Sherlock è stato un vero e proprio fenomeno televisivo, capace di ridefinire il concetto di adattamento ed essendo, in generale, un prodotto di qualità come pochi. Il sapiente mix tra le storie di sir Arthur Conan Doyle e il mondo tecnologico di oggi ha saputo creare un hype senza precedenti rendendo attori come Martin Freeman e Benedict Cumberbatch delle star internazionali riconosciute anche in ambito cinematografico per il loro talento.
La serie è uscita nel 2010 per BBC, conta 4 stagioni e un episodio speciale ambientato nella Londra vittoriana (anche se ci sono rumors riguardanti una quinta stagione). Tra una miriade di adattamenti del detective più famoso del mondo letterario – il cui più recente e altrettanto famoso riguarda la saga cinematografica di Guy Ritchie -, i produttori Steven Moffat e Mark Gatiss dovevano distinguersi dal resto e riuscire nell’ardua impresa di risultare fedeli e originali allo stesso tempo.
In questo sono stati bravissimi nel proporre molti dei temi e dei ritmi tipici dei libri anche in ambientazioni contemporanee, riportando con fedeltà il nucleo principale di ogni singola storia, ma riuscendo comunque a sorprendere per l’attenzione ai dettagli e la caratterizzazione dei personaggi.
Queste qualità, però, nel primo pilot non erano state risaltate a dovere, motivo per cui i produttori hanno deciso di rigirarlo con un nuovo regista: al posto della bravissima Coky Giedroyc (famosa per aver girato serie del calibro di Penny Dreadful e Wuthering Heights) hanno optato per lo scozzese Paul McGuigan nel suo debutto televisivo.
Uno dei cambiamenti più importanti apportati dal regista è stata la scelta di rendere più partecipi gli spettatori creando un rapporto diretto con la tecnologia: se nel primo pilot molti dei messaggi inviati da Sherlock vengono letti da uno schermo, McGuigan ha deciso un approccio più immediato integrandoli come vere e proprie scritte che compaiono durante lo svolgimento delle scene tagliando così inquadrature superflue e optando per un modo diretto di spiegazione.
In più, il pilot ha ricevuto un cambio di minutaggio: se nell’originale la puntata durava 60 minuti, nell’episodio andato in onda la storia è stata raccontata in 90 minuti permettendo l’utilizzo di un ritmo diverso di narrazione e una presentazione più approfondita di situazioni e personaggi.
Sherlock in primis ha subito delle modifiche minime ma che hanno fatto la differenza: rispetto al primo pilot, infatti, il protagonista ha abbandonato il look casual di jeans e camicia optando per un completo e anche la sua celeberrima casa di 221B Baker Street ha assunto un arredamento più antico rispetto all’appartamento moderno che avevano inizialmente immaginato. In questo modo, l’aspetto più decadente e disordinato del personaggio ha potuto brillare spiegandoci in modo molto più immediato le sue contraddizioni interne (rendendolo piacevolmente complicato).
I momenti più creativi e più amati dal pubblico sono introdotti nel secondo pilot, come ad esempio le scene di deduzione di Sherlock, in cui gli spettatori hanno la possibilità di vedere come funziona il cervello del detective, vedendo con dovizia di particolari i piccoli indizi trovati e leggendo tramite delle parole a comparsa anche alcuni dei pensieri e delle deduzioni che si affacciano nella sua mente durante la puntata. Questi accorgimenti stilistici sono diventati un vero e proprio tratto distintivo della serie tv, evidenziando dunque la loro efficacia.
Una delle poche scene che è rimasta sostanzialmente uguale tra il primo pilot e la puntata andata effettivamente in onda è quella in cui vediamo Sherlock frustrare un cadavere per poter provare una sua teoria: esilarante ed eccentrica la sequenza non è stata eliminata proprio per la sua forza nel racchiudere intrattenimento e storia.
Questo pilot alternativo ha fruttato moltissimo alla BBC riuscendo a trasformare una proposta mediocre nella punta di diamante dell’intera casa di produzione. Il pilot originario è stato quindi inserito nei contenuti speciali ed esclusivi del confanetto della prima stagione di Sherlock, permettendoci così di immaginare cosa sarebbe successo e come sarebbe ora il mondo delle serie tv senza questo prodotto cult.