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Sherlock Holmes e Gregory House, due facce della stessa medaglia

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“Guardami, perchè siamo uguali… Lo sai che buio e luce sono figli del sole” (La fame di Camilla, “Buio e Luce”).

Che Sherlock Holmes e Gregory House avessero qualcosa in comune era ovvio (pensiamo al caratteraccio di entrambi), ma forse non tutti sanno che questi due personaggi delle serie tv nascono dallo stesso progetto letterario, e per giunta un progetto che è diventato il punto di riferimento di tutto il successivo filone della detective fiction. Sto parlando ovviamente dello Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle, il celeberrimo investigatore che ha ispirato centinaia di autori: esistono tantissimi film a lui dedicati, per non parlare dei racconti che lo ritraggono in azione… Tra i quali ricordiamo Young Sherlock Holmes, una saga recente in cui compare un Holmes ragazzino, un genietto alle prime armi che tuttavia presenta già molte delle caratteristiche del nostro beniamino.

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Inoltre non mancano personaggi di fantasia che vestono identità diverse ma in realtà ricalcano sempre il famoso investigatore; chi non ha mai seguito una puntata di Detective Conan (il cui nome deriva proprio da Arthur Conan Doyle perchè è il primo libro che il protagonista vede dopo essersi trasformato in bambino)? Chi non conosce il simpaticissimo Basil l’Investigatopo del cartone animato Disney?

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Che lo Sherlock del telefilm fosse una reincarnazione in chiave contemporanea dell’omonimo protagonista dei romanzi era chiaro, ma anche il medico più burbero delle serie tv è stato concepito sul modello di Holmes. Lo si può intuire da moltissimi piccoli accenni che gli autori hanno inserito nelle varie stagioni di Dr. House, tra i quali una felice battuta pronunciata da Wilson: i giovani collaboratori di House si interrogano circa uno dei tanti strani comportamenti del proprio capo e per decifrarlo chiedono aiuto all’oncologo, che conosce il soggetto meglio di chiunque altro; costui approfitta della loro credulità e inventa una bugia su una certa Irene Adler, una donna dalla quale Greg sarebbe ossessionato… Vi ricorda qualcosa? Sebbene Irene non compaia mai nella storia (anche se Amber, la defunta compagna di Wilson, forse ne incarna alcune caratteristiche), questa citazione è una vera chicca per i fan di Sherlock Holmes.

Allo stesso modo, se il personaggio di Arthur Conan Doyle riconosce il suo più acerrimo nemico nel professor James Moriarty, l’uomo che nel telefilm spara ad House in un episodio della seconda stagione si chiama Jack Moriarty

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Insomma, gli indizi non mancano! Eppure a farci scorgere più distintamente l’origine letteraria che ha dato vita a Gregory House è soprattutto la sua personalità: razionale fino al parossismo, freddo, perspicace e geniale, egli ci ricorda in ogni occasione che scoprire le cause nascoste nei sintomi di malattie rare non è altro che una minuta indagine, un giallo da risolvere mentre il tempo incalza. E l’avversario da sconfiggere è sempre lo stesso: la morte del paziente.

Parliamo ora di House e della versione più recente dell’eroe di Conan Doyle, lo Sherlock della BBC (interpretato da un perfetto Benedict Cumberbatch, che grazie a questo ruolo si è guadagnato nel 2014 un meritato Primetime Emmy Awards come miglior attore protagonista in una miniserie, oltre a una nomination per il medesimo premio nel 2012). Quali tratti comuni li legano? Quali li differenziano? E soprattutto, possono dunque essere considerati due lati della stessa medaglia?

Speranza o disillusione per il genere umano?

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Una caratteristica che entrambi possiedono è evidentemente la capacità di influenzare il mondo intorno a loro. E non mi riferisco solo al fatto che con le proprie azioni i due cambiano le cose, perchè questa è una possibilità concessa a tutti… No, in realtà i nostri eroi plasmano con la propria semplice presenza tutto ciò che li circonda; sembrano pesci fuor d’acqua ovunque e con chiunque, dato che possiedono un carattere singolare, eppure risultano perfettamente inseriti nel loro ambiente: House è un cinico bastardo che non crede nell’uomo e lavora in un luogo dove ogni giorno va in scena la sconfitta dell’essere umano contro la malattia, come se i dolori dei pazienti condannati a morte volessero avvalorare la sua teoria circa l’impotenza delle persone. Lui per primo ne soffre, poichè la gamba inutilizzabile che si trascina appresso è un fardello che non lo abbandona mai, con tutte le conseguenze fisiche ed emotive che ciò comporta. Inoltre, quello che ama finisce inevitabilmente per venirgli strappato: la relazione con la dottoressa Cuddy, l’amicizia con Wilson ( stroncata dalla prematura morte dell’oncologo) e persino la passione per gli enigmi della medicina, perchè al termine dell’ottava stagione House sceglierà di rinunciare al lavoro per trascorrere con l’amico i suoi ultimi mesi di vita.

