Sherlock è da tempo considerata una delle crime series migliori in circolazione, con attori calzanti nei ruoli per i quali sono stati scelti; il concetto di nemesi è ovviamente fortemente presente nella serie, ed esso riguarda, in maniera estremamente complessa e forse anche contraddittoria, il protagonista Sherlock Holmes e il “Napoleone del crimine”, Moriarty, entrambi proiettati nei giorni nostri.
L’analisi inizia inevitabilmente dal personaggio principale, Mr. Holmes (Benedict Cumberbatch). L’investigatore privato non è a suo agio con il mondo: potremmo generalmente dire che la presenza degli altri sia nella maggior parte dei casi un intralcio, tranne in due casi; il dottor Watson e Moriarty, la sua nemesi. Nello specifico, con il criminale si è col tempo creato un particolare rapporto di odio, ma fermarsi a questo sentimento è decisamente riduttivo. In generale, potremmo definire Sherlock clinicamente un sociopatico, incapace di riconoscere sentimenti altrui e di conseguenza incapace di rispettarli; tuttavia, la sua incredibile intelligenza e vivacità intellettuale gli permette di porre se stesso, con tutti i problemi e difetti che ciò implica, a disposizione della comunità a fin di bene. Infatti, nonostante egli adori il fatto che si creano crimini e che ci siano enigmi da risolvere, vuole e opera sempre per salvare vite, non per distruggerle. Questo è uno dei principali motivi per cui Sherlock ha bisogno di Moriarty: la complessità del loro rapporto sta proprio nella necessità di essere nemesi e elementi integratori allo stesso tempo, perchè la mente di Moriarty è l’unica che può stimolare realmente quella di Sherlock.
La nemesi del protagonista non ha semplicemente bisogno di Sherlock: ne è ossessionato. Moriarty (Andrew Scott) è, considerato il suo influente ruolo nella società, non un sociopatico, quanto più uno psicopatico. Egli non concepisce l’idea di bene, nè tantomeno riesce a distinguere le sue fantasie dalla realtà; la grande fiducia in se stesso gli permette di applicare, a vantaggio del male, la sua brillante e incredibile mente. Come inscena la sua morte è un esempio lampante, tenendo conto del modo attraverso cui inscena il “ritorno”. La teatralità è, come per Sherlock, un elemento indispensabile nelle sue azioni; e proprio quando queste azioni riguardano Sherlock, Moriarty dà il meglio di sè. Ma oltre ad essere ossessionato da Sherlock e dalla sua rivalità con Sherlock, si può ricavare altro?
Effettivamente sì. La particolarità di questo rapporto fra Sherlock e la sua nemesi è proprio il grande miscuglio di sentimenti e sensazioni che i due personaggi, veicolati dalla bravura dei due attori, riescono a trasmettere all’esterno. L’odio senza dubbio è un elemento presente, ma ridurre tutto a questo sarebbe banale e superficiale; accanto all’odio, in un ruolo di bilanciamento, sembra porsi un inconscio rispetto reciproco: infatti, anche se più Sherlock di Moriarty, spesso viene ammesso da entrambi questo sentimento di riconoscenza dell’intelligenza altrui, che è il motivo per cui nessuno dei due vuole chiudere con troppa celerità la “relazione”. Ma non è tutto; al rispetto si aggiunge il disprezzo (sentimento probabilmente più di Sherlock che di Moriarty) per le azioni dell’altro e infine la curiosità: quello che si crea con odio, rispetto, disprezzo e curiosità è un mix che bilancia un rapporto tra nemici e che lo rende meno scontato o prevedibile di qualsiasi altro fra protagonista e antagonista.
Una cosa che è certa è che l’ossessione di Moriarty per la sua nemesi gli permette di conoscerlo veramente nel dettaglio: le sue paure, i suoi affetti, è l’unico in grado di minacciarli perchè è l’unico che sa dove colpire, persino più di Watson. L’esperienza onirica dell’episodio speciale è l’esemplificazione più alta della relazione: c’è tutto. E c’è anche il desiderio di Sherlock: l’essere affascinato dalla personalità di Moriarty non gli impedisce di mantenere fisso l’obiettivo di eliminarlo, o meglio, sconfiggerlo. Moriarty invece, dimostra di essere più attaccato al rapporto stesso rispetto ai suoi obiettivi (da qui l’intuitiva psicopatia). L’ultimo piano di Moriarty sarà svelato nella prossima stagione: anche da assente riesce a muovere i fili delle sue marionette. Sherlock, però, dimostrerà ancora una volta di essere senza fili.