caso de “L’escursionista con la botta in testa” poiché non era stato comunicato ai media. Lo scambio di battute tra lei e Watson mostra una nuova falla nella strategia di Irene:
“Conosco bene un poliziotto. Beh, conosco quel che gli piace”
“E a lei piacciono i poliziotti?”
“Amo le storie di detective. E i Detective…”
Piccola pausa. Tutto sembra volgere a favore di Irene Adler. Da sapiente dominatrice ha preparato il suo palcoscenico e lo sta calcando con assoluta consapevolezza. Brama il controllo, prima ancora che il potere. Conosce le sue carte e quelle del suo avversario. Si sente invincibile e decide di sferrare l’attacco finale. Piccola pausa.
“Brainy’s the new sexy”
“L’intelligenza è molto sexy”
La reazione di Sherlock Holmes è la dimostrazione della schiacciante vittoria di Irene Adler. In piedi, davanti a lei, apre la bocca per replicare e dall’alto della sua intelligenza sorprendere la sua interlocutrice con la notizia che non v’è stato alcun omicidio, ma… balbetta, incespica e impiega una frazione di secondo a riprendere il suo algido controllo. Le parole di Irene l’hanno colpito più di quanto sarebbe disposto ad ammettere. La macchina razionale si è inceppata di fronte a un piccolo complimento indiretto fatto da una donna straordinariamente intelligente. Tanto da solleticare quelle emozioni sopite sotto lo strato granitico della sua razionalità.
La partita è vinta. Eppure, come spesso accade, proprio il punto più alto della strategia vincente di Irene Adler coincide con l’inizio della sua fine. Da questo momento in poi, tutti i punti messi a segno da Irene non saranno altro che le fondamenta del successo di Sherlock. Ma questa è, come sempre, un’altra storia.
In pochi minuti di montaggio, Moffat è riuscito nel difficile compito di trasportare e ricontestualizzare le parole con cui sir Arthur Conan Doyle descrisse, nelle righe iniziali, la figura di Irene Adler nel suo racconto “Uno scandalo in Bhoemia“. Una donna, anzi la Donna, sola capace di far provare qualcosa a quel meccanismo perfetto e razionale che è Sherlock Holmes.
“Eppure per lui non c’era che una donna, e quella donna, sebbene di dubbia e discutibile memoria, era appunto Irene Adler.”