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L’universo di House è esattamente come lui l’ha sempre descritto: spietato, spaventosamente reale, “adulto”, laddove con tale termine si intenda la scoperta della debolezza dell’uomo, il quale non può fare nulla di fronte a certi eventi. Quando Greg rischia di essere portato di nuovo in prigione Wilson sceglie di non aiutarlo, anche se potrebbe, perchè vuole insegnare all’amico a cavarsela da solo… Dato che dopo la sua morte House non potrà più contare su nessun Wilson, nessuna spalla ragionevole e disponibile sulla quale appoggiarsi per rimediare ai guai.

L’ambiente in cui il geniale medico vive gli assomiglia, e forse il punto non è che House sia diventato duro e cinico per colpa della cattiveria del mondo; forse è il mondo a rivelarsi ostile a causa del modo in cui Greg lo guarda e lo sente.

D’altro canto, Sherlock abita in una Londra elettrizzante e tutto sommato luminosa: anche lui ha i propri demoni, e ne parleremo tra breve, però le sue avventure si concludono comunque in maniera positiva o almeno conservano sempre un briciolo di speranza, anche quando sembrano finire male (si veda la finta morte di Holmes nella seconda stagione, subito edulcorata dall’immagine di uno Sherlock vivo e vegeto che osserva Watson nel cimitero, e clamorosamente smentita nell’episodio seguente). Egli crede di essere solo, è vero, ma attorno a lui ci sono presenze che non spariscono mai del tutto e che lo confortano anche se non se ne accorge: John, Mary, il fratello maggiore che pur maltrattandolo è sempre disposto a proteggerlo, la vecchia proprietaria dell’appartamento in cui risiede, la quale più che una padrona di casa sembra una nonna premurosa

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E non si tratta solo dell’ambiente circostante; House e Sherlock differiscono anche nella figura, in alcune sfumature sottili eppure assai significative. Il primo è un uomo di una certa età, di sicuro non privo di fascino ma sciupato, tormentato, reso più brutto di quel che sarebbe da una sorta di peso interiore ed esteriore. A volte sembra malato.

Il secondo invece ha un viso delicato, capelli ricci e vaporosi, una figura slanciata e un guardaroba molto curato. Anche Sherlock spesso presenta i sintomi di un qualche dolore probabilmente emotivo, che deforma i suoi lineamenti in un’espressione strana, a metà tra la rabbia e la malinconia… Ma in generale è un bel ragazzo, sensuale quanto basta nel suo modo inconsapevole.

House ama frequentare le prostitute, quindi non nega i propri istinti di uomo, e questo è bene, ma così facendo mostra la sua solitudine e la sua implicita svalutazione del rapporto sessuale, inteso non più come l’espressione di sentimenti o di attrazione ma come un gesto meccanico, necessario.

Invece Sherlock è probabilmente vergine e portatore di una specie di ingenuo candore, dato che per quanto ne sappiamo la fantasia più piccante che si concede consiste nell’immaginare Irene nuda e silenziosa, lontana in un angolo della sua mente. Il suo cuore è stato trafitto dal dolore, è stato spezzato, ma i sentimenti che l’hanno riempito sono sempre stati sinceri e perciò l’intima purezza di cui gode non è stata intaccata, nè nel corpo nè nell’animo.

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Perciò, se non ci dilunghiamo a sottolineare le qualità che i due personaggi hanno in comune (perchè sono evidenti e potremmo elencarle a memoria: il carattere iper razionale, il disprezzo per la stupidità umana, il cinismo, il senso di solitudine) dobbiamo invece conferire importanza a questa grande differenza… House ci dice che ormai niente può cambiare una realtà cupa, anche se ci sono sentimenti genuini come l’amicizia o l’amore che sopravvivono alle inevitabili separazioni: Wilson continua ad amare Amber sebbene lei non ci sia più, e House è talmente affezionato a Wilson da sconvolgere la propria vita pur di restargli accanto fino alla morte; insomma, l’amore resiste ma le persone che lo provano sono condannate a perdersi, trasportate dal flusso inesorabile della vita. C’è la dignità umana, però non c’è il lieto fine.

Nemmeno Sherlock sembra essere destinato a un finale da fiaba, ma almeno nel suo cielo c’è ancora un po’ di speranza. Speranza che lui condivide, anche se a volte vorrebbe abbandonarsi al cinismo più totale: essa si trova nelle persone veramente belle, come Watson. Ecco perchè Sherlock è disposto a commettere un omicidio pur di salvaguardare la felicità dell’amico… Lo fa per John, certo, ma lo fa anche per se stesso, poichè ha bisogno di avere accanto e di proteggere persone come John Watson. In lui risiede il segreto che rende il mondo di Sherlock più luminoso e lontano dal grigiore di House.

House ama Wilson con tutto il cuore, però non si attacca a lui per ottenere speranza, perchè non crede che questa esista; si aggrappa all’amico solo per sostenersi. Al contrario, Sherlock ha più bisogno di vedere Watson felice che di averlo sempre al proprio fianco, poichè il pensiero di John in un ambiente sereno, insieme alla moglie e la figlia in arrivo gli basta, in qualche modo, per non lasciarsi sopraffare dal pessimismo che comunque lo caratterizza.

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House è stanco e spezzato, e se la fiamma di luce che arde in lui è ancora viva, anche se offuscata, è già un miracolo; invece Sherlock non è ancora stato corrotto, non davvero, e il suo cammino è ancora tutto da tracciare.

Sherlock scopre le tenebre, House incontra la luce

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C’è però un ulteriore aspetto della questione: come detto nel titolo, Sherlock e House sono due lati di una medaglia. Il che significa che pur essendo molto differenti c’è qualcosa che li lega e che va oltre il semplice fatto di essere nati dalla stessa ispirazione; c’è un po’ di Sherlock in House, e di House in Sherlock. Ma dove, esattamente?

Ecco, è vero che l’universo di Greg è quasi tutto oscuro, e che quello di Holmes è molto luminoso… Eppure ci sono dei momenti in cui i loro ruoli si invertono, e il demone nero che abita dentro House diventa un po’ più chiaro, mentre Sherlock si rinchiude in un buio ostinato.

Pensiamo per esempio alla puntata in cui Greg è segregato nell‘ospedale psichiatrico, e con il suo aiuto un ragazzo riesce a far svegliare un’altra paziente dallo stato vegetativo in cui era caduta per cause misteriose: il giovane le consegna una scatola, lei la apre e ritrova la sua voce, cioè la capacità di parlare, come se essa fosse rimasta dentro alla scatolina per tutti quegli anni. E House assiste, e per una volta partecipa in prima persona al miracolo della rinascita, della guarigione. Tutta la gente che ha salvato nel corso della carriera non gli ha mai regalato lo stupore, la meraviglia di fronte a una creatura che sembrava prossima alla morte (fisica o mentale) e poi si riprende… Per provare questa fantastica sensazione ha dovuto aspettare il ricovero in un manicomio. E tutto ciò è ironico, ma soltanto un poco.

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D’altro canto Sherlock deve invece fare i conti con il proprio lato oscuro, un lato che conosce, dato che egli stesso dice a Moriarty di stare dalla parte degli angeli ma di non essere affatto uno di loro… Eppure, nel momento in cui è costretto a tirare fuori la faccia meno nobile della sua personalità non può che sentirsi travolto dalla portata delle azioni che commette: uccide Magnussen per garantire a John e Mary un futuro felice e libero dalle minacce di quell’uomo disgustoso; ma quando Mycroft arriva con i rinforzi, pronto purtroppo ad arrestare il fratello minore, lo troverà inginocchiato e con il volto rigato di lacrime.

Per Sherlock affrontare il lato più nero di se stesso è una prova ardua, così come per House lo è riporre fiducia nella bellezza e nella leggerezza della vita.

Che dire? Questi due personaggi sono nati dallo stesso spunto, ma non possono essere una cosa sola… Perchè sono diversi e ci portano messaggi differenti. Però non sono nemmeno così distanti l’uno dall’altro, non sono due linee parallele che non si incontrano mai; si incontrano laddove uno scopre la luce e l’altro le tenebre. Laddove uno è il sole limitato da un angolo di ombra, e l’altro l’ombra rischiarata da un raggio di sole.

 

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